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La legge 194 e il ruolo dei consultori pubblici (Paola)

Pubblicata sulla lettera di marzo del circolo ACLi di Cernusco sul Naviglio (Mi)

In questi tempi in cui si parla a proposito e a sproposito dell’aborto e della legge 194, ho sentito l’esigenza di condividere con voi alcune riflessioni. Io credo che tutto il dibattito sia stato affrontato in modo sbagliato. Sono cattolica e, personalmente, non avrei mai abortito. Da giovane ho avuto dei figli e diversi aborti spontanei, che sono stati per me una fonte di sofferenza. Tanto più penso sia molto difficile per una donna decidere di non portare avanti una gravidanza non voluta.
Tutti sappiamo che l’aborto in quanto tale è l’uccisione di un essere umano in formazione: per questo sono certa che le donne che prendono questa grave decisione non lo facciano a cuor leggero. Chi di noi donne conosce amiche, vicine di casa, colleghe che sono ricorse all’aborto, lo sa bene che questa decisione porta sempre con sé un carico di sofferenze psicologiche complesse.

E allora, mi chiedo: perché non si punta alla PREVENZIONE dell’aborto? Non si dovrebbe arrivare mai ad abortire! La nostra società potrebbe già adesso permettere di vivere la maternità come libera scelta di amore e responsabilità.

E invece non ci siamo.

Dalla fine degli anni Settanta la prevenzione era stata affidata , con buoni risultati, ai CONSULTORI pubblici, diffusi su tutto il territorio, che sono stati in un recente passato veri punti di riferimento e aiuto alle donne, giovani e meno giovani, nella conoscenza del proprio corpo, nell’uso dei contraccettivi, nella consapevolezza dei propri diritti e doveri. Possiamo dire che la legge 194 ha avuto (ed ha), tra i suoi compiti, quello di eliminare la piaga dell’aborto clandestino; al consultorio è stato affidato l’incarico “culturale” del superamento della pratica dell’aborto attraverso l’emancipazione della donna e della coppia, e la consapevolezza della maternità. Qui devono continuare gli sforzi! Purtroppo la Regione Lombardia, guidata da Formigoni, da anni ha fatto la scelta di ‘svuotare’ i Consultori pubblici di contenuti e servizi: ha diminuito il personale, ha chiuso diversi progetti , ha fatto pagare le prestazioni; in una parola, non ha più investito denaro in questo servizio.

Come ci accorgiamo di questo cambiamento?

Dal semplice fatto che non esiste più alcuna pubblicità dei Consultori pubblici da nessuna parte.
In questi giorni, nelle caselle della posta di tutte le nostre famiglie, viene distribuito un opuscolo dell’ASL Milano 2 dal titolo: “Guida per chi si trova ad affrontare un problema di salute o di assistenza”.
Ho cercato, invano, uno spazio dedicato ai Consultori e ai loro servizi. C’è solo un elenco asettico delle sedi dei consultori, alla voce: “Mettersi in contatto con l’ASL”.
Forse ai Consultori pubblici verrà dedicata una prossima pubblicazione? Sarebbe troppo bello! La realtà è che ai Consultori, anche quando, nonostante le difficoltà, lavorano bene, si rivolgono poche donne, perché non li conoscono.

Oggi le statistiche ci dicono che gran parte delle donne che si rivolge al Consultorio sono straniere e che, su tre aborti praticati, due sono di donne straniere. In particolare, sono le donne dei paesi latinoamericani e arabi a ricorrere all’aborto come contraccettivo; queste donne devono subire nel loro corpo la violenza culturale dei maschi, che rifiutano l’uso di metodi anticoncezionali.

Per non parlare dei nostri giovani, delle ragazze e dei ragazzi, storditi dal flusso continuo delle immagini di una sessualità consumista e superficiale, totalmente impreparati a gestire il proprio corpo e la sfera dei sentimenti. Non sono forse la prevenzione e la preparazione culturale a tutti i livelli, le armi migliori contro l’aborto?
Grazie per l’attenzione.
Paola