Come approfondimento alla nonviolenza, pubblichiamo insieme le interviste, realizzate singolarmente da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro a La nonviolenza oggi in Italia. dialogo con Patrizia Caporossi, Alessandro Pizzi, Giampiero Girardi e Chiara Cavallaro.
Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: Nella pratica sociale e politica tra le donne e, a livello di base, tra la gente dei quartieri nella periferia romana, quando erano ancora presenti certe baraccopoli o borghetti (penso al Prenestino e al Malabarba), poi nel modenese, soprattutto tra le donne organizzate nell’Udi, e, infine, nella mia citta', Ancona.
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Alessandro Pizzi: È avvenuto durante le iniziative di opposizione alla guerra, durante le lotte per la difesa della natura, in particolare durante l’opposizione alla centrale nucleare di Montalto di Castro e durante le iniziative per la difesa dei diritti di tutti gli esseri viventi a partire da quelli delle persone più deboli.
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Giampiero Girardi: Mi sono avvicinato alla nv durante gli anni della mia formazione studentesca. Ricordo che cercavo i libri che ne parlavano e seguivo (anche se da lontano) l’attività del Movimento Nonviolento. Leggevo "Azione nonviolenta".
All’università (ho fatto Sociologia) ho approfondito alcuni temi legati alla nonviolenza, come quello dell’educazione (ricordo un esame di pedagogia su "nonviolenza e educazione") o dell’obiezione di coscienza (una parte dell’esame di diritto pubblico).
Fondamentale è stato poi l’incontro con due personaggi di grande caratura morale ed intellettuale, come monsignor Giovanni Catti (che mi ha insegnato la concretezza della nonviolenza) e Giuliano Pontara, che mi ha insegnato a studiare e approfondire la nonviolenza.
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Chiara Cavallaro: Manifestazione contro l’abolizione della scala mobile. Reincontro un vecchio compagno di scuola e di collettivo liceale, Claudio, che mi dice: "Stiamo facendo qualcosa, in un cinema occupato del nostro vecchio quartiere, che penso sia proprio adatta a te". Gli ho risposto: "Con chi ne posso parlare del collettivo che non sia tu?", e così il giorno dopo sono passata dal Cinema Occupato, ho parlato con una delle ragazze del collettivo, mitica Gabriella, e sono rimasta affascinata dalla impostazione metodologica della gestione del posto, oltre che convinta dell’azione politica. La metodologia era dichiaratamente nonviolenta e l’obiettivo politico era quello di sottrarre spazi alla speculazione e alla mercificazione della cultura e della socialità che cominciava ad imperare. Eravamo ancora nel pre-tangentopoli e nel pieno del Caf. Da quel momento ho cominciato ad apprendere...
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità' della nonviolenza hanno contato di più' per lei, e perché'?
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Patrizia Caporossi: Non c’è dubbio: Gandhi, sul piano teorico. Ma spesso ho considerato don Milani e anche don Zeno esempi di pratica politica, anche per una mia frequentazione diretta avuta, tramite il mio grande amico e maestro (ormai scomparso) Ostelio Recanatini, con Turoldo e Ernesto Balducci, proprio negli ultimi anni precedenti la sua tragica e improvvisa morte. Ma anche le letture dei Quaderni di Simone Weil e le discussioni sul suo pensiero nei gruppi di lettura e ascolto di donne, e la produzione fattiva e operativa di Lidia Menapace.
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Alessandro Pizzi: Aldo Capitini, Mohandas Gandhi, Martin Luther King, Primo Levi, Franco Basaglia, Franca Basaglia Ongaro, Alexander Langer, Hannah Arendt, don Lorenzo Milani, Barry Commoner, Giulio A. Maccacaro, Giorgio Nebbia, Antonino Drago, Nanni Salio, Marcello Cini, Vandana Shiva. L’elenco potrebbe continuare e conterrebbe persone che mi hanno aiutato a riflettere sulla violenza della società e del modello economico basati sull’egoismo, sull'avidità e sulla ricerca prioritaria del profitto, che conduce all’emarginazione, all’impoverimento e alla negazione dei diritti umani per un numero crescente di persone e produce guasti alla biosfera. Inoltre mi hanno insegnato la necessità della lotta contro la guerra, della lotta per la difesa dei diritti di tutti gli esseri viventi tenendo presente la coerenza dei mezzi usati per raggiungere i fini che si vogliono raggiungere.
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Giampiero Girardi: Oltre ai due "grandi" già ricordati sopra, cui aggiungerei padre Angelo Cavagna, sono sempre stato molto attratto da Lanza del Vasto e da Aldo Capitini. Poi c’è Franz Jaegerstaetter, che non è formalmente un nonviolento, ma ha vissuto la nonviolenza fino a pagare con la vita la coerenza ai valori etici.
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Chiara Cavallaro: Non so se per voi sono personalita', comunque per me, diciamo in ordine di apparizione:
Gabriella Crocco, ora all’estero, per la sua capacità di comunicare, riflettere e anche incarnare complessita', dubbi, fatiche e sorprese del metodo nonviolento;
Claudio Graziano, per la sua capacità di coinvolgermi in questo e la chiarezza del filo che conduce la sua vita dalla parte degli ultimi;
Il collettivo di Alice nella Citta', con cui sono cresciuta nella prospettiva di un agire politico nonviolento in tutti gli ambiti possibili di azione, non solo nelle battaglie contro la guerra;
Enrico Euli, forse il primo contatto strettamente "teorico" con la metodologia nonviolenta e per la sua instancabile energia formatrice;
La RFN, Rete di Formatori alla Nonviolenza, conosciuti nell’unico congresso dell’AssoPace a cui ho partecipato, energetici, polemici, acuti e coerenti e con cui poi abbiamo cooperato nella Rete contro la Guerra nel periodo dell’intervento in Iraq del 1991;
Aldo Capitini, tra le mie prime letture;
Giovanni Trapani, che si presentava nel Csoa almeno una sera a settimana portando i volantini battuti a macchina con scrittura fittissima, un lato molto diverso dell’agire nonviolento;
Dino Frisullo, che ci/mi condusse in battaglie impreviste come alla Pantanella e nel dopo Pantanella. Ho il rimpianto di avergli dato meno di quanto lui ha dato a tutti/e ma l’orgoglio di aver contribuito, insieme a Claudio, a farlo assolvere da una denuncia a seguito di una comune azione diretta (accusa di occupazione di uno stabile per avvio di un centro di accoglienza per immigrati autogestito);
Roberto Tecchio, di cui ho scoperto solo dopo un pò di tempo la vena auto/ironica, la capacità di ascolto, la capacità di elaborazione e di formazione;
Pat Patfoort, aspetti teorici delle metodologie apprese dalla Rfn;
Jerome Liss, per gli aspetti di gestione delle attività collettive;
Lennart Parknas, e gli aspetti nonviolenti della comunicazione sociale;
Mohandas Gandhi, letto solo a più avanzata eta', per il timore reverenziale che mi incuteva;
La Comunità di San Paolo a Roma, con le persone che da anni tessono fili di dialogo e formazione su questi temi;
Patrizia Pellini e la sua capacità di rendere concreta la nonviolenza nel suo agire quotidiano, e di avviare battaglie anche in nuovi settori (Gas e Des) facendo tesoro della metodologia nonviolenta;
Peppe Sini, per la sua instancabile azione di divulgazione teorica, informativa e per l’incitamento all’azione nonviolenta, anche se non sempre ho corrisposto o concordato con le sue proposte;
Johan Galtung, è l’ultimo approccio teorico, per la necessità di passare da una visione micro e meso a una visione macro;
Ll Gan (Gruppo di Azione Diretta Nonviolenta) con cui mi sono accompagnata nel lungo sit-in sotto Montecitorio nel periodo del secondo intervento in Iraq e nella Campagna contro la modifica del codice militare di pace e di guerra;
I miei attuali compari di ciclofficina (per la sorpresa di veder rinascere in modo nuovo le riflessioni sulla nonviolenza a partire dalla autoformazione nell’esperienza);
Le scoperte tarde di questi ultimi mesi in Dossetti, Mounier e Maritain, che ho sottovalutato a lungo pur prevenendo da una cultura cattolica;
Paulo Freire e la sua pedagogia;
Jaroslav Vanek e la sua ipotesi di società diversa.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
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Patrizia Caporossi: Degli autori e delle autrici sopra indicate, ma anche i testi di Hannah Arendt, Carla Lonzi e, poi, di Aldo Capitini, che non ho avuto la fortuna di conoscere direttamente. Ultimamente mi sono appassionata a Maria Zambrano, Edith Stein e Etty Hillesum, oltre alla poesia di Alda Merini, passando attraverso Sibilla Aleramo, con una grande attenzione alla produzione di Dacia Maraini, che ho conosciuto fin dai (miei) tempi romani del Teatro e Collettivo della Maddalena e alle sue partecipazioni dirette a iniziative femminili, organizzate anche ad Ancona dalla nostra associazione, Seminari Magistrali di Genere "Joyce Lussu", nata dopo la Conferenza mondiale di Pechino nel 1995. Ma penso proprio a Joyce Lussu e alla sua infinita attività e presenza "tra la gente del mondo".
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Alessandro Pizzi: Consiglierei la lettura dei seguenti libri: Aldo Capitini, Il potere di tutti, Guerra Edizioni; Aldo Capitini, Italia nonviolenta, Centro studi Aldo Capitini; Mahatma Gandhi, Vi spiego i mali della civiltà moderna, Quaderni Satyagraha; Nanni Salio, Elementi di economia nonviolenta. Quaderni di Azione Nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento; Centro Studi Sereno Regis (a cura di), Gandhi. Economia gandhiana e sviluppo sostenibile, Edizioni Seb27; Antonino Drago, Le due opzioni, una storia popolare della scienza, La Meridiana; Fulvio Cesare Manara, Una forza che dà vita. Ricominciare da Gandhi in un’età di terrorismi, Edizioni Unicopli; Andrea Cozzo, Conflittualità nonviolenta, Mimesis; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella Editrice; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Bfs Edizioni; Don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtu', Quaderni di Azione Nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento.
Oltre ai libri, suggerisco la rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata da Aldo Capitini nel 1964 e il dvd "Una forza più potente", che si può richiedere al Movimento Nonviolento. Il dvd raccoglie alcune tra le più significative lotte nonviolente della storia recente, Da quelle di Gandhi, di Martin Luther King alla Resistenza nonviolenta al nazismo in alcuni paesi europei.
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Giampiero Girardi: In ogni biblioteca deve esserci Teoria e pratica della nonviolenza, volume su Gandhi curato da Pontara, oltre ai testi dei "padri" citati sopra. Ad un giovane suggerirei La personalità nonviolenta, di Pontara.
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Chiara Cavallaro: Non lo so. Consigliare una lettura è una operazione complessa: si consiglia a seconda del tipo di riflessione in corso. Certamente consiglierei le opere principali degli autori che ho citato a seconda di due cose: l’età e il tipo di impegno politico-sociale che lo/a contraddistingue.
Alle ragazze sicuramente Pat Patfoort, la Arendt, Cassandra di Christa Wolf, Freire.
A chi è impegnato in azioni collettive Jerome Liss e Parknas, Capitini.
A chi è in riflessione: Gandhi, Galtung.
A chi vuole formarsi/formare alla nonviolenza consiglierei innanzitutto un bel training con Euli o Tecchio o qualcuno/a della ex Rfn e poi i testi di Euli, Freire e Patfoort.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più' impegno?
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Patrizia Caporossi: Tutte, non potrei fare una scelta nè tantomeno una graduatoria, perché là dove si getta il seme tramite un’azione nonviolenta vale sempre la pena esserci e sostenere anche da lontano.
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Giampiero Girardi: Per me la nonviolenza è amore verso l’uomo e il creato. Tutto ciò che, rispettando i valori di fondo della nonviolenza, porta avanti la causa della giustizia, dell’uguaglianza, della pace, della tutela dell’ambiente, va sostenuto e partecipato.
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Chiara Cavallaro: Le battaglie di No Tav, Dal Molin sicuramente in Italia, unitamente agli sforzi importanti fatti da Gas, Gap e Des, Action e il movimento dei senza casa.
Le azioni dei vari gruppi pacifisti in Palestina (mi sono scordata Luisa Morgantini tra le personalita'); l’organizzazione degli indios in Chiapas e America Latina; le esperienze brasiliane a partire dai Sem Terra, le battaglie per la sovranità alimentare.
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In Italia, so di essere un pò eretica in questo, guardo comunque con molto affetto e rispetto tutto il movimento dei Csoa, indipendentemente dalla loro appartenenza al movimento nonviolento.
Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
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Patrizia Caporossi: Nelle questioni relative allo sviluppo. In primo luogo l’acqua e la fame nel mondo. Ma anche dietro l’angolo di casa dove l’indigenza è un dato di fatto.
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Alessandro Pizzi: Innanzi tutto occorre fermare le guerre in atto a cominciare da quella dell’Afghanistan. È necessario e urgente prendere inizative personali e collettive per la riduzione di emissioni di gas che alterano il clima. Inoltre occorre prendere iniziative solidali contro le discriminazioni razziste nei confronti dei rom e dei migranti.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è uno spirito che deve innervare dal di dentro tutti i campi, a cominciare dalla politica e dalla difesa del bene comune. Essa è uno stile di vita, prima e oltre che un modo per condurre battaglie sociali e civile.
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Chiara Cavallaro: La costruzione di alternative economiche e di stili di vita, la salvaguardia e il miglioramento del concetto di democrazia (verso l’omnicrazia di Capitini e un concetto di potere e di azione civile prossimo alla Arendt, Dossetti etc. etc.).
Credo che si debba contribuire a conclamare una "controazione democratica" concreta e fattiva, comunitaria e collaborativa che riconnetta un "comune sentire" degli esseri umani.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
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Patrizia Caporossi: Rimanderei (e già mi capita con i miei studenti/esse) là dove il pensiero si fa prassi come la Comunità di Sant’Egidio a Roma, o ad Assisi rispetto alla Marcia per la pace. Ma anche contatti con le piccole realtà di aiuto e sostegno, come per esempio una piccola ma significativa comunità di miei amici sui Monti Sibillini a San Cristoforo di Amandola (Fermo).
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Alessandro Pizzi: Il Movimento Nonviolento, fondato negli anni '60 da Aldo Capitini (sito: www.nonviolenti.org) e, per i giovani di Viterbo e provincia, il Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
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Giampiero Girardi: Le case per la pace nelle varie citta', il Mir, Pax Christi, il Movimento Nonviolento.
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Chiara Cavallaro: Nonviolenza organizzata? Oggi? In Italia?
Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
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Patrizia Caporossi: La convivialità relazionale.
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Alessandro Pizzi: La nonviolenza è il rifiuto della guerra e della violenza, è la lotta per la difesa dei diritti di tutti gli esseri viventi. La nonviolenza si caratterizza per la forza della verità e per la coerenza tra i mezzi usati e i fini che si vogliono raggiungere, che devono essere sempre tesi alla liberazione degli oppressi e alla realizzazione dei diritti umani.
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Giampiero Girardi: "La nonviolenza è un modo di essere", diceva Gandhi. È la ricerca della verita', nel senso di essere umili e disposti all’ascolto. È impegno concreto e quotidiano di pace, giustizia, amore.
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Chiara Cavallaro: ensione alla ricerca della comprensione della vita e della storia, dell’altro/a e di se stessi con onesta', amore e desiderio di non nuocere. Capacità di connettere pensiero e azione non contro ma con, anche nei conflitti.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
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Patrizia Caporossi: Fortissimi e legati alla pratica della relazione che dall’autocoscienza matura la consapevolezza di sè nel mondo e del mondo. A tale proposito rimando al mio ultimo libro sul pensiero femminile, Il corpo di Diotima. La passione filosofica e la libertà femminile, Quodlibet 2009, e ad alcune mie pubblicazioni rintracciabile anche su internet.
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Alessandro Pizzi: Il rifiuto del dominio di qualcuno su altri esseri viventi.
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Giampiero Girardi: I legami sono stretti, se femminismo è liberazione della donna in quanto persona, valorizzazione del di lei contributo alla vita sociale, riconoscimento della sua dignita'.
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Chiara Cavallaro: Strettissima connessione. Mi sono riavvicinata alle riflessioni delle donne dopo aver scelto la strada della nonviolenza, proprio riconoscendone le affinità potenziali in relazione a temi come la diversita', il potere, l’agire quotidiano, il mutamento.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
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Patrizia Caporossi: Necessari per quel legame che c’è tra terra e vita. Penso anche agli scritti di Gregory Bateson.
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Giampiero Girardi: Molto stretti, come ho detto anche prima.
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Chiara Cavallaro: Anche in questo caso strettissimi se ci si concepisce nell’ambito delle relazioni umane nel loro insieme e non si restringe il campo alle sole relazioni personali/familiari. Non solo: la soluzione alla crisi ecologica che si prospetta all’orizzonte, ed ai conflitti che provochera', credo che si gioverebbe molto di un approccio nonviolento.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
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Patrizia Caporossi: Indissolubili per la comune-unità che andiamo a costituire nel nostro essere umana-unita'.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è di per se stessa "impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani". Non c’è rapporto tra diversi: è la stessa cosa.
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Chiara Cavallaro: Penso che sia chiaro nella mia impostazione generale. Aggiungo che per me, affrontare problemi e conflitti in modo nonviolento vuol dire avere curiosità per le diversità e per ciò che esse possono suggerire (siano esse di genere, eta', luogo di nascita, cultura, lingua, etc. etc.). Non si sa mai dove puoi trovare le risposte alle tue domande...
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
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Patrizia Caporossi: I rapporti economici nel rispetto di se'.
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Alessandro Pizzi: Nella lotta alla mafia la nonviolenza può apportare l’aggiunta del rifiuto della violenza, che e', invece, propria della mafia. Può contribuire a rendere trasparenti gli atti amministrativi, gli appalti, impedendo l’incontro tra la mafia e la "borghesia mafiosa" composta da professionisti, imprenditori, amministratori, intenti a perseguire il proprio interesse a scapito del bene comune.
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Giampiero Girardi: Stessa risposta che alla domanda precedente.
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Chiara Cavallaro: Il sistema mafioso si fonda sulla violenza e fa leva su un concetto di "sicurezza" che richiede asservimento, obbedienza, esclusione del diverso, sopraffazione del debole. Chi combatte la mafia rischia la vita in Italia oggi, cosa non sempre necessaria nelle lotte nonviolente, perché ha scelto forse la battaglia con la violenza (non solo materiale, ma anche sociale, culturale, economica) più conclamata che abbiamo nel nostro Paese (ma ciò penso che sia vero anche in altri Stati).
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
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Patrizia Caporossi: L’autonomia e l’autodeterminazione tramite sempre la coscienza di sè nella valenza sociale.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è liberazione, è movimento di azione per la liberazione. Anche se storicamente ciò è stato spesso sottaciuto perché i movimenti dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse hanno spesso diffidato di chi rifiutava la violenza. Il nostro percorso è più lento, ma la nostra liberazione è più vera.
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Chiara Cavallaro: La forma economica capitalista ha il fine fisiologicamente ineliminabile della massimizzazione del profitto, sia che lo si veda dal punto di vista della presunta “remunerazione” del rischio e del fattore capitale sia che lo si veda in modo meno prosaico come risultato di rapporti di forza tra chi può possedere mezzi, la terra come chiamata da Ricardo, uomini e donne per la produzione e chi no, e può solo sperare di “essere comprato”. Questo dato comporta, oltre a una prima forma di violenza nelle modalità del rapporto di lavoro (per la distribuzione del “surplus” prodotto tra detentore dei mezzi di produzione e del prodotto e chi, pur producendo, deve comprare anche i prodotti del suo lavoro) anche una serie di violenze aggiuntive: la forma capitalista tende infatti alla concentrazione del capitale in agglomerazioni sempre più grandi (sino alle imprese trans-multinazionali) e deve perciò essere in grado, man mano, di vendere sempre maggior quantità di prodotti (anche con presunte innovazioni di essi o presunte risposte a nuovi bisogni). Per fare ciò il sistema necessita anche di forme di violenza verso coloro che consumano i prodotti, per costringerli/e all’acquisto: dalla pubblicità invadente alla modifica degli stili di vita per venire incontro alle logiche produttive, all’eliminazione di concorrenza leale, alla menzogna, al furto, alle tangenti, all’uso della forza per abbassare i costi di lavoro e i prezzi.
Non solo. La cosiddetta caduta tendenziale del saggio di profitto, che sembrerebbe non aver soluzione nell’economia reale della produzione, è stata in questi ultimi venti anni aggirata attraverso l’espansione oltre ogni immaginazione del lato finanziario dell’economia (ovvero della rendita) con le conseguenze che stiamo sperimentando in questi giorni. Infine, la globalizzazione capitalista ha costretto i governi nel ruolo di subalterni responsabile dell’ordine pubblico e della tranquillità dei mercati piuttosto che di luoghi politici di gestione della vita sociale di un comune, provincia, regione, nazione o federazione. Ciò significa che stiamo assistendo alla tutela del mercato finanziario o di lobby economiche a spese dei settori dell’economia reale, o meglio di lavoratori/trici, cittadini/e.
Perché tutto questo sia accettabile è ovviamente necessario che le persone non riflettano o non abbiano i mezzi per riflettere su quanto accade o che vengano rese incapaci di agire in senso contrario. Non è detto che debba risentirne innanzitutto l’istruzione (anche se nei paesi occidentali, o meglio, nel nostro Paese in particolare questo è evidente) ma è importante che i lacci e lacciuoli leghino studenti, lavoratori/trici, madri e padri di famiglia in una rincorsa impossibile a una qualità della vita “decente” sempre meno accessibile.
Amartya Sen parla di capacitazione in termini di diritti all’istruzione, alla salute, politici e di possibilità di realizzazione. Noi stiamo assistendo a una fase di "incapacitazione", per condurre anche in occidente tutti/e a preoccuparsi innanzitutto dell’esistenza e poi del suo come.
La privatizzazione della gestione dell’acqua (e delle sue fonti), la vendita dei diritti alle emissioni, sono altri aspetti di questo incubo: ciò che prima era abbondante e non economicamente appetibile, oggi deve il suo valore economico al fatto di essere un bene esistenziale ma progressivamente scarso. Nel sistema capitalista ha prevalso la logica del valore di scambio e quindi risulta più naturale rispecchiarne il valore in termini di prezzo (non di possibilità di accesso); mentre per quanto riguarda i beni indispensabili alla vita (non solo della razza umana) dovrebbe prevalere il valore d’uso da cui tutto il ragionamento sui cosiddetti "beni comuni”.
Quindi: ai fini di non limitarsi a lotte per la sopravvivenza o alla resistenza su posizioni mai acquisite una volta per tutte, ma di essere soggetti capaci di cambiamenti duraturi ed efficaci socialmente, penso che un ragionamento sulle forme della violenza economica ma anche sulle forme di una possibile economia nonviolenta sarebbe utilissimo ai movimenti dei lavoratori/trici e delle classi sfruttate e probabilmente anche fonte di risposte nuove ed efficaci. Ma vedo anche che le organizzazioni del lavoro hanno strutture meno democratiche di quanto si dica e spesso produttrici di dinamiche violente anche al loro interno (almeno in Italia), quindi anche in questo caso è estremamente difficile partire dal basso e costruire qualcosa di nuovo, spesso vittime delle cosiddette “emergenze”.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
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Patrizia Caporossi: Il filo è lo stesso: inscindibile.
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Giampiero Girardi: Stessa risposta che alla domanda precedente.
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Chiara Cavallaro: Complesso, veramente complesso. Non mi vorrei pronunciare ma vedo forti differenze per esempio tra i movimenti in America Latina e quelli in Medio Oriente. Il contesto internazionale gioca da anni sulle differenze regionali e sui diversi sistemi di potere e di corruzione e le differenze culturali (nonchè le situazioni di estrema indigenza e rischio di molte popolazioni al di fuori dell’Europa e degli Usa). Mentre a livello di elite si usa una sola lingua e si condivide un solo obiettivo, gli oppressi hanno più difficoltà a riconoscersi e a riconoscere i comuni obiettivi (dignità del vivere e della vita) nel loro essere risultato concreto da raggiungere. Galtung ha proposto soluzioni per la Palestina (un unico stato e basta) che hanno probabilmente tutte le caratteristiche della soluzione nonviolenta ma che non sono oggi accettabili o proponibili dai movimenti e/o sui tavoli della politica. I movimenti nonviolenti di palestinesi e israeliani possono cambiare qualcosa localmente, in pratica concretizzare a livello micro la proposta di Galtung, ma non hanno forza, ruolo, tempo, modo di essere portatori rilevanti dell’idea a livello macro.
Caso per caso, storia per storia, tempi per tempi...
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?
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Patrizia Caporossi: Perché la pace non è semplicemente sospensione della guerra, una sorta di non-guerra come si potrebbe dedurre dai manuali scolastici di storia.
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Giampiero Girardi: Direi che il pacifismo è una piccola e specifica parte della nonviolenza. È metodo e prassi, ma da solo resta senza la sostanza dei valori e della dottrina, che (solo loro) possono dare senso e direzione all’impegno per la pace.
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Chiara Cavallaro: Se ne è discusso molto in Italia soprattutto per rimarcare le differenze tra nonviolenza e pacifismo buonista (e di maniera). La nonviolenza non è la ricerca della pace, ma un modo diverso di agire il conflitto. Allo stesso tempo la pace può essere intesa non come assenza di conflitto, ma come condizione nella quale il conflitto non ricorre, per la sua soluzione, a mezzi che determinino l’eliminazione dell’avversario, anche solo come ultima chance. I metodi nonviolenti sono, in tempo definito di pace, altrettanto fondamentali che nel corso di un conflitto armato.
Penso che i movimenti pacifisti abbiano sottovalutato la riflessione tra mezzi e fini e su questo, dopo le grandi battaglie della fine degli anni ’80 e primi ’90, hanno mostrato la loro inadeguatezza e non fatto un buon servizio alla via della nonviolenza.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale rapporto tra nonviolenza e antimilitarismo?
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Patrizia Caporossi: Perché il valore della pace è la capacità di non-nuocere (in-nocentia).
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è di per se stessa antimilitarista. È inconciliabile con ogni forma di militarismo. Come ho detto per il pacifismo, anche l’antimilitarismo ha meno senso senza la sostanza della nonviolenza.
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Chiara Cavallaro: Domanda complessissima se la vogliamo prendere sul serio e con una competenza che non sento di avere. Nel micro c’è per esempio la questione del servizio di leva e le contraddizioni che ha aperto non tanto la leva obbligatoria quanto proprio un esercito di volontari. Dal punto di vista macro questo richiama la questione della legittimità dell’uso della forza (da parte non solo del singolo, ma come servizio istituzionale di difesa, anche da un potenziale oppressore, ad esempio). Molte riflessioni hanno fatto su questo punto, e sui modelli di Difesa popolare nonviolenta, Tonino Drago e Nanni Salio o l’Archivio Disarmo. Ritengo però che sia sintomatico che la Campagna per l’obiezione alle spese militari, con le sue modalità anche di autoriduzione fiscale (indubbiamente complesse, soprattutto se agite in solitudine), non abbia trovato mai un sostegno da parte di tutti/e.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e disarmo?
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Patrizia Caporossi: Proprio il senso di sè oltre l’armatura in senso lato.
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Giampiero Girardi: Ripeterei quanto detto sopra, anche se con qualche distinguo, nel senso che la proposta del disarmo deve essere praticabile e deve tener conto di complesse dinamiche di natura internazionale.
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Chiara Cavallaro: Domanda che secondo me è fuorviante: se parliamo di armamenti atomici si parla di una questione specifica e purtroppo ancora sul tappeto, che ha a che vedere con la questione della deterrenza armata e i suoi rischi. Tuttavia lo sviluppo di armi nucleari a impatto “limitato/locale” pone il luce la questione vera: attualmente è l’industria degli armamenti il vero problema e poichè parte del sistema economico di cui sopra. Risulta quindi evidente che non ci sono forze interne al sistema capitalista che possano raccogliere le sfide della nonviolenza. Perché questo significherebbe una loro riconversione. Tale riconversione, data la implicita razionalità limitata dei grandi azionisti e dei dirigenti di azienda, e dato lo scarso valore economico che ha la vita umana in moltissime aree di questo pianeta, può solo essere provocata e imposta politicamente/istituzionalmente. Con i sistemi istituzionali attuali, spesso figli delle stesse lobby del mercato delle armi, una “mission impossible”.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza?
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Patrizia Caporossi: Perché i diritti non sono solo dichiarazioni, ma vita e bene-essere.
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Giampiero Girardi: Diritto alla salute e all'assistenza sono dimensioni della promozione completa della persona umana, quindi fanno parte delle finalità della nonviolenza. Penso, ad esempio, al "programma costruttivo" di Gandhi.
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Chiara Cavallaro: La capacitazione di cui parla Amartya Sen è strettamente connessa alla nonviolenza e quindi è ovvio che fa parte di un contesto nonviolento la garanzia del diritto alla salute. Però poi ci sono le questioni del rapporto medico/paziente, le problematiche poste in luce dai tribunali del malato, la fatica del contatto con la pena e il dolore sia per il paziente che per il medico, il rapporto con la morte... questioni troppo complesse perché mi senta competente a trattarle.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
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Patrizia Caporossi: Nel senso di un recupero non al conformismo ma alla coscienza critica di sè rispetto alla malattia che denuncia il disagio esistenziale della societa'.
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Giampiero Girardi: La psicologia umanista richiama senz’altro dimensioni e prospettive nonviolente, ma non ho altri elementi di riflessione sul tema.
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Chiara Cavallaro: Conosco e voglio ricordare la figura e l’azione di Franco Basaglia. Ma non ho competenze per rispondere significativamente.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
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Patrizia Caporossi: La comunicazione può assolvere al compito anche quando non pensa di informare.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza può apportare al lavoro informativo quel "di piu'" di trasparenza, correttezza, ricerca della verità che le sono propri.
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Chiara Cavallaro: Oggi l’informazione è una merce e come tale si vende e si produce per il miglio offerente. Ovvero: la parola in se stessa ha perso il suo significato di capacità di formare, capacitare ad agire e capire, poichè spesso è solo prodotto manipolatore e trasmissione di mistificazioni. Pubblicità non mirata a singoli prodotti ma a particolari modelli culturali e di pensiero. Con buona pace di un codice deontologico dei giornalisti che non è che siano chiamati a riportare le notizie senza avere opinioni ma chiamati a costruire le opinioni che esprimono sulla base della ricerca della verità e della trasparenza dei propri sistemi di valore (Myrdal). In questo vedrei un collegamento con la nonviolenza. Grazie di cuore al lavoro di "Peace Reporter" e dei volontari e giornalisti che ci provano.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
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Patrizia Caporossi: La filosofia non è astrattezza, anzi è la capacità di portare a maturazione e riflessione l’esperienza stessa proprio per il suo esperire.
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Giampiero Girardi: Una visione piena dell’uomo, nella sua interezza umana e spirituale; l’attenzione al valore della dignità umana; la coscienza della finitezza della ragione.
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Chiara Cavallaro: Sono attualmente in ricerca su questo tema. Una ricerca che ha nella Arendt, nell’antiutilitarismo (il Mauss francese) e nel personalismo (Mounier, Maritain, forse Rosmini e Dossetti) i suoi punti di partenza.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
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Patrizia Caporossi: Nel senso che ogni religione accoglie o dovrebbe accogliere la persona nella sua interezza vivente.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è un completamento del discorso religioso, perché ne favorisce l’inveramento nella quotidianità delle persone. In altre parole, essa è un modo per vivere i valori religiosi (per chi crede).
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Chiara Cavallaro: Domanda superiore alle mie competenze. Posso dire che mi definisco cristiana, sono di origine cattolica, che l’agire nonviolento non lo vedo in contraddizione, che mi sono interessata alla storia di altre fedi, buddista in particolare, e che in un senso di trascendenza trovo un filo comune a tutti/e. Ma trovo questo senso di “aspirazione” a qualcosa che va oltre la semplice esistenza umana anche in persone dichiaratamente non credenti.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
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Patrizia Caporossi: L’importante gesto che comunque si compie all’insaputa dei nostri modi di fare nell’ex-ducere (più che istruire) il meglio di se'.
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Alessandro Pizzi: All’educazione la nonviolenza può apportare l’aggiunta della capacità di riconoscere i conflitti e di affrontarli senza violenza. La nonviolenza rafforza l’educazione al rispetto per l’altro, per il diverso, per tutte le culture e all’assunzione della responsabilità personale. Tutte le nostre azioni hanno una ricaduta sugli equilibri ecologici della Terra e, quindi, su tutti gli esseri viventi.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è "educazione" perché è uno stile di vita ed è autoeducazione continua. È ricerca dinamica e costruttiva. È il continuo "tirar fuori" l’umanità dall’uomo.
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Chiara Cavallaro: cfr. Paulo Freire, la dignità degli allievi (e dei docenti), l’apprendimento continuo quale ricerca instancabile della verita'. Ma non ho adeguate competenze per rispondere.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
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Patrizia Caporossi: L’economia può avvalersi della sua sostanza quale capacità di cura della casa.
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Giampiero Girardi: Credo che i nonviolenti dovrebbero essere più presenti nelle esperienze e nel dibattito sull’economia solidale (o "economia civile") per portare il loro contributo di senso e di valori, per esempio l’essenzialita', la condivisione, l’eguaglianza...
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Chiara Cavallaro: La ricerca di uno, o piu', nuovo/i modello/i di convivenza umana. Il non cadere nel fascino del pensiero fintamente razionale e dominante, il rifiuto del bieco e banale utilitarismo, l’attenzione al valore d’uso più che al valore di scambio. La responsabilita', proprio in questi tempi, di provare a dare delle risposte. Per il resto rimando a quanto detto rispondendo a una precedente domanda, ad autori come J. Vanek, a tutta l’elaborazione che sta venendo fuori sui temi della sobrieta', del buen vivir, della bioeconomia (Mance, Le Calle', Pallante, Latouche, Bonaiuti, Roegen, Castagnola, etc. etc.) e ai movimenti attualmente in via di consolidamento in Italia (Gas e Des) o anche, nel bene e nel male, alla storia del movimento cooperativo e del cosiddetto terzo settore. Il tema è in evoluzione, non solo teorica ma anche organizzativo-gestionale e legislativa, soprattutto nel ragionamento tra evoluzione globale e sviluppo locale.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
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Patrizia Caporossi: Le leggi non piovano dal cielo.
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Alessandro Pizzi: La nonviolenza dovrebbe indurci a riflettere sul sistema carcerario, che per come è concepito è distante dalle indicazioni dell’articolo 27 della Costituzione. Troppo spesso nelle carceri non sono rispettati i diritti delle persone detenute. Come è possibile la "rieducazione del condannato" se chi gestisce le carceri, a partire dal Ministero di Grazia e Giustizia, non rispetta le leggi? Alcune associazioni, tra cui Antigone, hanno lanciato un appello per dare il via a una vera e propria vertenza. L’appello, a cui si può aderire sul sito della rivista "Carta", si chiama "Carceri fuorilegge". Troppo spesso chi dirige le carceri confonde il potere con il dominio su altre persone. Il regime duro per i mafiosi, rasenta la tortura. L’iniziativa che a me pare più urgente e necessaria è l’abolizione dell’ergastolo. In una lezione universitaria del 1976, riportata nel libro Contro l’ergastolo, a cura di Stefano Anastasia e Franco Corleone, Ediesse, Aldo Moro definisce l’ergastolo "umanamente non accettabile" e peggiore della pena di morte.
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Giampiero Girardi: Insegna a non assolutizzare la norma e a mettere prima l’uomo. Con l’obiezione di coscienza insegna a rispettare le leggi ma a saper pagare per cambiare quelle ingiuste.
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Chiara Cavallaro: Qui per me il tema è quello tra legittimità e giustizia, tra recupero e pena, tra “punizione del peccatore e/o rimedio al peccato commesso”. Mi sento solo di dire che nella mia esperienza lavorativa presso una amministrazione nazionale ho smesso di considerare il diritto come una cosa sovrastrutturale e noiosa. Il sistema legislativo di un paese, a partire dalla sua Costituzione, racconta ed è specchio delle aspirazioni o della comunità di riferimento o di coloro che si sentono in diritto di governarla. La distanza tra queste due entità non è cosa buona, ma non è detto che seguire l’opinione più diffusa in una comunità sia necessariamente cosa giusta.
La nonviolenza apporta a questo sistema la richiesta di giustizia anche oltre la legittimità esistente, e chiede una riflessione costante sull’uso della forza e una accentuazione sulle politiche di prevenzione piuttosto che di punizione.
Cambia il modo di affrontare il tema della sicurezza (rifuggendo da una logica securitaria).
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?
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Patrizia Caporossi: L’ethos ha a che fare con il bios perché permette un habitus sempre.
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Chiara Cavallaro: Non mi ritengo competente a rispondere ma mi sembra comunque enorme un ragionamento congiunto sul tema dell’etica e della bioetica.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?
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Patrizia Caporossi: L’episteme e la techne sono la possibilità di agire nel mondo.
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Chiara Cavallaro: Per la mia esperienza personale, di ricercatrice anche su questi temi, cambia l’approccio. Sicuramente partendo da un approccio evolutivo, il punto di vista nonviolento mi fa guardare con un certo disincanto a tutte le teorie sulla bellezza e rilevanza dell’innovazione tecnologica. Personalmente credo che una logica nonviolenta su questi temi sia innanzitutto multidisciplinare, avviata dalla domanda piuttosto che dall’offerta, intendendo come domanda anche la capacità del/la ricercatore/trice di mantenere la sua unità di persona umana, la cui curiosità è spinta dalla esperienze di vita e dai problemi e quesiti che si incontrano piuttosto che dalla fama, dalla carriera o dal denaro.
In questo senso, ovviamente, considero la scoperta scientifica un bene comune, non assoggettabile ad alcuna limitazione di scambio e di utilizzo (copy left) e possibile prodotto di interazione tra “società civile” e settore scientifico.
Allo stesso tempo auspico una crescita della conoscenza (nella sua complessità di formazione continua e collettiva derivante dalla ricerca senza preconcetti di soluzioni ai problemi posti) in particolar modo in Italia, il cui problema principale è probabilmente il bassissimo valore dato all’istruzione e alla conoscenza da tutta la sua popolazione (si vedano le ultime statistiche prodotte dall’Ocse).
Sono convinta che dal punto di vista tecnologico siamo oggi preda di un modello di accumulazione e concentrazione che non è diverso da quello di qualsiasi altra merce e che quindi l’inversione della ricerca scientifica verso modelli tecnologici a basso impatto naturale ed economico sarebbe la strada da percorrere, almeno dalla ricerca finanziata con fondi pubblici.
Tuttavia una risposta nonviolenta a questa domanda molto più competente e ponderata della mia si può trovare in un libro di storia della scienza di Tonino Drago di cui purtroppo ora mi sfugge il titolo.
Nella mia storia hanno avuto su questa riflessione un certo fascino anche i libri di Gregory Bateson, Fritjof Capra (Il Tao della fisica e Il punto di svolta) e mi sembra di un certo interesse l’approccio alla logica fuzzy, in cui predominante è l’ambivalenza piuttosto che la dicotomia degli elementi (1/2, pieno/vuoto, bianco/nero sostituiti da “zone grigie” di compresenza degli opposti in vario grado). Non è solo un vezzo, diversa della attuale ingegneria informatica ne fa uso. Forse anche in economia si potrebbe?
Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione storica e alla pratica storiografica?
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Patrizia Caporossi: L’historia è la capacità di vedere e di accogliere la lezione della vita e la responsabilità del proprio presente.
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Chiara Cavallaro: Non ho competenze per rispondere.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
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Patrizia Caporossi: Acconsentire significa semplicemente partecipare: essere parte (consapevole).
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Giampiero Girardi: Il metodo del consenso riconosce il valore e l’importanza di ogni persona e gli concede il giusto spazio. Va, pero', utilizzato in modo intelligente e nelle occasioni dove sia davvero indispensabile, essendo molto “costoso” in termini di tempo e di organizzazione. Come tutte le tecniche non ha un valore assoluto, ma il suo uso è relativo alle diverse contingenze.
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Chiara Cavallaro: Un punto di arrivo, dopo ampia sperimentazione, di cui va valutata l’estendibilità a meso/macro gruppi.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più' importanti, e perché'?
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Patrizia Caporossi: La condivisione nella partecipazione cosciente che elide gli spigoli e aiuta a cum-prehendere.
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Giampiero Girardi: Le tecniche più importanti sono quelle più peculiari, cioè quelle che coinvolgono profondamente ed intimamente il nonviolento e si basano sul suo convincimento e sulla sua sofferenza. Mi riferisco al digiuno, alla disobbedienza, alla non-collaborazione, al rifiuto di collaborazione ecc.
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Chiara Cavallaro: L’ascolto attivo, l’assertivita', l’attitudine al problema, la capacità di costruire azioni dirette (nonviolente, è ovvio).
Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: Sulla pratica dell’esserci nell’interezza della persona.
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Giampiero Girardi: È la formazione dell’anima e dello spirito del nonviolento, la fortificazione delle sue capacità interiori, l’approfondimento del suo essere coerente e trasparente.
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Chiara Cavallaro: Sempre in modo esperienziale e non prevalentemente teorico. Quindi training con momenti di valutazione e autovalutazione dell’esperienza, letture collettive e scambi, multidisciplinarieta'. Capacità di strutturazione e destrutturazione delle “tecniche” per andare al nodo della loro funzionalita'. Continuita'.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?
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Patrizia Caporossi: L’agire in riflessione costante e condivisa.
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Giampiero Girardi: È l’apprendimento delle specifiche abilità tecniche, che però deve essere strettamente connesso alla formazione.
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Chiara Cavallaro: Costruzione collettiva, ben organizzata, con progressione, in gruppi capaci di riorientamento anche in corso d’opera per quelle più difficili. Poi ogni giorno siamo chiamati/e a tante piccole e grandi azioni personali. Anche in questo caso penso però che momenti di condivisione siano importanti.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: Le fonti volontarie.
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Giampiero Girardi: Trovo importante il lavoro di approfondimento di "Azione nonviolenta". Mi pare eccezionale l’azione informativa del Centro di Viterbo, con le varie testate trasmesse via e-mail. Importante l’approfondimento del Centro studi di Pisa.
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Chiara Cavallaro: La newsletter del Centro di ricerca per la pace di Viterbo non per piaggeria ma perché è il mezzo da me più utilizzato. I volumi della Meridiana che hanno pubblicato molti degli autori che ho citato. Peacelink è altrettanto importante. Ma la cosa più importante di tutte è sicuramente l’incontro personale, anche casuale.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che più' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: L’educazione civica vera e propria.
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Chiara Cavallaro: Non so rispondere. Alcuni aspetti del movimento della Pantera si caratterizzavano in modo nonviolento.
Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalità', ininfluenza, inadeguatezza; è cosi'? E perché' accade? E come potrebbero migliorare la qualità', la percezione e l'efficacia della loro azione?
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Patrizia Caporossi: Perché vengono emarginati ma da questa posizione può invece avvalersi una grande forza di presenza tra la gente.
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Giampiero Girardi: Temo sia inevitabile essere marginali e poco influenti se si porta avanti un discorso di pace, di giustizia, di uguaglianza. La radicalità del messaggio nonviolento non è certo "digeribile" da tutti e non è facile diffonderla. Noi dobbiamo concentrarci su un lavoro di base, di formazione delle coscienze, di crescita delle persone. Nel contempo, pero', dobbiamo evitare il rischio di essere dogmatici e di pretendere un unico modo di vivere la nonviolenza. La diffusione implica inevitabilmente un pluralismo di modalità e anche una qualità non sempre totale.
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Chiara Cavallaro: In parte ho già risposto in riferimento ad una domanda. Perché accade? Perché il punto credo che sia quello di promuovere qualsiasi movimento (o di viverlo) in modo nonviolento, piuttosto che di pensare a un movimento che promuova la nonviolenza. Dopo di che si pone il problema della visibilità della nonviolenza nei movimenti. Questo credo che sia più accessibile come problema. Innanzitutto magari riconoscendosi e provando ad elaborare modalità comuni di inter/azione con la parte restante del movimento e poi anche affrontando i problemi e suggerendo soluzioni proprio con la logica nonviolenta. Questo significa uno sforzo di analisi e sintesi forse maggiore (quantomeno doppio) e non sempre premiato nel breve periodo. Poichè molti movimenti sono di breve periodo, la questione ha una sua complessita'. Ma, in questo contesto, vedrei allora reti di riflessione nonviolenta a partire dalle esperienze comuni.
Inoltre spesso si circoscrive l’azione diretta nel solo ambito della manifestazione del dissenso (anche se agita in modo particolare). Questo toglie capacità di azione e concretezza alle azioni svolte.
Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se si', come?
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Patrizia Caporossi: Nei quartieri, a contatto quotidiano con i problemi.
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Chiara Cavallaro: I/le nonviolenti/e presenti nei movimenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di elaborazione e condivisione di pratiche.
Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?
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Patrizia Caporossi: Anche minimali per non rimanere schiavi delle nuove tecnologie.
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Chiara Cavallaro: Una domanda che non mi so porre in modo sensato.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Abbastanza.
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Chiara Cavallaro: Penso di aver già risposto. Per me si tratta di vivere i movimenti sociali in modo nonviolento.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Pochi.
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Chiara Cavallaro: Rapporti? Anche in questo caso bisognerebbe tornare a riflettere sulla natura violenta delle istituzioni (come un tempo si è fatto per le strutture manicomiali, per esempio, o ancora oggi per le carceri). Ma voglio dire di piu': secondo me anche le forme di governo locale, regionale e nazionale, nel nostro Paese si sono mosse nel corso degli ultimi 25 anni verso modalità violente: la crescita delle figure monocratiche (il sindaco, il governatore della Regione, il maggioritario con premio di maggioranza ma anche senza e con liste bloccate) tende a ridurre la ricerca del consenso ad alcuni momenti circoscritti nel tempo e nel contenuto e a depotenziare le responsabilità diffuse e condivise. Il risultato lo abbiamo ormai sotto gli occhi (assenza dalla politica e distanza dei politici dalle necessità dei/delle cittadini/e, uso della forza nei confronti della dissidenza, mancato controllo parlamentare sugli atti di governo e legislativi, etc. etc.) ma ci sono anche rischi peggiori. Per la mafia, camorra o ‘ndrangheta oggi uccidere un sindaco non significa solo fare un atto dimostrativo per incutere terrore. Significa anche concretamente interrompere un processo di governo del territorio. Infatti automaticamente decadono gli assessori e il Consiglio comunale non ha poteri di governo sostitutivo. Questo significa bloccare processi e avere tempo per riconvertirli. Significa anche che non sempre il coinvolgimento della cittadinanza se non dei partiti può essere sufficiente ad arginare una deriva ancora più violenta, soprattutto se le scelte “monocratiche” non sono appoggiate su un consenso diffuso e consapevole. Per fare meno fatica a discutere si fanno cose che possono essere disfatte in un attimo, chiedendoti poi fatiche immani di ricostruzione...
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cultura: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Abbastanza.
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Chiara Cavallaro: Forse la nonviolenza è stata troppo relegata ad ambiti eroici (Gandhi, Luter King) piuttosto che al quotidiano.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e forze politiche: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Pochi.
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Giampiero Girardi: I nonviolenti devono essere presenti nelle varie forze politiche, in coerenza con i propri valori di fondo. Bisogna evitare di etichettare la nonviolenza con un unico partito o forza politica: la nonviolenza è un insieme di valori, non può essere rappresentata da nessun partito.
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Chiara Cavallaro: In Italia è previsto che l’organizzazione dei partiti politici sia di tipo democratico. Oggi non solo questo non è vero ma non viene proprio compresa, anche nell’ambito dei partito di “centrosinistra” o nella pratica anche dei partiti della sinistra, una organizzazione che ricerchi e pratichi forme nonviolente. In questo sono stata anche delusa dalla storia del partito dei verdi, in Italia. Più interessanti le esperienze tedesche o le riflessioni ultime francesi. So troppo poco per valutare l’esperienza di SeL, anche se ne sono molto curiosa. Ma la diffidenza è tanta.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Pochi.
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Giampiero Girardi: Il sindacato è (era?) uno spazio privilegiato per mettere in pratica i valori della nonviolenza.
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Chiara Cavallaro: Si veda quanto ho già detto rispondendo a una precedente domanda.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e agenzie della socializzazione: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Abbastanza.
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Chiara Cavallaro: Non ho competenze al riguardo.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e pratiche artistiche: quali rapporti?
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Patrizia Caporossi: Pochi.
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Chiara Cavallaro: Non ho competenze al riguardo.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua esperienza essa si è data?
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Patrizia Caporossi: È un valore fondante perché nell’amicizia c’è il seme dell’umana-unità nel bisogno e nel desiderio di esserci.
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Giampiero Girardi: L’amicizia è una dimensione relazionale che prescinde dalla nonviolenza ma si base sulla consonanza umana e spirituale. La nonviolenza può dare un di più di profondità e di condivisione.
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Chiara Cavallaro: Un campo dove la pratica della nonviolenza trova la sua fatica nel convivere con sentimenti, o meglio con educazioni sentimentali di origine diversa.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e percezione dell'unità dell'umanità': quale relazione e quali implicazioni?
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Patrizia Caporossi: Si tratta di una prospettiva, di un orizzonte da tenere sempre aperto.
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Chiara Cavallaro: Penso che la risposta sia implicita in quanto detto in precedenti risposte.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e politica: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Necessità di rifondare così la politica rispetto alla sua originaria valenza.
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Chiara Cavallaro: Mi richiamo a quanto ho detto rispondendo a precedenti domande.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e vita quotidiana: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fortissima.
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Chiara Cavallaro: Mi richiamo a quanto detto prima.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Deve essere rafforzata perché basilare.
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Chiara Cavallaro: Quella del volersi bene e del volersi comunque trattare bene, ovvero in armonia con ciò che ci circonda e con gli altri esseri viventi.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cura delle persone con cui si vive: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fortissima.
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Chiara Cavallaro: In quanto donna penso che la risposta potrebbe essere quella della relazione di cura, ovvero di attenzione a se stessi e agli altri, di relazione con essi e di comprensione dei ritmi dell’esistenza. Tuttavia questa è una strada nella quale si deve imparare anche ad accettare l’autonomia, propria e degli altri/e, la differenza, la gestione dei conflitti...
Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?
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Patrizia Caporossi: È la possibilità di capirne anche il senso.
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Chiara Cavallaro: Spero di avere la forza e l’opportunità di affrontare quel momento come una ennesima avventura nell’ignoto. Purtroppo alcune mie esperienze sono state invece molto dolorose e traumatiche ed è un tema a cui ancora faccio fatica ad accostarmi.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: Rimando ancora a quella gandhiana.
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Giampiero Girardi: L’azione di Gandhi resta l’esperimento storico di nonviolenza più pieno e completo. Perché c’era lui. Importante anche l’esperienza di Lanza del Vasto e di Martin Luther King.
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Chiara Cavallaro: Lotta per l’indipendenza in India, contro le leggi razziali negli Usa, contro la mafia alcune esperienze in Italia, contro i missili a Comiso, la prima Intifada, il movimento zapatista, i Sem Terra, Nomadelfia e altri movimenti di dissenso cattolico, il movimento delle donne, la battaglia contro il nucleare, il movimento dei Verdi tedeschi, gli obiettori di coscienza e il movimento contro la guerra nel Vietnam, il movimento “Pink” delle donne americane contro la guerra in Iraq, Greenpeace, i gruppi per la pace palestinesi e israeliani.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale è lo stato della nonviolenza oggi nel mondo?
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Patrizia Caporossi: Presente ma sottovalutato dai poteri ufficiali.
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Chiara Cavallaro: Distribuita, diffusa, frammentata, occultata.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale è lo stato della nonviolenza oggi in Italia?
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Patrizia Caporossi: C’è una crescita di consapevolezza.
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Chiara Cavallaro: Più che carsico.
Paolo Arena e Marco Graziotti: È adeguato il rapporto tra movimenti nonviolenti italiani e movimenti di altri paesi? E come migliorarlo?
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Patrizia Caporossi: Va curata l’interdipendenza.
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Chiara Cavallaro: Non ho idea se tali rapporti ci siano.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?
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Patrizia Caporossi: Prevale il piano culturale.
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Giampiero Girardi: Non c’è una percezione diffusa. Semplicemente i più non ne hanno mai sentito parlare.
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Chiara Cavallaro: A livello di media, di inesistenza. A livello di collettività penso che assistiamo a una percezione a macchia di leopardo, legata alla prossimità con singoli gruppi, persone ed eventi. Un modo di essere, uno stile, una filosofia.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative intraprendere perché' vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?
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Patrizia Caporossi: Conoscere e ragionare insieme.
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Chiara Cavallaro: Rimando a quanto già detto sopra.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e intercultura: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fondamentale.
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Chiara Cavallaro: Penso di aver già risposto prima.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e conoscenza di se': quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fondamentale.
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Chiara Cavallaro: Penso di aver già risposto sopra.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e scienze umane: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fondamentale.
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Chiara Cavallaro: Penso di aver già risposto sopra.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fondamentale a tal punto da rifondare o meglio riscrivere proprio il vocabolario.
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Chiara Cavallaro: Non ho competenze per rispondere se non rimandando a Pat Patfoort, Gregory Bateson e Lennart Parknas.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?
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Patrizia Caporossi: Fondamentale.
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Giampiero Girardi: La nonviolenza è uno stile di vita.
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Chiara Cavallaro: Diffidare di chi ne parla, ne scrive, la proclama ma ritiene di poter soprassedere dalla sua, anche banale, applicazione nel quotidiano...
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e critica dell'industrialismo: quali implicazioni e conseguenze?
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Patrizia Caporossi: La necessaria riflessione sullo sfruttamento delle risorse materiali e umane e sulla qualità della vita.
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Chiara Cavallaro: Credo di avere già risposto in buona parte rispondendo a domande precedenti. In più posso aggiungere (considerando l’industrialismo come solo un aspetto dell’economia capitalista o sistema dominante) che possono essere esplorate penso con profitto questioni emergenti come la responsabilità sociale di impresa, la partecipazione effettiva degli stakeholder (UNI 26000), ma anche, per riconoscerne pregi e difetti, i modelli autogestiti nelle loro diverse forme. Interessanti a questo riguardo anche alcuni aspetti legislativi (microcooperative, legge Marcora n. 49 del 1986, se non sbaglio, cogestione tedesca).
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e rispetto per i viventi, la biosfera, la "madre terra": quali implicazioni e conseguenze?
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Patrizia Caporossi: La madreterra come vita irrinunciabile, come corpo femminile, risorsa primaria.
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Chiara Cavallaro: Per non ripetere quanto detto altrove, aggiungo che è interessante ed educativa l’evoluzione di indicatori statistici quali l’impronta ecologica o il cruscotto della sostenibilita'. Nati per tenere conto, nella valutazione del benessere, di tutto il sistema ecologico mi sembra che abbiano un grande potere esplicativo.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali implicazioni e conseguenze?
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Patrizia Caporossi: L’importante apertura dialogica col territorio e i problemi.
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Chiara Cavallaro: Una domanda che non so da che parte prendere. Mi crea anche disagio perché una risposta onesta dovrebbe partire da esperienze personali per me di forte impatto emotivo che non mi sento di voler condividere in questa forma e sede.
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In modo asettico posso dire che sono felice dell’ideazione del cohousing.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, riconoscimento dell'altro, principio responsabilità', scelte di giustizia, misericordia: quali implicazioni e conseguenze?
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Patrizia Caporossi: La capacità di rispondere di quel che si pensa, si dice e si fa
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Giampiero Girardi: C’è tutto questo dentro la nonviolenza, anzi direi che proprio la capacità di riconoscimento dell'altro nella sua diversità e nella sua ricchezza, il principio di responsabilità che ci lega e ci fa coinvolti gli uni per gli altri, le scelte di giustizia e la misericordia sono capisaldi della spiritualità nonviolenta.
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Chiara Cavallaro: Apprendimento ed errori continui.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni e conseguenze?
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Patrizia Caporossi: Il limes come confine necessario per cogliere la misura di se'.
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Chiara Cavallaro: Rimando al mio contributo alla “Nonviolenza in cammino” del 16 settembre 2010.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?
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Patrizia Caporossi: È metodo: costruire insieme al pensare al dire e al fare il sentiero stesso.
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Chiara Cavallaro: Rimando al mio contributo alla “Nonviolenza in cammino” del 16 settembre 2010.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e internet: quale relazione? e quali possibilità'?
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Patrizia Caporossi: L’interdipendenza e la simultaneita'.
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Chiara Cavallaro: Attenzione alle sopravvalutazioni, comunque: condivisione di informazione, analisi, documenti, conoscenza, attivita', appuntamenti, network sociali. Ma il mio uso è molto parziale rispetto alle possibilità effettive.
Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
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Patrizia Caporossi: Allego questo breve nota biobibliografica: Patrizia Caporossi (1951). Vive ad Ancona, laureatasi alla Sapienza di Roma in Filosofia Teoretica su La donna in Kierkegaard e Nietzsche; dottorato a Macerata sul Pensiero femminile; docente al Liceo classico di Ancona e, fino al 2009, alla Ssis dell’Università di Macerata; già dirigente dell'Udi; già commissaria Pari Opportunità Marche; socia fin dalla fondazione della Società delle Storiche Italiane; promotrice dei Seminari Magistrali di Genere "Joyce Lussu", Ancona. Scrive articoli, tiene incontri pubblici e cura corsi di formazione. Ultime pubblicazioni: L’identità di genere nella formazione, Ancona 1996; Tina Modotti, Ancona 1998; Donne e scienza, 2000; Seminare per fare politica, Ancona 2000; Joyce Lussu e la passione politica, Firenze 2002; Joyce Lussu: le donne, 2002; Joyce Lussu e la storia, Cagliari 2003; Hannah Arendt: l’agire politico, 2004; L’identità di genere, 2005; Il giardino filosofico, Falconara 2005; Il dono della libertà femminile, Firenze 2006; La parola di Diotima, 2007; Essere Creare Sapere, Ancona 2008; Joyce Lussu: la traduzione d’amore, 2009; Il corpo di Diotima. La passione filosofica e la libertà femminile, Quodlibet 2009; Il mio '68, Ancona 2009; Il Genere e il Metodo; Donne e scienza, Ascoli Piceno 2010. Trascrivo le mie e-mail per ogni contatto eventuale:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ;Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. . Segnalo, inoltre, il mio recente blog: http://patcap.blogspot.com/ -
Alessandro Pizzi: Sono nato il 2 dicembre 1948. Sono professore di matematica e fisica nelle scuole superiori, oggi in pensione. Sono stato Sindaco di Soriano nel Cimino (Vt) dal 1993 al 1997. Nel 1999 ho partecipato all’iniziativa nonviolenta delle "Mongolfiere della pace" ideata da Peppe Sini contro i decolli dei bombardieri che dalla base di Aviano erano diretti in Jugoslavia con il loro carico di distruzione e morte. Nel 2001 ho partecipato con i Beati i costruttori di pace di don Albino Bizzotto ad una azione nonviolenta nella Repubblica Democratica del Congo nella regione del Kivu, martoriata dalla guerra. Faccio parte del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Sono volontario presso il carcere di Viterbo.
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Giampiero Girardi: Ha approfondito le tematiche legate all’organizzazione, alla gestione e valutazione dei servizi, al controllo di gestione, alla qualità nei servizi. In particolare si interessa ai Sistemi Qualita', alla certificazione Iso 9000 e alla problematica dell’accreditamento.
Si occupa di problematiche sociali, con particolare riferimento al volontariato, alle politiche sociali, all’intervento sociale, ai problemi legati al tema pace, agli aspetti attinenti i rapporti internazionali. Ha svolto attività di formazione del volontariato. È impegnato sulle tematiche dell’immigrazione, con particolare attenzione ai fenomeni dell’interculturalità e dell’integrazione socio-culturale.
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Chiara Cavallaro: A quanto scritto nel sito (molto formale) http://www.issirfa.cnr.it/4031,2.html, posso aggiungere una esperienza pluriennale nell’ambito del Csoa Alice nella Città e ora presso la ciclofficina popolare del Centro sociale Associazione Ex Lavanderia, presso uno degli stabili dell’ex comprensorio psichiatrico Santa Maria della Pieta', a Roma. Altre esperienze importanti sono state nell’ambito della formazione promossa dalla Rete di formazione alla nonviolenza, la partecipazione al Comitato Scienziate e Scienziati contro la Guerra, la promozione della Campagna contro la modifica dei codici militari di pace e di guerra.
Attualmente sto studiando (e cercando di sperimentare in prima persona) modelli economici alternativi a partire dalle esperienze dei Gas e Des e del Centro sociale nel quale opero come apprendista meccanico, anche a partire dal tema del riuso e riciclo e della mobilità sostenibile.
Non la direi tutta se non vi dicessi che vivo ora con due gatti e mezzo (uno sta sempre sulla soglia o della porta o della finestra) e ho vissuto 18 anni con Gatto Pizzetta che mi ha insegnato un sacco di cose sulla assertività ma anche fatto sorridere almeno una volta al giorno, come ora fanno Miciolino, Gattona e il Soglia. E non è poco.
Note biografiche degli intervistati:
Patrizia Caporossi: Vive ad Ancona, laureatasi alla Sapienza di Roma in Filosofia Teoretica su La donna in Kierkegaard e Nietzsche; dottorato a Macerata sul Pensiero femminile; docente al Liceo classico di Ancona e, fino al 2009, alla Ssis dell’Università di Macerata; già dirigente dell'Udi; già commissaria Pari Opportunità Marche; socia fin dalla fondazione della Società delle Storiche Italiane; promotrice dei Seminari Magistrali di Genere "Joyce Lussu", Ancona. Scrive articoli, tiene incontri pubblici e cura corsi di formazione.
Alessandro Pizzi: fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace". È uno dei principali animatori del comitato che si oppone al mega-aeroporto a Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo; su sua iniziativa l'ultimo congresso nazionale del Movimento Nonviolento ha approvato all'unanimità una mozione per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilità in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio.
Giampiero Girardi: Ha approfondito le tematiche legate all’organizzazione, alla gestione e valutazione dei servizi, al controllo di gestione, alla qualità nei servizi. In particolare si interessa ai Sistemi Qualita', alla certificazione Iso 9000 e alla problematica dell’accreditamento.
Si occupa di problematiche sociali, con particolare riferimento al volontariato, alle politiche sociali, all’intervento sociale, ai problemi legati al tema pace, agli aspetti attinenti i rapporti internazionali. Ha svolto attività di formazione del volontariato. È impegnato sulle tematiche dell’immigrazione, con particolare attenzione ai fenomeni dell’interculturalità e dell’integrazione socio-culturale.
Chiara Cavallaro: Ricercatrice (http://www.issirfa.cnr.it/4031,2.html) è impegnata anche nell’ambito del Csoa Alice nella Città e ora presso la ciclofficina popolare del Centro sociale Associazione Ex Lavanderia, presso uno degli stabili dell’ex comprensorio psichiatrico Santa Maria della Pieta', a Roma. Altre esperienze importanti sono state nell’ambito della formazione promossa dalla Rete di formazione alla nonviolenza, la partecipazione al Comitato Scienziate e Scienziati contro la Guerra, la promozione della Campagna contro la modifica dei codici militari di pace e di guerra.
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Paolo Arena e Marco Graziotti, dell'Associazione "Viterbo oltre il muro", che opera nell'ambito della formazione alla nonviolenza, hanno proposto singolarmente agli intervistati queste domande.
Come Accademia Apuana della Pace, nel pubblicare queste interviste,abbiamo deciso di raggrupparle , in modo da permetterne, nella lettura, un confronto tra le diverse posizioni.
Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo
Altre interviste di Paolo Arena e Marco Graziotti pubblicate sul sito: www.aadp.it/dmdocuments/doc945.pdf