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Strano davvero che in un Paese in cui l’articolo 1 della Carta Costituzionale recita che “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” si possa dire che «le aziende non assumono perché non possono licenziare». Strano, perché si ha l’impressione che questa sequenza di parole suoni come un paradosso, che ci sia qualcosa che non torni…

Dice il giovine sindaco di Firenze Matteo Renzi che il primo maggio è una «festa di libertà», e questo significa, nel concreto, che «chi vuole lavorare deve poter lavorare e chi preferisce non farlo è giusto che non lavori». Quindi, su le serrande negozi aperti, e a laurà (del resto nelle sue trasferte ad Arcore avrà pur imparato qualcosa, no?). La libertà dei Renzi assomiglia paurosamente a quella concepita dal nostro Caro Leader. Una libertà indeterminata, vuota, astratta: in un mondo che invece è terribilmente concreto, almeno nel senso dei soggetti che lo determinano. Una libertà del genere, dove non si specifica di chi, da che cosa e per cosa, non può essere altro che la libertà del più forte di fare quel che vuole.

Questa e' la storia di un film e di un ritratto, dell'uomo che ha ispirato il primo e della donna che ha dipinto il secondo. E' un misto di recensione retrodatata e recensione attuale. E' un tributo alla memoria, in un tempo in cui nessuno impara dal proprio passato o da quello altrui.

Ho visto qualche giorno fa (lingua originale, sottotitoli in inglese) una pellicola sudcoreana del 1995: "Una bella gioventu': Jeon Tae-il" - titolo inglese "A single spark". Nel film, ambientato durante la dittatura degli anni '70, uno scrittore cerca materiale per la biografia di un operaio morto pochi anni prima, Jeon Tae-il. A causa del clima politico deve farlo in clandestinita' ma la biografia (non c'e' nulla di inventato ne' nel racconto delle sue vicissitudini ne' nel racconto di quelle di Jeon Tae-il) sara' infine pubblicata, diventando un best-seller con il titolo appunto di "Una singola scintilla", "A single spark".