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La strage, le armi (Mao Valpiana)

Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza, n. 648 del 23 novembre 2008 

Pietà e silenzio per i cinque morti della strage di San Felice. Quattro assassinati e un omicida-suicida. Una tragedia cittadina.
Ci sarà modo per riflettere sulle cause profonde. Ma ora è urgente impedire da subito che altre morti simili possano avvenire. È necessario eliminare gli strumenti materiali che rendono "possibili e facili" queste morti assurde. Troppo armi sono presenti nelle case. Anziché garantire sicurezza, le armi rendono più insicure le vite di chi le possiede.

Chiediamoci: perché un tranquillo commercialista, con moglie e figli, possedeva tante pistole? Con quale motivazione ha chiesto e ottenuto il porto d'armi? Ora è tragicamente evidente a tutti che l'insicurezza maggiore è proprio all'interno delle famiglie e delle case: i politici professionisti della paura e della sicurezza, parleranno ancora di "pericolo clandestini"? Riusciranno ancora a giustificare provvedimenti ridicoli e inutili per garantire la sicurezza di camminare tranquilli per strada (mentre il pericolo vero, soprattutto per donne e minori, è proprio nel momento in cui si entra a casa propria)? La cultura della paura, del sospetto, della "sicurezza", porta con sè il germe perverso della difesa a tutti i costi dalle possibili aggressioni, e questo favorisce il proliferare di armi di difesa personale, che poi si trasformano, nell'occasione del delirio o della perdita di lucidità, in strumenti assassini per uccidere proprio gli affetti più vicini.
È la cultura delle armi che va abolita, subito.
Purtroppo, invece, proprio in questi giorni a Verona le armi vengono presentate come un modello per i giovani. È scandaloso che alla fiera Job lo stand più grande, più visibili, e quindi più frequentato, sia proprio quello dei militari, con tanto di esposizione di armi anche "di difesa personale". Dal Job ci saremmo aspettati proposte più educative, più costruttive, più positive. Non ci si lamenti, poi, se crescono generazioni di giovani che non sono in grado di risolvere i propri conflitti, che non sanno riconoscere le proprie debolezze, i propri lati oscuri, e che diventati adulti non sanno gestire le inevitabili crisi e ricorrono nei casi più estremi alla furia omicida, utilizzando lo strumento più facile a disposizione, l'arma.
Nel giorno di lutto cittadino, per i funerali dei cinque familiari, ci aspettiamo che le autorità civili e religiose sappiano individuare il disagio profondo di una società che ha permesso alle armi di entrare nell'intimità delle case al posto della capacità di affrontare e risolvere i conflitti familiari con il dialogo e la nonviolenza.