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Momenti di quotidiana lotta contro il lessico della paura

L'articolo de La Nazione del 6 giugno, sul convegno dell’Asl 1 del giorno precedente a Carrara sul bilancio di un anno di accoglienza e assistenza ai richiedenti asilo, fa indignare.

Vi si legge: “Il 50% dei profughi ha la tbc”… “Allarme tubercolosi, un immigrato su due è infetto”… “la totalità di quanti arrivano è affetta da epatite A”... “uno su tre ha l’epatite C, il 25 per cento l’epatite B”… “solo il 5% ha la scabbia”… “Problemi di contagio quindi sia per quanto riguarda la tubercolosi così come per la poliomielite”…

Tutto questo mentre i dati presentati al convegno mostrano che nessuno dei rifugiati è stato trovato infetto per la TBC in atto e - affinché lo capissero anche i non addetti – è stato detto e ripetuto più volte con chiarezza espositiva. Hanno positività al test Mantoux e questo indica la presenza di anticorpi e non della malattia. La presenza di anticorpi per l'epatite non significa malattia ma segno di pregresso contatto con il virus. Le persone con scabbia non sono il 5% ma 5 a numero e curate senza problemi. Nessuno ha parlato di problemi di contagio per la tubercolosi né per la poliomielite.

L’allarmismo è assemblato.

In Lunigiana abbiamo già avuto il rimbalzo dell'articolo. Due persone vicine di casa di un gruppo di richiedenti asilo, allarmate, hanno fermato uno di volontari dei volontari dicendo che hanno un nipote piccolo che li viene sempre a trovare e che ora non lo fanno più venire e alla fine stanno valutando di trasferirsi, dicendo questo con dispiacere perché sono contenti della situazione che vivono molto bene. La volontaria, che pure era presente al convegno, ha spiegato la situazione rassicurandoli e loro ragionevolmente hanno creduto alla sua parola ribadendo però che comunque "era scritto sul giornale"!

La prima considerazione è che le responsabilità della stampa in tema di immigrazione sono state oggetto di dibattito durante lo stesso convegno ma di questo non si fa alcun cenno nell’articolo. Argomento intoccabile dunque, a conferma del classico “È la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente... niente!”

La seconda considerazione è la scarsa importanza che la Asl 1 di Massa Carrara attribuisce al tema della comunicazione. Non è più accettabile che tanti operatori dell'Asl si impegnino per costruire quotidianamente con rigore e passione, come è emerso al convegno, un protocollo di assistenza dignitosa e qualificata per i rifugiati per poi vedere il loro lavoro raso al suolo dall’articolo di un quotidiano impegnato con accanimento a diffondere il lessico della paura.

E’ sensato chiedere che la Asl si attrezzi adeguatamente sul piano comunicativo modificando una strategia di non intervento che si è dimostrata fallimentare. Sono compiti istituzionali il monitoraggio della stampa, i comunicati stampa per diffondere in tempo reale i dati presentati in un convegno, risposte e ribattute in tempo reale a scorrettezze informative, le segnalazioni all’autorità di un eventuale reato di “procurato allarme”.

Non è accettabile che gli operatori della salute siano lasciati soli nella costruzione di un modello sostenibile e civile di accoglienza, di assistenza e di integrazione sociale.

Durante il convegno qualcuno ha detto: “l’incontro con i rifugiati ha cambiato il mio modo di pensare”. E’ auspicabile da quest’incontro nasca un nuovo modo di pensare anche da parte del Servizio Sanitario Nazionale e ancor di più da parte del mondo dell'informazione.

Si diceva ancora quella mattina della necessità di abbandonare un approccio emergenziale all'accoglienza iniziando a praticarla nella normalità della attività quotidiana dei servizi. Anche la controinformazione e la lotta contro il lessico della paura deve uscire dall'emergenza e diventare prassi quotidiana di ogni servizio, di ogni istituzione, di ogni operatore, di ogni cittadino. Diamoci da fare.


Severino Filippi