Coordinamento Provinciale per la Pace
Documento - appello,
prime sottoscrizioni: Accademia Apuana della Pace, ARCI Carrara Lunigiana, ATTAC, CGIL Massa Carrara, Democratici di Sinistra di Massa, Partito della Rifondazione Comunista di Massa Carrara, PuntoRosso Carrara
Chiunque voglia sottoscrivere lappello e partecipare ai lavori del Coordinamento è pregato di inviare una mail a:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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Noi, associazioni, sindacati, forze politiche, singole e singoli cittadini, che ci sentiamo impegnati a costruire un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà, che ripudiamo il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati, avvertiamo lurgenza e la necessità di tornare a costruire, attraverso tappe condivise, una mobilitazione, la più ampia e duratura possibile, capace di lanciare la propria sfida contro la guerra senza se e senza ma.
LIraq e lAfghanistan, in cui ancora si susseguono le stragi e gli attentati, ed il quotidiano numero di vittime civili non accenna a diminuire, mostrano fino in fondo il fallimento della folle logica della guerra preventiva ed unilaterale portata avanti dallamministrazione Bush col sostegno dei governi inglese, italiano e spagnolo di Blair, Berlusconi ed Aznar.
Nonostante i costi incommensurabili per le perdite in vite umane, innanzitutto, per la distruzione di infrastrutture, per i disastri ecologici, per i danni inquantificabili a patrimoni storici e culturali che appartengono allintera umanità, nonostante il dispiegamento di risorse finanziarie senza precedenti al servizio della guerra al terrorismo, solo il terrore è cresciuto nel nostro mondo, che cammina sempre più pericolosamente sul crinale dello scontro fra civiltà.
Malgrado tutto questo, la logica sciagurata della guerra preventiva ha trovato nel governo israeliano un convinto interprete. Laggressione militare portata avanti per 34 giorni da Israele contro uno stato sovrano, il Libano, con un uso spropositato della forza, non può trovare giustificazione negli attacchi degli hezbollah e nel rapimento di due militari israeliani. Essa è avvenuta in piena violazione del diritto internazionale ed ha prodotto migliaia di vittime civili, fra cui tantissimi bambini, oltre un milione di sfollati dai paesi e dalle città rase al suolo, la distruzione sistematica delle infrastrutture, strade e ponti. Non sono stati risparmiati dai bombardamenti israeliani né i convogli umanitari né gli osservatori ONU. Ed il tragico conto delle vittime è destinato a continuare per la quantità di ordigni inesplosi di cui è disseminato oggi il suolo libanese.
LONU ha assistito impotente di fronte a questo ennesimo massacro per ben 34 giorni, prima di intervenire con la risoluzione 1701.
Finalmente la comunità internazionale, con la diplomazia e la politica, ha raggiunto lobiettivo, minimo quanto fondamentale, del cessate il fuoco, aprendo un flebile spiraglio alla pace.
Oggi i militari italiani sono in Libano nellambito della missione di interposizione sotto egida ONU.
E indubbio che per arrestare la spirale di violenza che sempre più insanguina il Medio Oriente, e si estende pericolosamente al resto del mondo, sia più che mai necessario limpegno attivo della comunità internazionale, ma lesito di un tale impegno dipende dalle condizioni in cui verrà attuato e condotto.
Le Nazioni Unite, lONU che oggi guida la missione, non è certo quella ONU dei popoli che il movimento pacifista da decenni auspica. E una ONU anacronistica, fondata sugli assetti definiti col secondo conflitto mondiale, in cui il potere delle superpotenze, esercitato attraverso il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, fa sì che troppo spesso agisca con 2 pesi e 2 misure e, come nel caso del Libano, con grave ritardo.
Ma nonostante questo è necessaria una garanzia assoluta che il comando della Forza di Interposizione rimanga saldamente in mani ONU e non possa essere trasferito in nessun momento alla NATO.
Riteniamo condizione fondamentale che non facciano parte della Forza di Interposizione militari di un paese che non sia rigorosamente equidistante tra i due belligeranti.
LItalia ha sottoscritto nel 2005 con Israele un Accordo di Cooperazione Militare che oggi, coi militari italiani direttamente coinvolti nella missione, deve essere sospeso, così come impone il Diritto Internazionale.
Einoltre assolutamente necessario che le spese della missione non comportino riduzione della spesa sociale, ma rientrino nel bilancio del Ministero della Difesa per le missioni militari italiane allestero.
E indispensabile che la comunità internazionale assuma la centralità della questione palestinese e trovi con urgenza le modalità per intervenire a Gaza e nei territori palestinesi occupati dalle truppe israeliane.
Restiamo tuttavia convinti che linterposizione militare, anche nelle migliori condizioni, non potrà mai essere risolutiva per il conflitto in Medio Oriente.
Non ci potrà essere pace vera e duratura in Medio Oriente finché non sarà risolta la questione palestinese, a partire dalla costruzione di un vero stato di Palestina, con continuità territoriale e pienamente sovrano, e da uno stato di Israele governato con lobiettivo di imboccare una volta per tutte la via della pace, attraverso il dialogo con gli stati vicini, rifuggendo la tentazioni allegemonia economica e militare a fianco degli USA sullarea mediorientale e comprendendo che la propria sicurezza, condizione legittima ed irrinunciabile per ogni popolo ed ogni stato, se conquistata con la guerra e con la violazione delle più elementari norme del diritto internazionale potrà essere solo effimera.
Allo stesso modo, nel rispetto del principio di autodeterminazione, occorre garantire piena sovranità al popolo libanese sul proprio territorio, con le forme che democraticamente vorrà darsi per esercitarla nello spirito della convivenza pacifica fra le sue componenti.
Noi non crediamo che la pace duratura e la vera democrazia possano essere imposte con le armi e per questo auspichiamo di non dovere più assistere a partenze di italiani armati, ci mobilitiamo per unaltra politica, che non contempli il ricorso alla guerra né come sua prosecuzione con altri mezzi, né come semplice possibilità. Una politica che sappia costruire la pace con la pace, con la cooperazione alla pari, lamicizia, il dialogo, che investa seriamente risorse nellinterposizione non violenta e nei corpi civili di pace. Questo è ciò su cui chiediamo al governo italiano di attivarsi.
Una politica da cui nessun vantaggio potranno trarre né i partiti di dio nei paesi arabi, né le multinazionali del petrolio nelloccidente ricco.
Questo il messaggio che intendiamo mandare ai popoli del medioriente cui viene negato il diritto a vivere in pace: la nostra azione, il nostro impegno concreto, attraverso linformazione e la sensibilizzazione delle nostre comunità, contro le guerre preventive e sempre più permanenti, contro i terrorismi ed i fondamentalismi, contro ogni logica imperiale o imperialista, convinti che solo con laffermazione dei principi di libertà e fratellanza nella giustizia sociale potranno essere poste le basi per il realizzarsi di una vera democrazia dei popoli.
Per la Pace, verso laffermazione di questi principi, invitiamo la società civile, le forze politiche, le organizzazioni sindacali, le donne e gli uomini della Provincia di Massa Carrara alla più ampia mobilitazione.
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Noi, associazioni, sindacati, forze politiche, singole e singoli cittadini, che ci sentiamo impegnati a costruire un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà, che ripudiamo il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati, avvertiamo lurgenza e la necessità di tornare a costruire, attraverso tappe condivise, una mobilitazione, la più ampia e duratura possibile, capace di lanciare la propria sfida contro la guerra senza se e senza ma.
LIraq e lAfghanistan, in cui ancora si susseguono le stragi e gli attentati, ed il quotidiano numero di vittime civili non accenna a diminuire, mostrano fino in fondo il fallimento della folle logica della guerra preventiva ed unilaterale portata avanti dallamministrazione Bush col sostegno dei governi inglese, italiano e spagnolo di Blair, Berlusconi ed Aznar.
Nonostante i costi incommensurabili per le perdite in vite umane, innanzitutto, per la distruzione di infrastrutture, per i disastri ecologici, per i danni inquantificabili a patrimoni storici e culturali che appartengono allintera umanità, nonostante il dispiegamento di risorse finanziarie senza precedenti al servizio della guerra al terrorismo, solo il terrore è cresciuto nel nostro mondo, che cammina sempre più pericolosamente sul crinale dello scontro fra civiltà.
Malgrado tutto questo, la logica sciagurata della guerra preventiva ha trovato nel governo israeliano un convinto interprete. Laggressione militare portata avanti per 34 giorni da Israele contro uno stato sovrano, il Libano, con un uso spropositato della forza, non può trovare giustificazione negli attacchi degli hezbollah e nel rapimento di due militari israeliani. Essa è avvenuta in piena violazione del diritto internazionale ed ha prodotto migliaia di vittime civili, fra cui tantissimi bambini, oltre un milione di sfollati dai paesi e dalle città rase al suolo, la distruzione sistematica delle infrastrutture, strade e ponti. Non sono stati risparmiati dai bombardamenti israeliani né i convogli umanitari né gli osservatori ONU. Ed il tragico conto delle vittime è destinato a continuare per la quantità di ordigni inesplosi di cui è disseminato oggi il suolo libanese.
LONU ha assistito impotente di fronte a questo ennesimo massacro per ben 34 giorni, prima di intervenire con la risoluzione 1701.
Finalmente la comunità internazionale, con la diplomazia e la politica, ha raggiunto lobiettivo, minimo quanto fondamentale, del cessate il fuoco, aprendo un flebile spiraglio alla pace.
Oggi i militari italiani sono in Libano nellambito della missione di interposizione sotto egida ONU.
E indubbio che per arrestare la spirale di violenza che sempre più insanguina il Medio Oriente, e si estende pericolosamente al resto del mondo, sia più che mai necessario limpegno attivo della comunità internazionale, ma lesito di un tale impegno dipende dalle condizioni in cui verrà attuato e condotto.
Le Nazioni Unite, lONU che oggi guida la missione, non è certo quella ONU dei popoli che il movimento pacifista da decenni auspica. E una ONU anacronistica, fondata sugli assetti definiti col secondo conflitto mondiale, in cui il potere delle superpotenze, esercitato attraverso il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, fa sì che troppo spesso agisca con 2 pesi e 2 misure e, come nel caso del Libano, con grave ritardo.
Ma nonostante questo è necessaria una garanzia assoluta che il comando della Forza di Interposizione rimanga saldamente in mani ONU e non possa essere trasferito in nessun momento alla NATO.
Riteniamo condizione fondamentale che non facciano parte della Forza di Interposizione militari di un paese che non sia rigorosamente equidistante tra i due belligeranti.
LItalia ha sottoscritto nel 2005 con Israele un Accordo di Cooperazione Militare che oggi, coi militari italiani direttamente coinvolti nella missione, deve essere sospeso, così come impone il Diritto Internazionale.
Einoltre assolutamente necessario che le spese della missione non comportino riduzione della spesa sociale, ma rientrino nel bilancio del Ministero della Difesa per le missioni militari italiane allestero.
E indispensabile che la comunità internazionale assuma la centralità della questione palestinese e trovi con urgenza le modalità per intervenire a Gaza e nei territori palestinesi occupati dalle truppe israeliane.
Restiamo tuttavia convinti che linterposizione militare, anche nelle migliori condizioni, non potrà mai essere risolutiva per il conflitto in Medio Oriente.
Non ci potrà essere pace vera e duratura in Medio Oriente finché non sarà risolta la questione palestinese, a partire dalla costruzione di un vero stato di Palestina, con continuità territoriale e pienamente sovrano, e da uno stato di Israele governato con lobiettivo di imboccare una volta per tutte la via della pace, attraverso il dialogo con gli stati vicini, rifuggendo la tentazioni allegemonia economica e militare a fianco degli USA sullarea mediorientale e comprendendo che la propria sicurezza, condizione legittima ed irrinunciabile per ogni popolo ed ogni stato, se conquistata con la guerra e con la violazione delle più elementari norme del diritto internazionale potrà essere solo effimera.
Allo stesso modo, nel rispetto del principio di autodeterminazione, occorre garantire piena sovranità al popolo libanese sul proprio territorio, con le forme che democraticamente vorrà darsi per esercitarla nello spirito della convivenza pacifica fra le sue componenti.
Noi non crediamo che la pace duratura e la vera democrazia possano essere imposte con le armi e per questo auspichiamo di non dovere più assistere a partenze di italiani armati, ci mobilitiamo per unaltra politica, che non contempli il ricorso alla guerra né come sua prosecuzione con altri mezzi, né come semplice possibilità. Una politica che sappia costruire la pace con la pace, con la cooperazione alla pari, lamicizia, il dialogo, che investa seriamente risorse nellinterposizione non violenta e nei corpi civili di pace. Questo è ciò su cui chiediamo al governo italiano di attivarsi.
Una politica da cui nessun vantaggio potranno trarre né i partiti di dio nei paesi arabi, né le multinazionali del petrolio nelloccidente ricco.
Questo il messaggio che intendiamo mandare ai popoli del medioriente cui viene negato il diritto a vivere in pace: la nostra azione, il nostro impegno concreto, attraverso linformazione e la sensibilizzazione delle nostre comunità, contro le guerre preventive e sempre più permanenti, contro i terrorismi ed i fondamentalismi, contro ogni logica imperiale o imperialista, convinti che solo con laffermazione dei principi di libertà e fratellanza nella giustizia sociale potranno essere poste le basi per il realizzarsi di una vera democrazia dei popoli.
Per la Pace, verso laffermazione di questi principi, invitiamo la società civile, le forze politiche, le organizzazioni sindacali, le donne e gli uomini della Provincia di Massa Carrara alla più ampia mobilitazione.
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