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Ieri, oggi, domani... la politica (Colombo Laura)

Pubblicato su "Nonviolenza. Femminile plurale", n. 119 del 26 luglio 2007, tratto dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo l'intervento di Laura Colombo al seminario su Carla Lonzi "Ti darei un bacio", svolto in occasione della prima edizione delle Giornate di studio dedicate a Gina Guietti, Ferrara, 20-21 aprile 2007.


Quello che dirò oggi - voglio precisarlo subito - è il risultato di scambi in libreria e riflessioni condivise con altre donne e alcuni uomini, ma soprattutto è frutto del confronto stretto e costante con Sara Gandini, una mia coetanea che fa politica con me alla Libreria delle donne di Milano.

L'origine non è l'inizio Io appartengo a una generazione che è venuta dopo le lotte femministe degli anni Settanta e Ottanta. Se c'è una cosa alla quale le donne della mia generazione non possono rinunciare è proprio la forza femminile messa al mondo dal movimento delle donne. Questa forza ha origine dal lavoro politico dei primi gruppi di autocoscienza, caratterizzati dalla ricerca di un'autonomia dallo sguardo maschile e dal tentativo di trovare un senso libero di sè e della propria posizione nel mondo ("Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell'uomo perché è invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza" Manifesto di Rivolta Femminile).
Leggendo Carla Lonzi si vede chiaramente come la consapevolezza della mancanza di uno spazio politico per una rappresentazione libera di sè e la necessità di creare uno spazio simbolico per una narrazione autentica sono elementi essenziali che hanno portato all'invenzione di pratiche politiche ancora oggi essenziali. La prima scoperta è stata la pratica di una parola scambiata tra donne a partire da sè, senza astrazioni e nel tentativo di restare fedeli a sè, di non alienarsi, partendo dai propri scacchi, dalle proprie contraddizioni, cosa che implica il mettersi in gioco con i propri desideri, la propria sessualità, le fantasie, le paure, l'inconscio, il rimosso che normalmente non trova parola. (Carla Lonzi parlava di "Far esistere ciò di cui si aveva bisogno").
A partire da una pratica così dirompente ha avuto origine un cambiamento profondo della nostra civiltà, una vera e propria rivoluzione. Spostando l'asse dalla rivendicazione della parità con l'uomo alla scelta di stare tra donne, all'accettazione dell'autorità femminile, alla ricerca di nutrimento dal pensiero e dalle parole di altre donne, la politica delle donne si è mossa nella ricerca di un ordine simbolico e nel riconoscimento delle genealogie femminili.
Quello che capita a me oggi è la possibilità concreta di sentirmi radicata in una genealogia femminile, che è legame vivo con le donne che mi hanno preceduta, cosa ben diversa da una tradizione imposta. Ma l'origine non è l'inizio...

Il sito della libreria Il sito è nato qualche anno fa dall'idea di un gruppo di giovani donne, è partito da un nostro progetto, dal nostro volerci essere e fare politica - la politica delle donne - con linguaggi e mezzi che sentiamo nostri. È un'invenzione fatta con la dinamica del presente, perché non si è trattato solo di aprire uno spazio web, ma di trovare una modalità differente di essere presenti sulla rete, rendendo vivo e visibile a chi ci visita il lavoro relazionale e politico che facciamo costantemente.
Nel gruppo di redazione del sito giochiamo una scommessa alta, che è quella di fare politica in rete senza annullare la differenza sessuale, senza rinunciare al senso critico necessario di fronte alla velocità delle informazioni e senza rinunciare alla corporeità. Non basta la virtualità a nostro avviso, ma portare il proprio corpo e stare in presenza è fondamentale per la passione politica, una cosa che le donne hanno ben presente (redazione carnale, non solo spazio web). Il percorso è partito dal nostro gruppo di giovani donne, e si è sviluppato arrivando a un coinvolgimento differente. È nata una redazione composta da donne diverse per età e per storia, con differenti sensibilità e modalità di vivere il presente. Nel collettivo abbiamo vissuto momenti di difficoltà e conflitto profondo, nei quali però ci siamo chiarite sempre più che la nostra relazione è fondamentale (parlo della mia relazione con Sara), così come il riconoscimento reciproco della capacità, della forza, della possibilità di pensare insieme. La pratica scardinante è che noi mettiamo in primo piano la relazione tra noi, la mettiamo davanti anche a una presunta relazione privilegiata con quelle venute prima. Per stare con agio nello spazio politico del sito, che condividiamo con donne che hanno fatto la storia del femminismo, abbiamo trovato indispensabile una certa discontinuità, la possibilità di avere uno spazio separato, altro, tra noi ma anche con altre donne. Questo ha permesso che in questo spazio politico si scompaginassero le carte, e adesso la nostra relazione è la cifra del rapporto tra sito e Libreria.
Non si tratta di smantellare quanto di prezioso è stato fatto da chi ci ha preceduto, ma di stare nel presente con una misura che ci appartenga pienamente. Si tratta del desiderio di sperimentare il presente in prima persona. Questo può dare la possibilità di elaborare, prendere posizioni diverse che richiedono invenzioni di nuove pratiche, che non cancellano quelle vecchie, ma allargano il campo, aumentando la ricchezza dell'agire politico.
Internet e la rete - per esempio - rappresentano modalità di comunicazione che hanno modificato la pratica e il linguaggio della politica, anche la politica delle donne. La rete ha il grande vantaggio che facilita la possibilità di fare politica in prima persona, pensiamo alla grande quantità di siti, mailing list, liste di discussione, blog, comunità di condivisione dei saperi (wiki)... La modalità tradizionale dei volantini, riunioni, convegni è stata modificata profondamente da questi nuovi linguaggi, che permettono un'immediatezza e una velocità di scambio delle informazioni che per certi aspetti agevola la comunicazione, specialmente per le più giovani. Non mancano i rischi, in particolare quello di una mistificazione della pluralità, dell'uguaglianza, un altro rischio è la mancanza della fisicità...
Assumendoci in prima persona la sfida della pratica del sito, siamo arrivate a una differenziazione tra sito e Libreria: questa è il luogo storico creato e pensato da alcune che hanno pratiche trentennali e una grande esperienza politica, il sito è invece qualcosa che ci appartiene più direttamente, che può mostrare uno scarto, altre aperture rispetto ad altre posizioni, pur essendo legato alla Libreria, e pur essendo un'esperienza condivisa anche da alcune più grandi (per esempio: noi non ci portiamo dietro conflitti segnati dalla storia come chi ci ha precedute...).
La sfida è fare politica, internet è uno dei modi in cui si può giocare.
Questa sfida - però - presenta una contraddizione difficile da sciogliere.

Tenaglia C'è un punto del libro di Maria Luisa Boccia su Carla Lonzi (L'io in rivolta) che mi ha colpito e coglie nel segno una realtà che io e altre viviamo oggi. Dice: "Tutta la vita di Carla Lonzi, e tutto il suo femminismo, è stretto in questa tenaglia, tra l'aspirazione a segnare di sè il mondo e la rinuncia a esso, pur di non tradirsi, di non venir meno alla sua verità" (p. 160).
Questa contraddizione io sento di viverla profondamente, e sento che l'esperienza importante del sito, ricca del confronto con le donne venute prima di me, è stata ulteriormente arricchita nel momento in cui con Sara e altre della mia generazione, ho tentato di dare inizio a qualcosa di solo mio, un gruppo nato dal desiderio di confronto fra donne che scelgono differenti pratiche politiche. Era un luogo nato anche per interrogare il nostro vissuto in questo mondo così diverso da quello degli anni in cui è nata la seconda ondata del femminismo. La scansione temporale rispetto al mondo delle donne venute prima di noi, quello che c'è di mezzo, fa la differenza, crea un salto che in parte è incommensurabile, non permette sempre di percepire l'ampiezza dei cambiamenti e soprattutto del nostro vissuto rispetto a questi. Si tratta essenzialmente di una diversità di percezione pur essendo in prossimità e in presenza dello stesso mondo. Il tentativo è quello di trovare parole e pratiche che corrispondano a una nostra misura, e per tentare queste invenzioni abbiamo bisogno di metterci al centro e autorizzarci a dire. Lo scacco, rispetto al gruppo, è stato di pretendere dal collettivo un desiderio di politica che non poteva esprimersi lì (qui per politica intendo una ricerca che non si ferma ai vissuti, ma trova le parole per dire l'essenziale di una contraddizione, trova il modo per raccontarsi al di là del gruppo, segnando il mondo con quella verità, sopportando il rischio di essere travisate). Quel desiderio apparteneva fortemente a me e Sara, e sul gruppo ha avuto un effetto inibitore, fino alla fine di questa esperienza.

Dov'è la tenaglia? La scena politica del movimento delle donne è caratterizzata da molti gruppi e realtà con cui siamo venute in contatto, che sentono fortemente il desiderio di politica, e pongono la loro lotta a livello dell'immaginario tentando in tutti i modi di "bucare" i media, creando provocazioni che sono molto spesso fantasiose e divertenti, ma che incidono solo per opposizione e sensazionalismo. Il fine di questa politica è la rivendicazione e la lotta per i diritti, e spesso questi gruppi seguono posizioni puramente movimentiste stile anni '70 (centri sociali...). È una posizione che io ritengo debole - se si ferma a questo.
Il mio desiderio, invece, è la lotta a livello del simbolico, fatta con le armi del partire da sè e della fedeltà a sè, che permettono di arrivare a una propria verità. È una verità che modifica la percezione che hai di te, ti fa trovare la coscienza, il pensiero. È una lotta che passa attraverso il nominare e il rinominare le contraddizioni, e questo porta a una verità che ti trascende, e può essere condivisa da altre, porta a un sapere irriducibilmente diverso dalle rappresentazioni date.

Pratica di relazione con l'altro Ci sono due punti del Manifesto di Rivolta Femminile che segnano la distanza del tempo in cui è stato scritto. Uno dice: "Dopo questo atto di coscienza l'uomo sarà distinto dalla donna e dovrà ascoltare da lei tutto quello che la concerne". E l'altro: "Non salterà il mondo se l'uomo non avrà più l'equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione".
Stando alla cronaca, il mondo è saltato, eccome! Grazie alla scelta della separazione dagli uomini degli anni '70, le donne hanno iniziato un percorso di autonomia dal giudizio dell'uomo, e questa rottura relazionale ha permesso la nascita della libertà femminile nelle relazioni tra donne. A partire da questa mossa si sono create le condizioni per un possibile rapporto libero con l'uomo. Il gesto della separazione era quindi un gesto di chiamata all'interlocuzione nella libertà e non più nella complementarietà, nella subordinazione. La libertà nella relazione tra donne ha creato un senso di forza tale che oggi salta agli occhi lo svantaggio maschile, a dispetto delle mistificazioni delle Pari Opportunità.
Questo svantaggio maschile è un problema o può essere un'occasione? È un grosso problema nel momento in cui la mia forza diventa autosufficienza, e allontano l'altro, non creo possibilità di conflitto con l'altro (per inciso, se vissuto come esclusione da parte maschile, è frequente l'esplosione della violenza. Ma non voglio addentrarmi in questo aspetto, lo segnalo solamente). La prima frase del Manifesto che citavo, dovrebbe essere capovolta: oggi sono le donne che - se vogliono - si mettono all'ascolto di lui che parla (vedi il numero di "Via Dogana" Parla con lui).
Io ritengo tuttavia che lo svantaggio maschile possa essere un'occasione se ce lo giochiamo, se non rimane un fantasma. In che modo? Innanzitutto assumendoci la grandezza femminile nella ricerca di relazioni non strumentali con alcuni uomini. La mia esperienza nel gruppo misto di riflessione, nato ancora una volta dalla mia relazione con Sara, è quella di un credito "in bianco" dato a uomini che sono già trasformati dall'avvento della libertà femminile, e che di questa trasformazione sono coscienti. Anche questo gruppo è nato da un desiderio di nuovo, dalla fiducia in noi e nel fatto che possa capitare qualcosa con gli uomini, nel momento in cui fai una scommessa di cambiamento, nel momento in cui ti giochi la passione politica, le ricchezze che senti di avere.
Per esempio, grazie al femminismo abbiamo conquistato una libertà che ha permesso una consapevolezza e una contrattualità all'interno della coppia che rende sempre più esplicita e di valore la disparità fra i sessi. La forza acquisita dalle donne ha portato anche un guadagno anche per gli uomini grazie alla scoperta di una sessualità poliedrica, in cui l'altra è diventata un soggetto autorevole, con precise richieste. Certo, non è tutto così pacifico e lineare. Infatti il desiderio femminile autonomo può fare problema quando una donna lo esprime liberamente e lo rappresenta nella sua autenticità, perché l'altro si trova di fronte a qualcosa che non capisce (per esempio nell'ultima riunione una donna ha posto questa questione del desiderio, e un uomo ha risposto parlando di fratellanza e sorellanza, di fatto estromettendo il desiderio - che è sproporzione e disparità - dalla relazione. Quindi il desiderio viene fatto fuori, e si fa fuori anche la disparità).
Rispetto agli anni Settanta sono cambiate tante cose, ma soprattutto è cambiata l'interpretazione delle cose, lo sguardo sulla realtà. Una volta si parlava molto della frigidità, ora dell'impotenza o dei problemi legati alla fecondità. Credo che chiunque abbia una casella di posta elettronica sia stata inondata dalla pubblicità del viagra: quando il patriarcato era l'unico sistema simbolico, l'uomo non aveva bisogno di un supporto fisico, mentre l'isterica manifestava sintomi corporei a causa di un deficit di simbolico. L'acquisizione della libertà da parte delle donne ha fatto sì che ora per molte anche la sessualità vaginale possa rientrare in una libera scelta basata sulla ricerca del piacere tanto quanto per gli uomini.
E il concepimento ora più che mai chiama in causa la responsabilità di entrambi. Non possiamo più dire che la contraccezione o il sesso vaginale sono un problema solo degli uomini, che non ci riguardano. Non possiamo più dire che le donne vogliono essere lasciate in pace o che cercano godimento in altro modo. Ora quella parola libera che abbiamo conquistato bisogna scambiarla.
Il punto essenziale è quindi la libertà femminile, la forza femminile, che rende possibile la relazione politica con l'altro. Ma questo non significa che la rende obbligatoria: infatti, da una posizione di libertà, è possibile anche scegliere la non relazione con l'altro, e questa continua a essere la scelta di molte donne.
Dal mio punto di vista penso che non si possano più lasciare fuori gli uomini da questa lotta per un senso comune dove la posta in gioco è una civiltà in cui la donna non sia colpevolizzata per la sua libertà e l'uomo accetti profondamente - e non solo intellettualmente - lo squilibrio in gioco e l'asimmetria tra i sessi (per esempio quando c'è in ballo il suo desiderio di paternità, quando si toccano i temi che riguardano la vita e la riproduzione, ma non solo, quando si vuole affrontare il diverso rapporto col potere, il lavoro, i soldi ecc.). A mio parere, oggi è necessario scambiare con gli uomini quella parola libera che abbiamo conquistato, per non limitarci a difendere diritti e proporre invece come posta in gioco un cambiamento nel sentire comune e la creazione di una nuova cultura, di una nuova civiltà.
Lo scambio - ripeto - all'interno di una relazione non strumentale, può avvenire se ci giochiamo lo svantaggio maschile assumendoci la forza femminile. Se invece lo svantaggio maschile resta un fantasma, può ritornare in varie forme: nella strategia che ci mette alla ricerca di relazioni strumentali con gli uomini, per arrivare là dove noi non vogliamo o non ci interessa arrivare (ma questo ci toglie la possibilità di vedere che molti uomini "là" non ci sono più); ritorna anche nel tentativo di annullare questo svantaggio, nel momento in cui ci giochiamo l'attrazione erotica verso l'altro (chi ce l'ha) per ridimensionare la nostra grandezza; oppure nella forma di un certo maternage, spesso stucchevole, che vuole indicare all'altro la strada buona e giusta da compiere.
Noi abbiamo deciso di giocarci una scommessa al buio. L'altro è diverso, misterioso, non sotto controllo, quindi proviamo attrazione, curiosità perché sentiamo una distanza che non sarà mai colmabile. L'alterità è tale anche con l'altra donna, ma è in qualche modo regolata da pratiche politiche consolidate da tempo (la disparità, l'autorità femminile). Con gli uomini c'è alterità radicale, e il terreno della relazione è più oscuro, vischioso, opaco. Ma questa scommessa ce la vogliamo giocare.