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Alcune brevi riflessioni (e alcuni materiali di lavoro) sull'utilizzo del gioco di ruolo come tecnica di addestramento alla nonviolenza

Nell'addestramento finalizzato all'azione diretta nonviolenta, ma anche in molti altri ambiti, il "gioco di ruolo" (role-play) è una tecnica ed un'esperienza di grande utilità. Nella forma in cui lo proponiamo nei training nonviolenti da noi condotti esso è semplificato in una breve recitazione in cui viene proposta come canovaccio una situazione conflittuale (articolata per quadri successivi) sufficientemente vicina all'esperienza di vita dei partecipanti ma anche abbastanza distanziata da essa, per evitare sia una eccessiva astrazione, sia un'inopportuna identificazione.
Ma è necessario che il gioco di ruolo ovvero la recitazione sia agita correttamente, con estrema prudenza e solo con persone che abbiano già raggiunto una forte affinità tra loro e tra cui vi sia una sufficente empatia.
Poiché nel corso di una esercitazione fondata sul gioco di ruolo si esplorano conflitti irrisolti e possono emergere vissuti dolorosi e fin laceranti, è necessario che l'esperienza sia preparata adeguatamente e che comunque sia presente una figura facilitatrice che fermi il gioco ogni volta che ha l'impressione o il timore che qualche persona possa dire o fare alcunché di spiacevole, o vi sia il rischio di ferire la sensibilità di qualcuno dei partecipanti.
Al gioco di ruolo come esperienza di addestramento alla nonviolenza si può contribuire come partecipanti o come osservatori; le persone che non se la sentono di entrarvi come partecipanti possono assistervi come osservatori; a tutti è richiesto il massimo rispetto di tutte le altre persone e di ricordare che nel corso della recita agiscono delle maschere, non delle persone reali.
Di seguito riportiamo alcuni criteri, alcun principi di riferimento, alcune note tecniche e alcune letture utili che abbiamo proposto in occasione di incontri di formazione svoltisi a Viterbo lo scorso anno.

Alcuni criteri

  • è un gioco, non è una prova, nè un esame;
  • è una recita, non è la realtà;
  • non si giudica nessuno: assunto un personaggio, ovvero indossatane per così dire la maschera, il suo dire ed agire non è il dire e l'agire della persona che lo impersona; ma solo quello che l'attore immagina potrebbe essere il condursi di quel personaggio fittizio;
  • non c'è la risposta giusta, e non si vince nè si perde niente;
  • ci si mette nei panni degli altri, ci si "decentra";
  • si esplorano emozioni, conflitti, pregiudizi, limiti;
  • ci si addestra ad ascoltare, all'empatia;
  • ci si addestra a capire ed a farsi capire;
  • la respirazione è fondamentale;
  • solo nella lentezza è la relazione.


Alcuni principi di riferimento

  • la verità è il bene; il bene è la verità;
  • rispetto di sè e degli altri;
  • prendersi cura del mondo;
  • non infliggere sofferenze;
  • oltre il ruolo: una persona; oltre il personaggio: una persona; nella situazione: persone; tutto è relazione tra persone;
  • il "presentarsi"/autorappresentarsi, ovvero il comportamento in pubblico (lo svolgimento di un ruolo sociale), è insieme adeguamento a un modello e realtà, rappresentazione e verità, voler essere un dover essere ed insieme semplicemente esserci (essere nel mondo).


Alcune note tecniche

  • non identificarsi nei personaggi: "giocare" il personaggio e guardarsi dall'esterno;
  • si gioca con serietà;
  • la rappresentazione come metodo per pensare concretamente le situazioni;
  • non è un addestramento tecnico, ma un'eplorazione di dinamiche interpersonali e conflitti infrapsichici;
  • non ha finalità strumentale orientata alla performance, ma è esperienza di accostamento, di sguardo su di sè e gli altri, di presa in carico, di consapevolezza relazionale, di reciprocità, di responsabilità;
  • fermare il gioco ogni volta che si è a disagio e si vogliono comunicare emozioni o dubbi, intuizioni o richieste di chiarificazione;
  • nei momenti critici fermarsi a respirare e riflettere, fermare il gioco e socializzare crisi ed aporie, problemi e proposte;
  • un gioco di ruolo come forma di addestramento alla nonviolenza si esegue meglio in situazioni di lieve affaticamento e stress: tenerne conto nella preparazione e nella gestione;
  • nulla deve essere nascosto a nessuno; chiunque ha bisogno di un'informazione o di una chiarificazione blocchi il gioco e chieda;
  • alternare recita e discussione (evitando però - se possibile - di frammentare troppo la recitazione);
  • è un'esperienza intensa, prima dell'inizio e dopo la fine, ma anche tra un quadro e l'altro, eseguire altre attività di socializzazione e di rilassamento (mangiare insieme, cantare, ascoltare musica, leggere poesie, scherzare...);
  • è necessaria una buona sceneggiatura/canovaccio ed una precisa e costantemente consapevole distinzione tra universo diegetico ed extradiegetico;
  • è indispensabile la presenza di una figura facilitatrice.


Alcune letture utili

  • il teatro di Bertolt Brecht e la riflessione brechtiana sul "teatro epico";
  • alcune opere teatrali - come dire: scacchistiche - di Marivaux (ad esempio: Il gioco dell'amore e del caso); - di Denis Diderot il Paradosso dell'attore e - soprattutto - Il nipote di Rameau; - le commedie di Oscar Wilde e particolarmente L'importanza di chiamarsi Ernesto; - il racconto di Borges Tema del traditore e dell'eroe (in Jorge Luis Borges, Finzioni);
  • gli Esercizi di stile di Raymond Queneau;
  • la Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick, Helmick Beavin, Jackson;
  • Hannah Arendt, Vita activa;
  • Primo Levi, I sommersi e i salvati;
  • Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene;
  • Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza;
  • Emanuele Arielli, Giovanni Scotto, Conflitti e mediazione;
  • Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza.


Fonte: Centro di ricerca per la pace di Viterbo