Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Sonia Giardina, giornalista e regista cinematografica, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Sonia Giardina: Mio padre era un ambientalista e un militante della nuova sinistra. All’età di cinque anni mi portava alle manifestazioni contro l’installazione dei missili Cruise nella base Nato di Comiso (in provincia di Ragusa). Erano i primi anni '80. Ho pochi ricordi di quel periodo. Conservo soprattutto delle immagini e delle sensazioni. Mi piaceva sventolare la bandiera italiana fatta da mio padre in carta velina. Avevo capito poco di quello che stava accadendo, ma sapevo che c’erano due schieramenti: delle persone disposte a qualsiasi forma di violenza, pronte a uccidere pur di realizzare i propri interessi, ed altre che sognavano e lottavano per un mondo senza guerra nè odio... Poi, penso che non ci sia stato un evento o un incontro scatenante a spingermi verso la nonviolenza. È stata piuttosto una lenta maturazione, la crescita di un modo di pensare e di agire in cui la nonviolenza è una necessità e un valore da portare avanti quotidianamente.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?
- Sonia Giardina: Non ho figure elette di riferimento, perché innumerevoli sono i tentativi di impegno nonviolento sino ad oggi. Piccoli pezzi di lotta per un mondo diverso, con metodi e forme spesso contrastanti. Ognuno dà il suo apporto, secondo il suo percorso, la sua tradizione e la sua visione del mondo. Alcuni hanno spesso operato distaccandosi dal concetto più diffuso e riduttivo di nonviolenza. Anche Malcolm X rappresenta una tappa importante della nonviolenza, se con questo termine si intende la lotta contro la violenza che un Stato, un sistema o un singolo possono esercitare sugli uomini.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Sonia Giardina: Le Lettere dei condannati a morte della Resistenza e Se questo è un uomo, innanzitutto.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?
- Sonia Giardina: Tutti i percorsi di resistenza e lotta che mirano a un mondo migliore e alla difesa dei diritti fondamentali dell’uomo, il diritto alla vita e quello all’autodeterminazione primi fra tutti.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Sonia Giardina: La nostra società si basa sull’oppressione purtroppo. L’impegno nonviolento deve abbracciare tutti i campi. Non ci sono ambiti privilegiati, anche se ci sono individui che subiscono una violenza maggiore rispetto ad altri. Ovunque deve nascere o deve continuare a crescere un impegno di resistenza perché senza la resistenza si rinuncia ad un mondo di libertà e di democrazia, basato sul rispetto degli altri.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Sonia Giardina: Consiglio semplicemente un impegno quotidiano per il bene del singolo e dell’intera collettività. Ognuno può scegliere il gruppo o l’associazione che porta avanti il progetto più vicino al proprio modo di pensare ed agire.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Sonia Giardina: Per me non si può dissociare la nonviolenza dalla resistenza. Perché se la violenza in un paese pseudo-democratico o meno corrisponde all’indifferenza e al cinismo, alla prevaricazione e all’affermazione degli interessi di una minoranza sui diritti della maggioranza (in primo luogo il diritto ad un tetto, alla libera espressione, all’istruzione, al lavoro e alla sanità), l’unica nostra risposta è la resistenza. Resistere, anche se questo può significare restare fuori posto. Ma non concepisco l’accettazione passiva, l’essere costretti ad una vita o a qualcosa che mai avremmo voluto. Ogni giorno si subisce la violenza di un sistema in cui non ci si ritrova, che non si riconosce come proprio. E allora è necessaria la lotta per un mondo migliore. Per molti potrebbe sembrare un sogno, una follia. Ma è pur sempre un piccolo tassello nella costruzione di un mondo migliore. Insomma, io non credo in una nonviolenza intesa come accettazione, come non-risposta, sarebbe una rinuncia alla libertà di tutti.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull’educazione?
- Sonia Giardina: L’importanza di far acquisire a ciascuno di noi la consapevolezza della propria responsabilità nella lotta verso la liberazione, nel non farci soggiogare, nel perseverare nel cammino della nonviolenza e nella costruzione di un mondo per l’uomo in cui la libertà di ognuno sia la base della libertà dell’altro.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
- Sonia Giardina: Come condivisione delle scelte. Credo profondamente nella democrazia partecipata.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Sonia Giardina: Voglio parlare della nonviolenza nell’ambito dell’informazione a Catania, la città in cui vivo. Tante piccole testate ("UCuntu", "La periferica", "Catania possibile", "I Cordai", ecc.) promuovono un’informazione libera contro la violenza delle falsità e delle manipolazioni imposte dai grandi quotidiani locali e nazionali. Qui da noi quasi tutte le testate locali appartengono ad un unico imprenditore che controlla tv, radio e pubblicità. Si chiama Mario Ciancio ed è il piccolo Berlusconi del sud. Io faccio parte di "UCuntu" (e non solo), magazine online che prosegue l’esperienza di Giuseppe Fava, giornalista ucciso dalla mafia negli anni '80. "Ucuntu" non è l’unica l’esperienza a Catania, tanti altri giornali lottano contro un sistema informativo che schiaccia e violenta il diritto dei cittadini ad essere informati e il dovere dei giornalisti ad informare. Questa è la nostra lotta, raccontiamo la Catania che i media nascondono, facciamo informazione dal basso. Resistiamo assieme, condividendo gli obiettivi anche se ricorrendo a forme e pratiche diverse. Ogni giorno facciamo rete, perché solo se si è uniti le forze si moltiplicano e si può creare una vera alternativa.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Sonia Giardina: L’impegno nonviolento è uno solo, poi si declina in molteplici ambiti con forme diverse. Non bisogna mai perdere di vista l’insieme, l’importanza di una risposta collettiva alla violenza esercitata dal sistema. Non bisogna procedere per compartimenti stagni: antirazzismo, femminismo, ambientalismo sono forme di opposizione al sistema. Se non vengono inquadrati in un’ottica complessiva, perdono di significato diventando delle lotte con rivendicazioni prive di una progettualità ampia. Tale progettualità può nascere solo da una duplice consapevolezza: cioè che stiamo subendo la violenza di un sistema e che senza un fronte comune imbocchiamo un vicolo cieco.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Sonia Giardina: È la stessa risposta data alla domanda precedente.
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Sonia Giardina: Come dicevo prima, cerco di fare informazione scrivendo su diversi giornali. Ma non solo. Sono una regista cinematografica e la forma espressiva da me prediletta è quella documentaristica. Sento il bisogno di raccontare tutti gli sforzi di resistenza dell’uomo; la videocamera è il prolungamento del mio occhio, fa parte del mio corpo perché registra attraverso le immagini il mio modo di interagire con gli altri, i miei sussulti, i miei gridi, la mia ricerca. Con la camera esploro i meccanismi nascosti sotto l’apparenza delle cose. Mi interessano gli uomini, cosa essi sentono di fronte ai soprusi del sistema e come rispondono a tali violenze. Nel mio piccolo è quello che faccio quando filmo e poi quando monto. Insegno anche cinema a bambini, ragazzi e adulti. E con loro cerco di fare lo stesso percorso tentando di sviluppare capacità critiche verso le immagini che ci bombardano ogni giorno e di esplorare il mondo raccontandolo per immagini.