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Introdurre il delitto di tortura

E ora che c’è stato il riconoscimento che alla Diaz fu tortura, attendiamo che lo stesso riconoscimento avvenga per Bolzaneto. I fatti di Genova, nonostante i quattordici anni passati, non si potranno dire conclusi fino a quando all’Italia non arriverà una medesima condanna per quel che accadde dal 20 al 23 luglio del 2001 nella caserma del massacro.

Non solo, attendiamo che nel nostro Paese venga finalmente introdotto il delitto di tortura. Perché se è vero che siamo un Paese democratico, è anche vero che i fatti di Genova sono accaduti, e che non è stato possibile giudicarli per quello che effettivamente sono stati: atti di tortura. Perché mancava nel nostro codice il reato per cui andavano processati gli esecutori della mattanza (così fu definita la notte della Diaz), ancora più lunga e terribile a Bolzaneto. Perché la rapida prescrizione ha fatto sì che non ci fossero colpevoli di un delitto che non si sarebbe mai prescritto se avessimo avuto leggi adeguate alle direttive internazionali.

Varie iniziative parlamentari sono naufragate nel nulla a partire dal 1988. Da oggi l’aula della Camera discute (finalmente) dell’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale. In Europa, solo Italia e Germania ne sono prive. Ma il testo della proposta di legge è già cambiato rispetto alla versione più articolata scritta dal senatore Luigi Manconi. Anche su tematiche importanti come queste, ci confermiamo il Paese delle mediazioni. Oggi si discute del reato di tortura come un reato generico, non proprio, cioè imputabile a pubblici ufficiali e titolari di pubblico servizio.

Per non dimenticare quel che è stato bisognerebbe leggere il libro di Roberto Settembre, estensore della sentenza di appello sui fatti della caserma ligure, Gridavano e piangevano. La tortura in Italia. Ciò che ci insegna Bolzaneto (Einaudi). Un testo che restituisce le storie e gli accadimenti di quei giorni. Un testo che rende giustizia, quella che è mancata, che lo Stato non ha voluto, nel silenzio totale dei veri protagonisti.

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane del 09.04.2015