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Eurobomb. Agli autocrati interessa la propria conservazione, l’immagine inflessibile e perciò l’esercizio permanente della forza. Per loro la proposta di pace è un atto di debolezza. Per i paesi democratici, invece, la trattativa e la tregua sono prove di forza e di responsabilità. Sarebbero la migliore dimostrazione della loro superiorità politica.

Si è tenuto a Vilnius il vertice della NATO, che ha accolto la Finlandia e dato il benvenuto alla Svezia nell’Alleanza. Alla Russia sono state dettate condizioni di resa, fin sulla soglia, che si è stati però ben attenti a non oltrepassare, di una dichiarazione di guerra. All’Ucraina, cui si assegna il compito di sconfiggere la Russia, sono stati promessi ponti d’oro per la completa integrazione nella NATO, giunta peraltro già alla conclamata “interoperabillità” tra le relative Forze Armate, inclusa una perenne fornitura di armi, beffardamente definite “non letali”. Tutto ciò con la spensierata idea che non si rischi in tal modo la guerra mondiale.

L’ammutinamento della Wagner in Russia si è concluso in negativo per il soldataccio Prigozhin e per i Servizi occidentali che, se era vera la vanteria che sapessero tutto già prima, non hanno saputo come muoversi e che fare; si è risolta invece in positivo per Putin che avrebbe potuto fermare a cannonate il convoglio mercenario sull’autostrada per Mosca, e ha invece ben calcolato i rischi preferendo la soluzione politica (con i terroristi dunque si tratta!) ed evitando la guerra civile. Contro le gioiose profezie di un collasso della Russia e di una sua débacle militare, la controffensiva ucraina non ha tratto dalla crisi alcun vantaggio e la guerra è continuata tale e quale.