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Egregio segretario del Pd,

mi scuserà se le scrivo questa lettera in questo momento e in questa forma. Non intendo entrare nel merito del dibattito in corso nel suo partito, ma poiché il suo partito detiene attualmente la maggioranza relativa dei parlamentari è evidente che le vostre decisioni in merito alla prossima legge elettorale avranno una rilevanza particolare.

Nei giornali di questi giorni, abbiamo letto che nel mondo soltanto 8 persone detengono la ricchezza pari a quella di 3.6 miliardi di persone… quindi anche se dessimo per scontato che la parola destra o sinistra “sia un fatto di corteccia celebrale” come alcuni sostengono, e per me non lo è, resta comunque sempre la realtà che viviamo che ci impone di dover provare a dare il nostro piccolo contributo per cercare di modificarla…

In Italia vige oggi un regime di segregazione razzista.

Milioni di persone che non sono nate in Italia ma che qui vivono, lavorano, pagano le tasse, mandano i loro figli a scuola, sono assurdamente private del diritto di voto.

Questi milioni di persone fanno parte del nostro paese, sono il nostro paese, così come le persone native del luogo.

Occorre che ad esse sia finalmente riconosciuto il diritto di voto in tutte le elezioni, se vogliamo che le elezioni siano elezioni democratiche e non una forma di apartheid.

Gentili parlamentari,

mi rivolgo a voi nella Giornata della memoria delle vittime della Shoah per chiedervi di voler legiferare il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone stabilmente residenti in Italia.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sta a voi elaborare una nuova legge elettorale: fate che in essa si inveri il principio cardine della democrazia: una persona, un voto.

Innumerevoli persone - e tra esse figure illustri della cultura e dell'impegno morale e civile - hanno sottoscritto in queste settimane un appello a tal fine.

E' certamente giustificabile l'idea di rispettare le disposizioni della Corte Costituzionale, specie nel quadro istituzionale esistente.

Tuttavia è impossibile non ricordare che quando il referendum abrogativo proposto era finalizzato al consolidamento del potere (contro i lavoratori e le lavoratrici italiane), la Corte non si fece scrupoli nel consentire referendum “creativi”. Pochi in questi giorni hanno ricordato l'orrore del referendum del '93 che stravolgendo la legge elettorale proporzionale, propria ad una repubblica parlamentare, introdusse il sistema maggioritario come obbligo a fronte del vuoto legislativo che quel quesito referendario, manifestamente illegittimo, aveva creato. Ne paghiamo ancora le conseguenze.

Assistiamo, essendone spesso anche protagonisti, ad un deterioramento complessivo dell'agire e del pensare politico che, a partire fin dagli anni del berlusconismo, in qualche modo ci ha contagiato tutti, ma che sta assumendo contorni e connotati sempre più devastanti per l'idea di politica partecipativa e di democrazia che mi appartiene.