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A Strasburgo un ebreo difende il crocifisso

Spettabile Redazione della AADP, vi invio per la pubblicazione questo articolo tratto da "Avvenire" e il relativo allegato con il testo della requisitoria a cui fa riferimento l’articolo stesso. Penso possa essere interessante anche per i lettori del nostro Sito, in quanto la circostanza a cui si fa riferimento - cioè la questione del "Crocifisso" a cui è stata negato il diritto di cittadinanza da parte di una certa parte sedicente laica delle istituzioni europee (con l’iniziale minuscola) - dimostra fino a che punto l’anticlericalismo, il laicismo ideologico, mascherati da tutela del "diritto" del singolo, a discapito della collettività e della Verità, siano parte della politica di istituzioni sempre più lontane dalla Società e quindi per nulla rappresentative di quest’ultima, essendo solo, tali istituzioni, finalizzate al mantenimento dello status monetario.

Pertanto, l’immagine di un avvocato ebreo, che ha ostentato apertamente questa sua appartenenza di fede, comparendo in udienza per la difesa del Crocifisso con tanto di kippah in testa, ha mostrato che la libertà religiosa (riferita a qualsiasi Confessione), fumo negli occhi per i burocrati europeisti, rappresenta comunque un valore inestimabile per le intere Società.

Superando i tecnicismi e la asepsi sociale delle istituzioni europee, la presa di posizione di tanti Stati Membri contro la sentenza del tribunale in merito alla questione del Crocifisso fa ben sperare sulla vitalità del tessuto sociale che ancora non si è adagiato all’oppressione delle istituzioni (per modo di dire) europee.
Resto in attesa di commenti (o critiche) a tal proposito.
Saluti a tutti.
Stefano Barotti 

icon  (2010) Intervento di Joseph Weiler davanti alla "Grande Chambre" della Corte Europea dei Diritti dell'uomo


Avvenire    giovedì 1 luglio 2010    pag. 1
SERENI DAVANTI ALLA CROCE

LAICA CULTURA E INIMMAGINABILE FANTASIA DI DIO

DAVIDE RONDONI

Un ebreo in tribunale per difende­re il crocifisso. La storia, che Dio guida con fantasia per noi inimmagi­nabile, doveva riservarci anche que­sto. Aveva la kippah in testa, il tradi­zionale copricapo ebraico, Joseph Weiler, l’autorevole giurista della New York University, il difensore del croci­fisso. O meglio il difensore della sto­ria e della autentica laicità. Perché l’av­vocato che ha rappresentato il ricor­so di otto Stati su dieci alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, volto a difendere il diritto di esporre il cro­cifisso in luoghi pubblici nel nostro Paese non ha usato argomenti religio­si. Non ha poggiato le sue argomen­tazioni sulla sua o sull’altrui fede. No, ha parlato di storia, di diritto dei po­poli opposto alle sentenze di una Cor­te Centrale. Una requisitoria 'laica' per difendere il nostro più caro sim­bolo religioso. Perché il cristianesimo è una cosa del genere. Non chiede nes­sun diritto speciale per esistere. Gesù Cristo non ha chiesto nessun diritto speciale. E, analogamente, anche il se­gno della sua presenza non chiede di­ritti speciali. Ma d’esser trattato con argomenti laici, validi per tutti.

Per tutti i simboli (come ha sostenu­to Weiler) e per tutti i popoli. L’ebreo che ha difeso il crocifisso, infatti, non ha invocato argomenti particolari. Ha difeso il diritto di un popolo a espri­mere la propria storia con i propri sim­boli, senza cedere al ricatto di qual­cuno che in nome di logiche assoluti­ste e irrispettose della storia vuole far sparire quei simboli.

Anche solo il fatto che l’esponente au­torevole, e culturalmente ferrato, di u­na religione diversa dal cristianesimo abbia difeso il crocifisso basterebbe a smascherare tutte le fumose, faziose e in fondo banali motivazioni di chi non vuole più il crocifisso tra i piedi per­ché se ne sente 'offeso'. Weiler, che come ogni ebreo raffinato non ha ri­nunciato a ricorrere a paradossi e a i­ronie, ha fondato la sua difesa su una idea più storica, leale e aperta di lai­cità. Contro ogni riduzione 'fobica' della laicità ad avversione contro ciò che è religioso (e più precisamente cri­stiano).

Non sappiamo se l’arringa del profes­sor avvocato Weiler, uno tra i giuristi più stimati al mondo e uomo di vasta attenzione all’arte e anche alla poe­sia, avrà successo. Non sappiamo se i giudici della Corte Europea sapranno cogliere il valore delle sue argomen­tazioni. Non sappiamo se ci 'obbli­gheranno' a togliere i crocifissi dai luoghi pubblici, dando vita a un feno­meno di 'smontaggio' dei simboli sto­rici e costitutivi di un popolo da cui poi sarà difficile salvarne anche uno solo (perché via il crocifisso se urta, e non la bandiera, o le parole dell’inno, o le facciate dipinte, i monumenti ?).

Ci aveva avvisati il poeta Eliot: se mi­nate il fondamento di una cultura e di una storia, pensate che poi possano resistere a lungo i suoi frutti? Dall’av­versità al cristianesimo potrebbero es­sere travolti i frutti di civiltà di cui tut­ti godono senza magari neanche sa­perne l’origine. Non sappiamo cosa succederà. Forse dovremo tornare a rigare un crocifisso sui muri di nasco­sto, vicino ai luoghi di preghiera o di sofferenza. La fede non teme la scom­parsa dei crocifissi dai luoghi pubbli­ci, perché tale scomparsa non è una sconfitta della fede, ma della storia e della laicità. Però sappiamo una cosa: come dicono i nostri fratelli in uma­nità di fede musulmana, Dio è davve­ro grande se oggi un ebreo ha autore­volmente e appassionatamente dife­so il Crocifisso. E questo per noi che abbiamo una fede semplice, laica, per noi che abbiamo un cuore lieto e in allerta è già una vittoria. Ne ringra­ziamo Dio, e il professor Weiler. Se non dà troppo fastidio a certi opinion lea­der ci permettiamo di chiamarlo 'mi­racolo'.