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La nonviolenza oggi in Italia: Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Norma Bertullacelli

Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Norma Bertullacelli, importante figura del movimento nonviolento, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.


- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Norma Bertullacelli: Negli anni della scuola, fine anni ’60, dapprima in maniera abbastanza confusa. Mi preparavo o incominciavo a diventare un’insegnante di scuola elementare, e cominciavo a rendermi conto di quanto fosse difficile educare “in libertà” i bambini alla libertà. L’insegnante repressivo fa certamente meno fatica, ed apparentemente ottiene risultati migliori sul piano della quantità di nozioni apprese, ma certamente non educa all’esercizio della libertà e della democrazia. Sembra banale, ma mi indignava pensare che pochi anni dopo il mio impegno e la mia fatica i miei alunni maschi sarebbero stati inquadrati nel cortile di una caserma a marciare avanti e indietro: erano ancora gli anni della leva obbligatoria, una tappa imprescindibile nella vita di un ragazzo. Paradossalmente mi indignava di più la negazione di libertà per il giovane coscritto, l’educarlo all’obbedienza “cieca, pronta ed assoluta”, come recitava allora il codice militare, che il fatto che venisse educato ad uccidere. Erano anni di guerra fredda, di equilibrio del terrore, ma non di guerre guerreggiate con la partecipazione diretta dell’Italia. Ed erano gli anni dei primi obiettori di coscienza; la lettura dei loro scritti mi ha fatto capire il valore della nonviolenza come scela strategica e non come semplice tattica di lotta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?

- Norma Bertullacelli: Credo i  primi obiettori coscienza, in particolare il primo, Pietro Pinna. I loro scritti erano convincenti soprattutto perché si trattava di persone che stavano pagando con il carcere militare le proprie scelte. Don Milani, non solo come autore della lettera ai cappellani militari, ma anche come autore della “Lettera ad una professoressa”. Ricordo poi distintamente di aver letto “La forza di amare” di Martin Luther King nell’estate del 1968. Era poi molto facile, in quegli anni, essere influenzati dai media: per esempio passavano per pacifisti anche personaggi come i fratelli Kennedy, che sono riusciti a far dimenticare al mondo chi ha iniziato la guerra in Vietnam...

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Norma Bertullacelli: Per la biblioteca pubblica e scolastica certamente il già citato “Lettera a una professoressa” di don Lorenzo Milani. È fondamentale l’accento che viene posto sull’importanza dell’acquisizione da parte di tutti dal sapere, condizione imprescindibile per l’esercizio della libertà e della democrazia. Ed è l’esatto contrario della scuola di oggi, competitiva, nozionista e meritocratica. E, dello stesso autore, “L’obbedienza non è più una virtù”. Si tratta, tra l’altro, di testi di lettura estremamente semplice, pur nella loro profondità. Ricordo che un anno usai la “Lettera” come testo per l’attività alternativa alla religione cattolica per degli alunni di quinta, che ne comprendevano perfettamente il linguaggio. Non mi risulta che le dichiarazioni degli obiettori siano mai state riunite in un unico testo, bisognerebbe andarle a cercare nella letteratura antimilitarista degli anni ’70. O forse negli archivi dell’amico Peppe Sini... E, ovviamente, i testi di Gandhi e di Martin Luther King. Anche per approfondire rimando alle bibliografie accuratissime di Peppe Sini. E, perché no, ai siti delle forze armate italiane...

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?

- Norma Bertullacelli: Certamente non conosco tutto ciò che avviene nel mondo in questa direzione, anche perché i media, di solito, non appartengono a personalità della nonviolenza... Cito un pò a caso Myanmar, le lotte nonviolente in Palestina, i refusnik israeliani... Andrebbero tutte sostenute con forza, anche se purtroppo, al di là della diffusione dell’informazione sulla loro esistenza, spesso ignorata, non riesco ad immaginare nulla. Per l’Italia, andrebbe scritto più di un libro... Vedo alcuni fronti di lotta: la diffusione dell’informazione e della consapevolezza; l’educazione alla libertà ed al sapere (cito spesso la poesia di Brecht “Devi sapere tutto”: impara bambino a scuola... impara, uomo in carcere... affamato, impugna un libro: è come un’arma. Non temere di fare domande, verifica le cose che leggi: ciò che tu non sai di tua scienza, in realtà non lo sai”; la lotta contro la guerra illegale, inutile e criminale nella quale l’Italia è direttamente coinvolta. E poi le mille esperienze in giro per l’Italia: la lotta contro il “vostro” aeroporto di Viterbo; il Dal Molin; le lotte contro la mafia e per l’utilizzo sociale dei beni confiscati; la nostra modesta "ora in silenzio" che va avanti ormai da nove anni... E mi piace pensare che ci siano in giro mille altre esperienze che non conosco, ma che daranno certamente frutti.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Norma Bertullacelli: È quasi ovvio che io indichi la scuola e la lotta contro la guerra in Afghanistan. Ma credo che i principi della nonviolenza possano essere applicati anche nelle liti condominiali.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Norma Bertullacelli: Il Movimento Nonviolento, il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, il Mir, la Loc, "Peacereporter", "Peacelink", la nostra Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Norma Bertullacelli: La nonviolenza è l’unico possibile fondamento della democrazia. Infatti prevede l’assunzione da parte di ciascuno/a della responsabilità di ciò che avviene, e lo/la impegna a lottare contro ogni ingiustizia.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, femminismo, ecologia, impegno antirazzista e per i diritti umani di tutti gli esseri umani, lotta antimafia, lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse, lotte di liberazione dei popoli oppressi, pacifismo, antimilitarismo, disarmo, diritto alla salute e all'assistenza?

- Norma Bertullacelli: Rimanderei per questa serie di domande alla risposta precedente. Il/la nonviolento/a non può tacere di fronte all’ingiustizia. Quindi non può accettare senza lottare il patriarcato, lo sfruttamento dei lavoratori, la distruzione della natura, il mondo diviso tra ricchi e poveri.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Norma Bertullacelli: Come un metodo decisionale che garantisce a ciascuno la possibilità di rifiutare le decisioni che non condivide, ma lo impegna a cercare il massimo possibile di convergenza con i/le compagni/e di lotta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?

- Norma Bertullacelli: Non saprei decidere quale sia la più importante, ma mi piacerebbe sottolineare l’importanza della disobbedienza civile. Un vecchio film americano si intitolava “Supponiamo che dichiarino la guerra e che nessuno ci vada”. Il film non era un capolavoro, ma che titolo!  *

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?

- Norma Bertullacelli: Con un approfondimento teorico, ma con la partecipazione diretta ad iniziative di lotta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?

- Norma Bertullacelli: Non sono esperta nel campo dell’addestramento: rimando alle riflessioni di Enrico Euli e di Carlo Schenone.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Norma Bertullacelli: Apprezzo molto il bollettino del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, anche se richiederebbe tempi di lettura e riflessione quasi impossibili per la maggior parte di noi. Seguo anche "Peacelink" e "Peacereporter".

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza; è così? E perché accade? E come potrebbero migliorare la qualità, la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Norma Bertullacelli: Purtroppo non sono in grado di rispondere a questa domanda.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Norma Bertullacelli: Sono nata nel 1952, sono figlia di un operaio metalmeccanico e di una casalinga. Sono stata la prima persona della mia famiglia a conseguire un diploma di scuola superiore.

Se potessi usare solo una parola per definire me stessa, direi che sono un’insegnante: non ho mai fatto altro, e non saprei fare nient’altro. Amo e credo nel mio lavoro, anche se dare un’occhiata veloce intorno dovrebbe bastare a farmi cambiare idea.

Sono contenta che questa vostra domanda mi inviti a ripercorrere la mia storia di pacifista, antimilitarista e nonviolenta, e vado ad elencare.

Nel 1970 e nel 1971 ho partecipato alla marcia antimilitarista Trieste-Aviano. Non riesco ad immaginare niente di più eterogeneo: dai radicali agli obiettori di coscienza; da Lotta Continua al movimento nonviolento di Pietro Pinna. Però fu una tappa fondamentale nella mia vita.

Negli anni successivi ho contribuito a fondare a Genova il Movimento Nonviolento, che faceva soprattutto attività di promozione dell’obiezione di coscienza e per il suo riconoscimento come diritto. Prima uscita a Genova: una contestazione all’alzabandiera del 4 novembre 1971.

Fino al 1989 si svolgeva a Genova ogni due anni la Mostra Navale, che noi ribattezzammo Mostra Navale Bellica, e così viene tuttora definita. Si trattava dell’esposizione del “meglio” dell’industria militare italiana.

La prima volta che tentammo un’azione di contestazione ci sedemmo in due davanti ai cancelli, e le auto degli espositori e della polizia ci aggirarono senza nemmeno prenderci in considerazione. All’ultima edizione, quella del 1989 eravamo migliaia: e la Fiera del mare non ospitò più la mostra e la "Rivista Militare Italiana" scrisse che Genova “non la meritava”. Non ci illudiamo di aver risolto il problema del commercio delle armi, ma credo che si sia trattato di esperienze significative.

Nel 1983 partecipai ai blocchi dei cancelli della base di Comiso: la polizia caricò con la stessa violenza che avremmo rivisto al G8 di Genova, ma non furono poche le persone che resistettero alla carica sedute al proprio posto davanti ai cancelli della base.

Nel 1999 arrivò, inaspettato, l’annuncio che Genova sarebbe stata la sede del g8, e cominciammo a darci da fare. Un’esperienza tragica, sotto molti punti di vista. Innanzitutto l’assassinio di Carlo Giuliani, che ancora aspetta verità e giustizia. Grandi rimpianti e riflessioni autocritiche nel nostro gruppo pacifista: fummo i primi a mobilitarci e ad organizzarci ( la prima assemblea contro il g8 porta la data del 13 dicembre ’99 e si svolse nella nostra sede), ma non riuscimmo a far sentire la nostra voce  quando le “grosse organizzazioni”  diventarono maggioritarie nel Genoa Social Forum. E questo avvenne nonostante il fatto che la nostra proposta ed il gruppo che mettemmo in piedi, la Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti, avesse ottenuto sostegni autorevoli, da Samir Amin a padre Zanotelli, da George Houtart a Josè Bovè. Ci piace però ricordare che in quella “carta di intenti” era esplicito e condiviso il riferimento alla nonviolenza.

La nostra proposta di assedio pacifico degli otto (circondiamo i cancelli, le gabbie e le transenne, e non ci muoviamo di lì) ottenne scarsa attenzione: la maggio parte preferì il corteo “militante” dei centri sociali o le “piazze tematiche” lontano dalla zona rossa.

Da quasi dieci anni partecipo all’“ora in silenzio per la pace”: presenza ogni mercoledì dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di Genova (scelto non a caso: fu il palazzo dove si svolse il g8) contro tutte le guerre, in particolare quelle che coinvolgono l’Italia in modo diretto. Siamo arrivati/e alla 422sima ora: i volantini che abbiamo distribuito possono essere letti su  http://www.orainsilenzioperlapace.org/  Perdonate l’immodestia, ma, visto che lo avete chiesto, cito anche le mie (“ben”) tre pubblicazioni: due ricerche sulla didattica della fisica sulla rivista della Società Italiana di Fisica; ed una ricerca sui risultati scolastici nelle scuole medie superiori che dimostra che nelle classi più numerose è più probabile essere bocciati ( per lo meno, lo era nel 1990...).

*

- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Norma Bertullacelli: Buon lavoro!

 

Fonte: Centro Ricerca per la Pace di Viterbo