Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Enrico Peyretti, uno die maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Enrico Peyretti: Non è così evidente il formarsi di una sensibilità. Per me, credo di capire, è stata l’educazione familiare, morale e religiosa, ma anche la reazione interiore, pur da bambino (sono nato nel 1935), alle violenze viste (ho raccontato e scritto molte volte un fatto cruento a cui ho assistito a nove anni) e udite narrare, del fascismo e della guerra. Ma certo l’orrore della violenza non è ancora la ricerca della nonviolenza positiva. In seguito, come per molti, il Vietnam, l’America latina, Martin Luther King, sono state vicende vissute con partecipazione, che hanno orientato alla ricerca di nonviolenza.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?
- Enrico Peyretti: Sicuramente Gandhi, appena ho cominciato a conoscerlo e leggerlo. Non so dire esattamente quando, ma direi almeno dagli anni della guerra d’Algeria e soprattutto del Vietnam. Poi, da Gandhi sono passato alla lettura degli altri maestri e mi sono avvicinato ad associazioni e movimenti nonviolenti.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Enrico Peyretti: Consiglierei di introdursi attraverso, per esempio, la collana “Maestri” delle Edizioni Cultura della Pace, diretta da Ernesto Balducci (che spero venga ripubblicata integralmente), per passare poi a leggere ampiamente gli autori stessi. Oggi la letteratura nonviolenta, quella classica e quella via via nuova, è molto ampia. Ma ognuno, guidato dall’affinità e cogliendo le occasioni, fa il suo personale percorso. Direi anche che ciascuno si scelga un maestro in particolare, e continui ad approfondirlo più degli altri.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?
- Enrico Peyretti: Se capisco, si tratta di indicare quale movimento o associazione o azione indicherei come da sostenere. Anche qui, fatto conoscere il ventaglio delle possibilità, tutto dipende dalle possibilità concrete e dalle tendenze personali: uno seguirà cammini formativi, intellettuali, morali, religiosi, operativi, politici, pubblicistici, pedagogici, storici, filosofici, psicologici, o altro, secondo il suo genio e le occasioni. La cultura e la formazione nonviolenta è ampiamente interdisciplinare e plurale. Importante è seguire il proprio cammino tenendo bene d’occhio tutto il campo di lavoro.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Enrico Peyretti: Mi verrebbe da dire: la politica. Cioè la riduzione più profonda possibile del tasso di violenza incorporato di fatto nella concezione e nella prassi politica, nonostante i relativi progressi democratici. Mi rendo conto che è una trasformazione così radicale che occorreranno lunghi tratti del cammino umano nella storia. Se non porremo fine alla storia.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Enrico Peyretti: Se faccio un elenco rischio l’incompletezza, oppure di stabilire una gerarchia un pò casuale. Gli direi: prendi contatto con un gruppo nonviolento, anche piccolo, fatti indicare le riviste, i convegni, le azioni. Troverai il tuo ruolo proprio, se credi nell’idea.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Enrico Peyretti: Si può accostarla e vederla da diversi lati. Una “definizione” restringe. Il rifiuto della violenza è la base. Si tratta poi di vederne le possibilità positive a attive, anche realizzate nella storia, più di quanto si crede. È una lotta, è stare nei conflitti dominando gli istinti distruttivi (niente facile) e sviluppando la spiritualità e le tecniche sperimentabili e inventabili di resistenza alla provocazione, la capacità di soffrire senza far soffrire, una risposta alternativa che offra all’avversario una ricerca comune e dialettica di giustizia e di verità. Si può fallire nel momento, ma si semina sempre per un’altra occasione.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Enrico Peyretti: Conosco genericamente la realtà del movimento delle donne, ma lo ritengo importante per l’analisi della violenza e per la sua riduzione. E ciò, forse, non perché le donne siano per natura meno violente degli uomini, ma perché storicamente è così.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Enrico Peyretti: Anche la coscienza e il movimento ecologico sono ricerca di alternativa alla violenza suicida che abbiamo fatto e facciamo alla natura, che è il nostro corpo comune. Il destino guida quelli che vogliono e costringe quelli che non vogliono, dice Kant. Ma politica ed economia non hanno ancora capito davvero la necessità di cambiare il modello di rapporto e di uso della natura. Senza di ciò permane una grande violenza globale.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Enrico Peyretti: Non c’è davvero molto da aggiungere a ciò che la domanda implica. La discriminazione razziale e la negazione dei diritti violentano la dignità uguale fra tutti gli esseri umani, anche se non vi fosse alcuna violenza fisica e militare. Certamente la cultura nonviolenta agisce per superare questa violenza strutturale e culturale. La nonviolenza è assai più estesa del pacifismo.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
- Enrico Peyretti: La nonviolenza positiva guarda più lontano della pura legalità, ma certo implica una rigorosa legalità. La violenza mafiosa non è solo quella criminale omicida, ma anzitutto consiste nella dura gerarchia tra forti e deboli. La legge giusta è la forza dei deboli e il limite dei forti.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
- Enrico Peyretti: Il movimento operaio, cioè l’affermazione della dignità e diritti del lavoro umano per necessità vitale (altro è il lavoro come libera espressione), è stato e può essere una lotta sostanzialmente nonviolenta. I mutamenti della società hanno indebolito la coscienza e l’azione di questo movimento con una contaminazione culturale: "Non siamo ricchi, ma pensiamo come i ricchi" (Peter Bichsel). La “rivoluzione dei ricchi” sembra aver sottomesso il movimento del lavoro. Ma tutto sempre muta. L’oppressione sociale nel mondo è ancora tantissima, anche in paesi ricchi. Una cultura nonviolenta riflessa e più consapevole può rafforzare le lotte per i diritti del lavoro. Ricordiamo che Gandhi lottò per questo prima che per l’indipendenza.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Enrico Peyretti: La liberazione violenta non libera davvero. Mi sembra, e spero di non sbagliare, che il mito della violenza redentrice sia oggi diminuito assai.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?
- Enrico Peyretti: Il pacifismo si oppone alla violenza bellica, la più visibile e offensiva. Ma le violenze strutturale e culturale sono più profonde e incisive, più difficili da vedere, più facili da subire. La nonviolenza include il pacifismo ma avversa soprattutto queste più profonde violenze con l’educazione e la cultura alternative e ricostruttive di ciò che è umano e inter-umano.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e antimilitarismo?
- Enrico Peyretti: Vale quanto ora detto, aggiungendo che la guerra non è colpa dei militari, ma di una cultura e politica dei conflitti che li affida alle armi omicide, e si crea i suoi professionisti. In quanto persone e tradizione di impegno difensivo, la classe militare può elaborare una diversa cultura del conflitto, avvalendosi anche delle esperienze nonviolente. Ma i militari devono liberarsi dall’idea di essere supremamente indispensabili, che la tradizione politico-militare appiccica loro addosso. Il dialogo coi militari è lento e difficile, ma va cercato.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e disarmo?
- Enrico Peyretti: Le armi non sanno fare altro che uccidere o minacciare. Se il disarmo è l’obiettivo, il transarmo (da armamenti offensivi a esclusivamente difensivi) è il passaggio intermedio. Resta da verificare se l’opinione pubblica, ben informata, rifiuta davvero una politica di vero disarmo.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza?
- Enrico Peyretti: Ogni politica di aiuto dignitoso ai bisogni umani dei più deboli riduce forme di sofferenza. La sofferenza, se non è causata, neppure indirettamente, da azioni umane, non può essere detta violenza. Ma quante volte è causata da azioni o omissioni gravi! Il diritto a una vita migliore e al sollievo della sofferenza fa parte della coscienza civile più matura, ma non lo chiamerei nonviolenza. Nonviolenza è individuare e opporsi alle cause volontarie. La cura della salute era parte del programma costruttivo di Gandhi.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
- Enrico Peyretti: Vedi la risposta precedente.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
- Enrico Peyretti: Con l’informazione non veritiera o manipolata si può esercitare una violenza sottile, profonda, che supera le difese naturali. Penso alla micidiale pubblicità commerciale, come alla propaganda politica indifferente alla verità delle cose. Quindi l’informazione onesta è un antidoto a tale violenza.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
- Enrico Peyretti: La nonviolenza è una antropologia, sebbene problematica, articolata, non apodittica; una ricerca di risposta a necessità vitali, fondata su possibilità ed esperienze reali. È anche una critica a quella filosofia della storia che vi vede regnare la legge della violenza. In tal modo apre la possibilità di pensare una storia umana più degna e costruttiva. C’è da fare un immenso lavoro filosofico: Panikkar dice che oggi il compito della filosofia è “disarmare la ragione armata”.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
- Enrico Peyretti: Le esperienze e gli studi che conosco su questo rapporto indicano che le religioni in generale possono aprire prospettive e pratiche di profonda nonviolenza, ma possono pure lasciarsi usare nel consacrare con ragioni trascendenti le violenze umane. I due effetti si accavallano nella storia. Confido che la prima possibilità, specialmente se continua e si approfondisce questa verifica delle religioni sul metro della violenza, possa prevalere sulla seconda.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
- Enrico Peyretti: Le realtà storiche di nonviolenza, basate e preparate in una cultura delle persona e dei rapporti indicano, mai in modo semplicistico, che le facoltà di empatia e coraggio possono essere liberate e potenziate nella personalità umana.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
- Enrico Peyretti: Il dogma egoistico condiziona la concezione e la pratica dell’economia. Una nozione della persona e un’esperienza dei suoi rapporti con gli altri e con le cose meno possessivi, più gratuiti, più felicemente condivisi, può intaccare quel pesante dogma paralizzante e obbligante.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
- Enrico Peyretti: Spostare il concetto di diritto da ordinamento oggettivo verso la qualità e dignità della persona, in cui il diritto sussiste, mentre ne accresce il valore umanistico, ne riduce il carattere impositivo. Resterà di fatto (anche per Gandhi quando immagina lo stato nonviolento) la necessità della sanzione, ma questa potrà essere pensata e praticata sempre più come giustizia riparativa, ricostruttiva (Desmond Tutu e il processo sudafricano di Verità e Riconciliazione), più che pena, cioè retribuzione di un male con un altro male.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?
- Enrico Peyretti: L’antica universale “regola d’oro”, il principio “rispetto per la vita” formulato da Albert Schweitzer, il precetto negativo-positivo “non uccidere”, l’imperativo categorico di Hans Jonas (in Il principio responsabilità), intesi in modo non formalistico e nel loro nucleo sottostante ai dibattiti e alle differenze storiche nell’applicazione, riflettono l’esigenza etica umana di valorizzare e difendere la nostra esistenza, insieme alla realtà tutta, cogliendo un suo valore misterioso al di là, senza contraddirli, dei concetti teorici che possiamo farcene. La nonviolenza, antica e contemporanea, sembra riassumere e sviluppare, attraverso le differenze culturali, questa profonda esigenza e appello. Resta una quantità di problemi complessi, che, orientati da questi principi e assunti con responsabilità senza pretese assolute, possono essere affrontati con serietà e con amore per la vita.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?
- Enrico Peyretti: Scienza e tecnologia, conoscenza e applicazione, si sono sviluppate, specialmente nella modernità, in una mentalità di potenza prevalente sul servizio alla vita e sulla fruizione onesta e felice del mondo. La scienza e la guerra si sono sposate tra loro. Ciò non è il 100% della realtà della scienza, ma una quota sempre immensamente grave. Una filosofia nonviolenta del mondo, del sapere e della vita aiuterà la scienza a ripudiare la guerra, a negarle il proprio rifornimento.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione storica e alla pratica storiografica?
- Enrico Peyretti: La nonviolenza è anche storia, non solo utopia. La gran parte della storiografia accademica non ha avuto occhi per le lotte nonviolente, abbacinata dal bagliore e dal fracasso delle guerre, e anche per la vicinanza delle classi colte ai troni, salvo preziose eccezioni. Ciò che è fatto è possibile. Ma si deve conoscerlo. Da anni aggiorno una modesta ma estesa bibliografia storica delle lotte nonviolente (si trova cliccando in Google: Difesa senza guerra). Se nella storia effettiva c’è anche la nonviolenza, una filosofia della storia non può livellarla sotto il regno della violenza. Anzi, Gandhi mostra che il tessuto della vita è la collaborazione pacifica, per quanto imperfetta, e la violenza è solo uno strappo nel tessuto.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
- Enrico Peyretti: Ricercare e raggiungere il consenso è la forma migliore nelle decisioni collettive. Ma non escluderei la regola della maggioranza, purché bene intesa: non la prevaricazione del numero e dei relativi interessi sulle argomentazioni; non l’illusione che i più necessariamente vedano e ragionino meglio dei meno e che dunque la maggioranza sia più vicina alla “verità”. Vale la regola della maggioranza se un dibattito libero e serio precede e istruisce davvero la decisione, se la regola è riconosciuta da tutti, praticata senza violenza del numero e senza tacitare la minoranza, che acconsente accettando argomenti non condivisi ma non ripugnanti, per il valore dell’unità nell’azione. Senza la prima o la seconda forma di consenso non c’è decisione comune. Certo, la democrazia ridotta a pura forza dei numeri, senza convergenza sui valori di fondo (come la Costituzione italiana), è degenerata.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?
- Enrico Peyretti: Il principale mezzo d’azione è la non-collaborazione alla violenza. Questa ha bisogno di collaborazione, almeno passiva. Ogni potere dipende dall’obbedienza, anzi consiste nell’essere obbedito. Poi, secondo situazioni e circostanze, quel mezzo si articola e inventa via via tecniche di resistenza e di opposizione con la forza umana alla violenza antiumana.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?
- Enrico Peyretti: Il fondamento è la interiore sensibilità agli altri, al dolore e ai bisogni, alla dignità e alle speranze specialmente degli ultimi, delle vittime, dei più deprivati. Ciò che coltiva e sviluppa questa radicale qualità umana avvia alla conoscenza ed esperienza delle lotte nonviolente.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?
- Enrico Peyretti: Ci si addestra anzitutto nei rapporti umani quotidiani, in famiglia, nel lavoro, affrontando tensioni e conflitti col rispondere all’arroganza con la mitezza, al male col bene. Dura tutta la vita questo addestramento al potere su di sè. Solo su questa base si può addestrarsi all’azione nei conflitti sociali di media o grande scala.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Enrico Peyretti: Non indico in particolare l’uno o l’altro dei diversi periodici. Ognuno dà il suo contributo. Apprezzo chi evita un pacifismo a rischio di retorica ma divulga e approfondisce precisa cultura ed esperienza nonviolenta. Così per gli editori e i non pochi libri in tema, anche se il genere non ha successo di mercato, naturalmente.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Enrico Peyretti: Dalle primarie alle superiori non mancano insegnanti nonviolenti che propongono un indirizzo e formano coscienze offrendo agli allievi una possibilità di base per il loro impegno successivo. Ovviamente, ogni seme è affidato al terreno. Ma la politica scolastica oggi rischia di favorire orientamenti piattamente pratici, funzionali, relegando gli ideali nell’inutile. Negli studi universitari conosciamo alcune poche iniziative di ricerca interdisciplinare, che passa ancora molto poco, a quanto può constatarmi, nella didattica. La ricerca per la pace è un settore vivo e attivo, ancora non recepito nelle istituzioni scolastiche.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza; è così? E perché accade? E come potrebbero migliorare la qualità, la percezione e l'efficacia della loro azione?
- Enrico Peyretti: Domanda per me difficilissima. Minoranza e marginalità non significano necessariamente ininfluenza e sterilità. La legge dell’azione, e dunque dei movimenti, non è l’efficacia pronta, ma la fecondità. Serietà e autenticità, insieme alla ininterrotta costanza, e a collegamenti organizzativi leggeri e regolari, promettono fecondità.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se sì, come?
- Enrico Peyretti: Sì, un collegamento leggero, di tipo federativo, che permetta di parlare meglio, insieme, alla cultura e alla politica del paese, e soprattutto al popolo. Da anni, vedrei necessaria una “federazione nonviolenta” italiana, con rapporti internazionali. La difficoltà sta nella fatica che ogni associazione già fa nell’adempiere i propri impegni, nei limiti di tempo e di energie personali, e anche con un pò di patriottismo associativo, da superare. Qualche tentativo è stato fatto. Altri vanno fatti ancora.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?
- Enrico Peyretti: Le voci, a stampa e in rete, sono relativamente tante. Non si tratta di unificare o di assorbire, ma far confluire indici dei materiali ad un centro della raggiera, che indichi tutte le direzioni a chi cerca informazioni e riflessioni, sarebbe davvero utile. Chi ha le capacità tecniche provi a pensarci.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?
- Enrico Peyretti: La nonviolenza si propone come alternativa qualitativa tanto al sistema quanto a quei movimenti anti-sistema, che non puntano precisamente alla progressiva riduzione dei fattori violenti, mediante i metodi nonviolenti specifici.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e istituzioni, nonviolenza e cultura, nonviolenza e forze politiche, nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?
- Enrico Peyretti: Può darsi che le istituzioni delle nostre società, e ancor più le forze politiche, con l’obiettivo del potere, restino ancora a lungo insensibili all’istanza propria della nonviolenza (salvo riferimenti retorici, ogni tanto). La cultura libera può comprenderla di più. I sindacati hanno nella loro storia, come il movimento operaio, quasi soltanto mezzi nonviolenti, ma meno una consapevolezza riflessa. La cultura del conflitto deve evolvere dal criterio della forza, o della pura pressione dei fatti e dei numeri, al criterio della verità, cioè della giustizia da rendere, non da prendere. Che cosa è giusto? Come distinguerlo dall’interesse particolare? Ciò che è giusto per l’altro può essere giusto per me. Un criterio principe nonviolento nelle lotte sociali lo formulerei così: “la giustizia non solo per me”.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come articolerebbe il rapporto tra la nonviolenza e i vari ambiti della vita sociale?
- Enrico Peyretti: La nonviolenza è una rivoluzione culturale che irraggia un’influenza su tutto, ma non facciamone qualcosa di totale...
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Enrico Peyretti: Se un lettore non mi conosce non è necessario che mi conosca. Per cortesia verso di voi: sono nato nel 1935; ricordo bene la guerra, per fortuna vissuta solo marginalmente, in un paese tranquillo; ma - come ho raccontato e scritto una quantità di volte - ho assistito a nove anni ad un episodio crudele di guerra, che credo mi abbia segnato nel profondo e orientato fin da allora alla ricerca della pace; ho avuto una educazione cattolica tradizionale ma non bigotta, evoluta oggi nella ricerca di cristianesimo essenziale, aperto a tutti i cammini religiosi dell’umanità; ho fatto il liceo classico, ho lavorato come impiegato durante gli studi di giurisprudenza; sono stato presidente della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) negli anni di Papa Giovanni; ho avuto compiti nella chiesa cattolica torinese negli anni del vescovo Michele Pellegrino; dopo la laurea mi sono abilitato all’insegnamento di storia e filosofia, che ho svolto fino alla pensione. Altro si trova al mio nome in Wikipedia.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
- Enrico Peyretti: No, grazie.
Fonte. Centro Ricerca per la pace di Viterbo