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I giornalisti e gli editori

Parliamo della servitù di stampa. Alcune piccole notizie comparse sui quotidiani negli stessi giorni: a) licenziato in Cina il giornalista che ha segnalato l’assassinio da parte dei poliziotti di un giovane rinchiuso in un istituto perché diventato «dipendente» di internet; b) un giornale dell’esercito Onu afferma che in Afghanistan si schedano i giornalisti «buoni» e «cattivi»; c) la moglie (d’origini italiane) del giornalista iraniano-canadese ringrazia il governo italiano per l’interessamento nei confronti del marito, arrestato in Iran perché raccoglieva notizie sulle elezioni; d) in Borsa si guarda con attenzione agli acquisti di azioni delle Generali da parte del «più famoso costruttore italiano, il cavaliere del lavoro Francesco Gaetano Caltagirone, suocero del leader centrista Pier Ferdinando Casini e proprietario di un robusto impero editoriale». Virgolette dei mass media.

In Italia c’è una continua battaglia contro i giornalisti, che sono buoni o cattivi, ignoranti o istruiti, laboriosi o scansafatiche, intelligenti o stupidi e via dicendo, esattamente come tutti gli altri lavora tori. Una cosa risaputa. Ma contro i giornalisti è in atto una vera campagna di diffamazione. Partita da chi ha avuto conti con la giustizia, da Mani pulite in avanti, questa campagna ha interessato le classi sociali finanziariamente più importanti con le loro reti di faccendieri e guardaspalle e quella che si autoproclama «classe politica» (la «Casta» come invece la chiamano i giornalisti Rizzo e Stella del «Corriere della sera»).

Queste persone che fanno e disfano le leggi hanno diffuso con grande rapidità in tutta la società italiana il massimo discredito possibile verso i giornalisti. Per quali motivi? Uno soprattutto: la difesa di interessi personali che, essendo dannosi per la comunità nazionale, non devono essere divulgati. La coltre del silenzio stampa - a destra e a sinistra - deve coprire le malefatte, peraltro già note ai vari organi della giustizia, dalla polizia alla magistratura.

Scrivo in difesa di coloro che vivono lavorando come qualsiasi professionista lavora per migliorare se stesso e fin che ne ha le forze, otto, dieci e anche più ore al giorno; a volte sette giorni su sette, sempre disponibili a tutte le ore. Centinaia di giornalisti professionisti sono così, oggi come ieri e l’altro ieri. Attaccarli si può: hanno mille difetti; anzi accade che più di uno faccia disonore al mestiere, come gli ignavi e le spie. Ma l’attacco massiccio e generalizzato di questi ultimi anni non viene da chi vuol migliorare la categoria, ma da chi vuole distruggerla, asservirla in modo tale che giornali e tv siano soltanto la voce del padrone. Siamo già sulla buona strada. Si attaccano i giornalisti per eliminare il giornalismo cioè per distruggere la libertà di stampa ovvero la libertà di sapere e di esprimersi: in una parola, per addomesticare l’opinione pubblica. Un popolo di domestici è utile ai padroni.

Adopero parole vecchiotte: chi parla più di capitalisti e di padroni, oggi? Eppure ci sono. Le prime tre notizie si commentano da sole. La quarta è casuale, la cito solo come esempio che vale per tutti. Secondo la rivista «Forbes» l’imprenditore è il decimo tra gli italiani più ricchi. Come gli Agnelli, i Berlusconi, i De Benedetti, i Monti Riffeser, non può fare a meno di possedere dei suoi giornali e quindi è anche editore. Al suo nome fanno riferimento, in tutto o in parte, il Messaggero (Roma), il Mattino (Napoli), il Gazzettino (Veneto), il Corriere adriatico (Marche), Il Nuovo quotidiano di Puglia; ha fondato il quotidiano gratuito Leggo. Ha una concessionaria di pubblicità.

Una sua figlia ha sposato l’onorevole Casini, che, come tutti sanno, è un ex democristiano, acerrimo avversario del suo conterraneo Romano Prodi, pure ex democristiano. Leader dell’Unione dei democratici cristiani e democratici di centro, Udc, Casini ha nelle sue mani milioni di lettori dal nord al sud, ovvero una consistente fetta dell’opinione pubblica. Non ha condiviso la manifestazione nazionale dei giornalisti per la libertà di stampa, e in queste settimane i mass media parlano di un partito centrista ingrandito con nuovi alleati. Niente da aggiungere.

Sono quattro esempi su mille. I lettori devono fare una sola cosa: cercare di saperne di più (non è semplice, ma è necessario), ascoltare tutte le voci possibili e conoscere non soltanto i nomi di chi scrive sui giornali, ma anche quelli di chi li pubblica. Poiché non siamo in Iran, né in Afghanistan, né in Cina, siamo liberi di leggere: e solo così si comprende chi informa e chi disinforma. L’opinione pubblica libera si ottiene così, con fatica, con il confronto continuo, con l’approfondimento, non con la chiacchiera. Non pensate che la libertà ve la regalino.
Mario Pancera