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La nonviolenza oggi in Italia: Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Francesco Pullia

Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Francesco Pullia, studioso ed esperto di nonviolenza, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza? 

- Francesco Pullia: A quattordici anni, quando ho iniziato l’attività politica nel Partito Radicale. In un periodo particolarmente cruciale (mi riferisco agli anni Settanta) dominato dal parossismo ideologico, dall’accesa conflittualità, dall’intolleranza, trovavo estremamente importante che la politica fosse innervata da contenuti e metodi innovativi, costruttivi, fecondi. Di qui l’impulso ad approfondire Gandhi e Capitini. Da allora non ho mai smesso.

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?

- Francesco Pullia: Gandhi, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lanza Del Vasto, Marco Pannella. È a Gandhi che si deve l’elaborazione più compiuta dell’ahimsa e del satyagraha, della lotta come atto d’amore e passione per la verità, nonché la dimostrazione dell’interrelazione tra mezzi e fini, cioè del fatto che i fini sono sempre prefigurati dai mezzi. Capitini, poi, che fu introdotto all’orizzonte gandhiano da Claudio Baglietto, nel periodo in cui frequentava la Normale, ha portato significative aggiunte come la straordinaria concezione della compresenza dei morti e dei viventi, per cui anche gli assenti e tutti gli esseri senzienti concorrono diuturnamente alla creazione di realtà, dando vita ad una filosofia imperniata sulla nonviolenza, sul Tu-Tutti, e ad una visione politica (che, in parte, si ritrova in Pannella) ispirata al liberalsocialismo e alla religiosità laica, cioè intima, profonda, aconfessionale. Il pensatore perugino ha avuto anche il grande merito di essere stato, insieme a Piero Martinetti, tra i primi a porre da noi la questione dei diritti animali e del vegetarianesimo. Dolci, che per me è anche uno dei maggiori lirici del Novecento, ha trasferito tutto nell’azione sociale, nel passaggio dal trasmettere (sempre violento e impositivo) al comunicare (orizzontale, omnicratico in senso capitiniano). Di Lanza Del Vasto apprezzo il caratterizzarsi come congiunzione tra Gandhi e cristianesimo. A Pannella, infine, si deve una sorta di riforma della metodologia gandhiana innestandola nel solco di una politica federalista ed europeista (in senso ernestorossiano, spinelliano), sempre rigorosamente libertaria.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Francesco Pullia: Ci sono alcuni libri dalla cui lettura non si può, a mio modesto avviso, prescindere. Di Gandhi: La mia vita per la libertà, Newton Compton, Teoria e prassi della nonviolenza, Einaudi. Di Aldo Capitini: Antifascismo tra i giovani, Celebes, 1966, Religione aperta, Guanda, 1955, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, 1966, Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli, 1967, Il potere di tutti, La Nuova Italia, 1969. Di Danilo Dolci: Processo all’art. 4, Einaudi, 1956, Creatura di creature, Feltrinelli,1979, Dal trasmettere al comunicare, Sonda, 1988, La struttura maieutica e l’evolverci, La Nuova Italia, 1996, Una rivoluzione nonviolenta, Terre di mezzo, 2007. Di Lanza Del Vasto: Principi e precetti dal ritorno all’evidenza, Gribaudi, Che cos’è la nonviolenza, Jaca Book, Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaca Book, Introduzione alla vita interiore, Jaca Book. Di Giuliano Pontara: L’antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega - Edizioni Gruppo Abele, 2006. Di Valerio Pocar: Gli animali non umani. Per una sociologia dei diritti, Laterza, 2005. Di Fulvio Cesare Manara: Una forza che dà vita. Ricominciare da Gandhi in un’età di terrorismi, Unicopli, 2006. Tutti i libri del Dalai Lama e di Thich Nhat Hanh e, inoltre, Gianni Sofri, Pier Cesare Bori, Gandhi e Tolstoj. Un carteggio e dintorni, Il Mulino, 1985; Italo Mancini, Come continuare a credere, Rusconi, 1980; Lev N. Tolstoj, Il Vangelo, Quattroventi, 1983; Lev N. Tolstoj, Perché la gente si droga? e altri saggi su società, politica e religione, a cura di Igor Sibaldi, Mondadori, 1988; Vinoba Bhave, I valori democratici, Gabrielli, 2008; Piero Martinetti, Breviario spirituale, Utet, 2006, Pietà verso gli animali, Il Nuovo Melangolo, 1999; Marco Pannella, Stefano Rolando, Le nostre storie sono i nostri orti (ma anche i nostri ghetti), Bompiani, 2009.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?

- Francesco Pullia: Oggi è tutto sempre di più interrelato. La nonviolenza, nella sua flessibilità e multiformità, si conferma come l’alternativa possibile alla deriva di violenza che rischia di sovrastarci. È una filosofia e uno strumento che si adatta ad ogni circostanza e alla soluzione dei problemi più complessi. Ritengo che al centro dell’azione nonviolenta debba essere il diritto inteso, per dirla alla Panikkar, in chiave ecosofica. Vengono, quindi, ad intrecciarsi la lotta dei monaci e delle popolazioni in Tibet, Birmania, Thailandia e quella degli animalisti contro quella forma di razzismo che è di fatto rappresentata dallo specismo (cioè per smantellare l’assurda, pretestuosa, violenta convinzione antropocentrica secondo cui gli umani debbano godere di uno status morale superiore e di maggiori diritti rispetto agli altri esseri senzienti), la battaglia contro lo sterminio per fame e sete nel mondo e la difesa delle risorse primarie in un mondo depredato e devastato dall’ossessione produttivistica e dall’esplosione demografica. E che dire degli allevamenti intensivi, dei consumi (indotti) di carne e pesce, dei mattatoi? Bisogna favorire una piena consapevolezza del nostro essere qui ed ora e dell’interdipendenza che ci stringe ad ogni manifestazione della vita.   *

- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Francesco Pullia: In quello dell’informazione, cartina di tornasole della democrazia. Dal momento che, come detto sopra, tutto è interrelato, è importante che se ne abbia consapevolezza. È essenziale che si abbia coscienza che oggi più che mai un battito d’ali nella foresta amazzonica può causare, anche a distanza di tempo, un uragano nel polo opposto del pianeta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Francesco Pullia: La Lav - Lega Antivivisezione, il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini nel 1964, il Partito Radicale Nonviolento Transpartito Transnazionale, l’Associazione Vegetariana Italiana, l’associazione Nessuno tocchi Caino.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Francesco Pullia: La nonviolenza è il modo più alto con cui manifestare interesse (inter-essere) per l’altro. Ha il compito di disoccultare l’occulto, di favorire in noi il rispecchiamento dell’altro. È strumento di verità. Le sue caratteristiche fondamentali sono la flessibilità, cioè l’adattabilità ad ogni situazione, la responsabilità nei confronti di ogni essere senziente, vegetale, minerale, fare emergere la consapevolezza dell’interdipendenza tra tutto e tutti. È l’espressione più elevata di un amore profondo e dialogante.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?

- Francesco Pullia: Il nesso indissolubile con i vari movimenti che rivendicano diritti civili sta nell’affermazione dell’esigenza di una liberazione che vada ben oltre la questione della discriminazione sessuale.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?

- Francesco Pullia: Le tematiche ambientali (inclusi i diritti animali) sono cruciali perché connesse alla sovrappopolazione, alla fame e alla sete, alla migrazione, ai conflitti sociali, che da micro possono degenerare in macro. Porsi in un’ottica olistica e di interdipendenza significa assumere la nonviolenza come base di partenza.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani; tra nonviolenza e lotta antimafia; tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse; tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?

- Francesco Pullia: C’è un’unica risposta a questi quesiti. La nonviolenza, essendo forza di verità e disvelamento (non di omertà), propone l’affrancamento non solo dell’oppresso ma dello stesso oppressore, mettendo prima di tutto quest’ultimo dinanzi allo specchio, offrendogli un’alternativa al vicolo cieco dell’odio. Ha il vantaggio di essere, una volta intrapresa, valevole per tutti e fecondamente continua. Le vere lotte di liberazione costituiscono sempre momenti di affermazione e aggregazione, non di negazione e separazione. La nonviolenza non è un’invenzione dell’Oriente ma storicamente appartiene anche alle lotte operaie, fabiane.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?

- Francesco Pullia: Si tratta di due dimensioni che possono sembrare identiche mentre, in realtà, sono estremamente distinte non solo dal punto di vista filosofico ma, soprattutto, storico. Il pacifismo storicamente si è rivelato, suo malgrado, stampella delle peggiori satrapie. Gioca sempre di rimessa, nel vano tentativo di contrastare qualcosa. La nonviolenza, invece, lavora in anticipo, previene, propone, crea alternative. Non gioca mai di rimessa, semmai d’anticipo.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra la nonviolenza e le varie articolazioni del pensiero teoretico e pratico e dell'azione morale e civile?

- Francesco Pullia: La nonviolenza, nella sua versatilità, costituisce il modello di approccio fondamentale per destituire ogni forma di assolutismo. Ciò vale sia per l’antimilitarismo come per svariati ambiti che vanno dalla psicoteraterapia alla filosofia al diritto. Non si tratta di sostituire a visioni totalitarie e totalizzanti (come quelle che, ad esempio, fanno leva su una soggettività assoluta, fondante) altre visioni ad esse speculari, ma un atteggiamento non imprigionato in rigidi schematismi e, soprattutto, una vocazione dialogante. Nella psicoterapia come nella filosofia o nella storiografia si deve passare dall’unidirezionalità alla molteplicità, dal trasmettere al comunicare. Stiamo, inoltre, pesantemente scontando le nefaste conseguenze dell’antropocentrismo. Da questa assurda concezione sono scaturite inaudite forme di violenza, prima tra tutte la distruzione dell’ecosistema con il premeditato olocausto di specie animali e vegetali. Olocausto che continua e anzi, purtroppo, è intensificato dagli allevamenti intensivi, dai laboratori dove si spacciano per imprese scientifiche inaudite e intollerabili crudeltà. La cruna d’ago della vera lotta di liberazione nonviolenta oggi è l'antispecismo e, quindi, la destituzione, lo smantellamento della concezione che arrogantemente attribuisce all’uomo la centralità di tutto, conferendogli prerogative che non gli spettano, non possono spettargli. Le religioni, soprattutto quelle “rivelate”, hanno avuto in questo gravissime responsabilità, così come, per altro verso, il cartesianesimo che sta alla base del razionalismo della modernità. Per quanto riguarda l’economia, la prospettiva nonviolenta deve mirare ad eliminare iniquità ed a garantire una ricchezza complessiva fondata non sullo sfruttamento (dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulle altre specie, dell’uomo sulla natura) ma sul rispetto, sulla sostenibilità planetaria. La nonviolenza "è", non "implica", responsabilità per l’altro, consapevolezza del nostro legame interdipendente con gli altri esseri e, in generale, con ogni parte ed elemento del pianeta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Francesco Pullia: Non parlerei tanto di consenso quanto di persuasione nel senso di Michelstaedter e Capitini, cioè di autopersuasione, di intimo, profondo, convincimento.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?

- Francesco Pullia: La comunicazione, perché senza l’aspetto informativo e relazionale non è possibile conseguire alcun risultato. Trovo interessante, inoltre, l’adozione di misure transnazionali, miranti quindi al coinvolgimento, alla stessa stregua, di più stati tra loro. A livello strumentale giudico validi il digiuno, che mette in gioco responsabilmente soggetti e popoli, e la difesa popolare nonviolenta, anch’essa connessa con i criteri di responsabilità e coinvolgimento delle parti.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza e l'addestramento all'azione nonviolenta?

- Francesco Pullia: Come un incessante lavoro su di sè. La nonviolenza implica rigore e metodicità se davvero si vogliono cogliere i suoi frutti a livello (inter)soggettivo e, di conseguenza, politico.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Francesco Pullia: Tutti, nessuno escluso, dalla carta stampata ad internet alla radio (come ci insegnano le esperienze sul campo di Danilo Dolci e Pio Baldelli). Per quanto riguarda internet, bisognerebbe avviare forum, luoghi di dibattito, trasferire in questo campo l’esperienza dei Cos e dei Cor capitiniani.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Francesco Pullia: Da un lato bisognerebbe incentivare lo studio dell’educazione civica, della carta costituzionale, degli strumenti di conoscenza del diritto e dei diritti, dall’altro occorrerebbe promuovere frequenti momenti seminariali, anche coinvolgendo esponenti di movimenti che abbiano adottato la nonviolenza come cardine della loro lotta. È necessaria promuovere una cultura della nonviolenza partendo dalle prime classi, dal periodo più significativo dal punto di vista formativo.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza; è così? E perché accade? E quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia? E qual è lo stato della nonviolenza oggi in Italia e nel mondo?

- Francesco Pullia: La mancanza di coordinamento, insieme al settarismo che più o meno palesemente si riscontra nelle varie organizzazioni, ha reso marginale l’azione di chi ha assunto la nonviolenza come teoria e prassi politica. È errato l’identificazione, che ogni tanto si vuole fare veicolare, di nonviolenza quasi esclusivamente come disobbedienza civile. La nonviolenza non è solo questo. È altro. È costruzione e affermazione del possibile, dell’omnicrazia capitiniana, della consapevolezza dell’inter(in)dipendenza. Le organizzazioni che si richiamano alla nonviolenza non possono pensare di essere autosufficienti, monadi leibniziane. Devono confrontarsi, coordinarsi, evitando però (è questo, me ne rendo conto, il rischio maggiore) di burocratizzarsi, di - per così dire - istituzionalizzarsi, di irrigidirsi. In Italia la nonviolenza è stata di proposito minimizzata, quando non rimossa, perché scomoda, impegnativa, non rientrante nelle facili, semplicistiche ermeneutiche. La vicenda di Capitini è, a questo proposito, sintomatica. La via della nonviolenza non può riassumersi nè nel versante cattolico-ecclesiastico nè in quello, ad esso speculare, del comunismo. Oggi nel nostro paese, fatta esclusione per le iniziative e l’insistenza dei radicali, di nonviolenza non si parla appropriatamente. Vi si ricorre talvolta in maniera strumentale ma senza quel sostrato che la rende, invece, quantomai attuale e proponibile. La situazione mondiale, nel suo complesso, conferma che la nonviolenza è una risorsa senza di cui si apre solo la voragine del sangue, del baratro, dell’abissale frantumazione. Certo, non è facile mantenersi ben saldi sui suoi principi, come, ad esempio, nell’identificazione (centrale) di mezzi e finalità, ma bisogna insistere, creando ed estendendo reti globali. Meritevole di sostegno è, in questo senso, la scelta gandhiana del Dalai Lama.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Francesco Pullia: In una prospettiva nonviolenta la morte non sancisce una cesura e non può caratterizzarsi come un evento traumatico. Nella compresenza capitiniana il trapassato concorrere ad aggiungere, a creare, realtà. Nella visione buddista, poi, la morte è un momento del samsara, del ciclo di nascite di cui noi dobbiamo essere consapevoli e responsabili. La morte è il tramite che maggiormente mi ricongiunge in modo corale alla vita.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza?

- Francesco Pullia: Indubbiamente il satyagraha attuato da Gandhi prima in Sudafrica e poi in India. Non dobbiamo, però, tralasciare le lotte degli operai soprattutto in Inghilterra all’inizio del Novecento nonché quei tentativi, tutt’altro che marginali, di resistenza popolare nonviolenta condotti nel Nord Europa contro i nazisti e, in minima parte, anche in Italia. Oggi mi pare che il movimento tibetano e in particolare il Dalai Lama abbiano recepito e stiano continuando l’esperienza gandhiana. Giudico molto positivamente anche le tecniche adottate dai dissidenti iraniani e dai cubani.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: È adeguato il rapporto tra movimenti nonviolenti italiani e movimenti di altri paesi? E come migliorarlo?

- Francesco Pullia: Non avverto, purtroppo, sinergia tra movimenti italiani e di altri paesi. Bisognerebbe pensare ad organizzare momenti di confronto tematici transnazionali e convegni sulle modalità di attuazione della strategia nonviolenta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali implicazioni e conseguenze?

- Francesco Pullia: L’ho già espresso precedentemente. La compresenza comporta responsabilità per l’altro e valorizzazione dell’altro, di qualsiasi forma di vita. Da ciò conseguono importanti scelte a livello soggettivo, a partire dal mangiare e, quindi, dalla straordinaria opportunità che è data dal vegetarianesimo.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni e conseguenze?

- Francesco Pullia: La nonviolenza, intesa come diuturno lavoro su di sè, comporta un cambiamento di rotta, una svolta a livello mentale. La consapevolezza del limite, della finitudine, è direttamente connessa e comporta un modo diverso di rapportarsi con gli altri, oltrepassando, tengo a precisarlo, l’ignobile barriera cartesiana dello specismo, vale a dire la presunzione che la specie umana sia centro e misura di tutto e possa liberamente sfruttare le altre forme viventi.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?

- Francesco Pullia: Nella direzione dell’ecosofia, della coscienza dell’abitare, del nostro essere qui ed ora.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Francesco Pullia: Sono nato a Terni il 4 novembre 1956. Mi sono laureato in Filosofia a Perugia nel 1980 ed ho conseguito nel 1985 il diploma della Scuola di specializzazione in Giornalismo e comunicazione di massa alla Facoltà di Scienze Politiche della Luiss di Roma. Sono radicale dal 1972, vegetariano, animalista convinto (o, per meglio dire, persuaso), iscritto da lungo tempo alla Lav, studioso di buddhismo. Ho approfondito il pensiero di Aldo Capitini che ritengo uno dei maggiori pensatori del secolo scorso.

Ho pubblicato nove libri di liriche (tra cui Le farfalle del Golgota, Ripostes, 1983; Visitazione della pietra, Ripostes, 1994; Indice di meraviglia, Ripostes, 1998; Partitura di fede e conoscenza, Ripostes, 2000; Il seme dell’accettazione, Ripostes, 2003; Ciò che ritorna quando s’affaccia l’alba, Premio Rhegium Julii, 2005, Nell’ora che svanisce tra le crepe, Mimesis, 2010), quattro di narrativa (Sulla soglia, la voce, Cappelli, 1987; Prova di luce, Ripostes, 1995; Il miele dell’officiante, Ripostes, 1997; Nei reami del falco, Ed. Il Torchio - La Bottega delle Meraviglie, 1998), quattro di saggistica d’argomento filosofico (Il dolce gomito, Cappelli, 1984; L’evidenza sensibile, Ellemme-Lucarini, 1991, Dalla schiuma del mondo, Mimesis, 2004, Dimenticare Cartesio. Ecosofia per la compresenza, Mimesis, 2010).

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Francesco Pullia: Sì. Vorrei che si comprendesse pienamente che la nonviolenza è tensione continua verso un’armonia. Talvolta, anzi sempre, è più dura della lotta armata perché parte dal presupposto di un radicale cambiamento di sè, di una messa in discussione della soggettività.