Il mio primo serio approccio alla nonviolenza risale a quasi una quarantina di anni fa, quando nell'ambito di un corso di preparazione ad un impegno di volontariato internazionale ho partecipato ad un seminario di due giorni animato da Jean Goss. Due particolari mi sono sempre rimasti impressi, la prima che dobbiamo essere segni di contraddizione nella nostra società e la seconda che dobbiamo con costanza e coraggio (ma anche con serenità ed empatia) interpellare le autorità ed i nostri interlocutori, mettendoli sempre di fronte alle proprie responsabilità. Mi avevano impressionato i suoi resoconti degli incontri con le massime autorità di molti Paesi comunisti dell'Est europeo, dove si recava regolarmente per chiedere libertà e rispetto dei diritti umani e delle coinvolgenti esperienze di riconciliazione vissute in tutto il mondo. Nei successivi tre anni e mezzo di volontariato in Sud America ho dovuto forzatamente poi confrontarmi con le dittature militari che mi hanno fatto riflettere sul tema del militarismo e delle assurde spese militari in particolare in quei Paesi dove la gente soffre ancora la fame.
Rientrato nel 1976 in Svizzera ho deciso di impegnarmi in particolare su due fronti: la lotta per il riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare e l'introduzione di un commercio equo e solidale. Con il Gruppo ticinese per il servizio civile (ora Centro per la nonviolenza della Svizzera italiana) ci siamo battuti con ogni mezzo (iniziative popolari, manifestazioni, organizzazione di scioperi della fame di obiettori in carcere, pubblicazione del trimestrale "Obiezione!", ecc.) per introdurre anche da noi un servizio civile, che abbiamo finalmente ottenuto solo nel 1996. Mentre con l'Associazione "Prodotti Terzo Mondo" (ora "Botteghe del Mondo") abbiamo aperto i primi punti di vendita del Commercio equo che sono stati anche stimolo e modello per la successiva introduzione di questo commercio anche in Italia. Più tardi a livello locale ci siamo concentrati anche sulla lotta per una migliore qualità di vita, per la salvaguardia del verde cittadino e contro gli abusi della partitocrazia dominante, che ci ha portato a creare il Movimento "Bellinzona vivibile", che è anche entrato come lista civica nel Consiglio comunale della città.
La nostra è sempre stata, e resta comunque, una lotta lunga, impari e controcorrente, confrontata con l'arroganza e la prepotenza del potere, militare o civile che sia, che può effettivamente anche scoraggiare, specialmente coloro che vorrebbero sempre vedere risultati immediati. D'altra parte, nel momento in cui non dovessimo più incontrare ostacoli o tentativi di emarginazione, dovremmo seriamente chiederci se stiamo ancora svolgendo correttamente il nostro lavoro o non abbiamo snaturato i nostri obbiettivi volti ad un cambiamento radicale della società. L'importante è continuare a fare un lavoro serio, rigoroso e documentato, con coerenza e determinazione, senza paura della marginalità. Ciò non toglie che maggiori contatti ed un migliore coordinamento e sostegno reciproco favorirebbe senz'altro la nostra azione (l'unione fa la forza). Nel nostro caso, l'ubicazione geografica, la frontiera con l'Italia e la diversità di lingua e cultura con gli amici confederati non ci aiuta di certo.
Da quanto brevemente esposto risulta per me evidente il legame tra la nonviolenza e la solidarietà, l'ecologia, l'impegno antirazzista e per la giustizia, la dignità e i diritti umani (compresi quelli delle donne), contro le mafie, gli sfruttamenti e le oppressioni di ogni genere e quindi in generale con la costruzione della pace. Non voglio comunque dimenticare il disarmo e l'eliminazione degli eserciti, strumento totalmente inadeguato e controproducente alla risoluzione dei conflitti. Nell'ambito dell'antimilitarismo faccio comunque fatica a capire come certi gruppi (anarchici, autogestiti...) non riescono ancora a metterlo in relazione con la nonviolenza.
Il nostro impegno nella promozione della nonviolenza dovrebbe dirigersi principalmente ai giovani, evidentemente con un'opera educatrice che non prescinda però anche da alcune misure coercitive, come ad esempio la messa al bando dei giochi elettronici e dei film violenti. Si potrebbe ad esempio sfruttare meglio anche la Giornata mondiale della nonviolenza. Al proposito bisognerebbe però riuscire a coinvolgere gruppi un pò meno "etichettati" dei nostri. In effetti spesso incontriamo un rifiuto per principio delle nostre proposte, considerate di un gruppo "troppo estremista". Vorrei al proposito ricordare l'episodio della Commissione contro la violenza giovanile istituita un paio di anni fa dall'autorità cantonale, dopo l'uccisione a calci e pugni di un giovane da parte di suoi coetanei. La nostra richiesta di far parte di quella commissione o perlomeno di tener conto delle nostre proposte d'intervento sono state "diplomaticamente" rifiutate. Evidentemente l'educazione alla violenza del servizio militare non è purtroppo mai messa in discussione.
Infine, tra le numerosissime pubblicazioni su e di personaggi e sui temi connessi alla nonviolenza, spesso molto pesanti da leggere, per stimolare le riflessioni vorrei perlomeno ricordare alcuni brevi libretti: La nonviolenza spiegata ai giovani, di Jacques Semelin; La personalità nonviolenta, di Giuliano Pontara; Ogni giorno un pensiero, di Gandhi; e Come i nemici diventano amici, di Hildegard Goss Mayr, ricollegandomi così in conclusione con l'inizio delle mie riflessioni e con i primi ispiratori del mio cammino verso la nonviolenza.
Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo
Nonviolenza: costanza e coraggio, serenità ed empatia
- Luca Buzzi
- Categoria: Approfondimenti sulla nonviolenza
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