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Breve aggiornamento sulla situazione couscous e la Palestina (Irene Panighetti)

"Non dimenticherò mai il profumo che mi ha accolta all'ingresso della cooperativa Ein al Sultan di Gerico, una delle cooperative produttrici di cous cous per il commercio equo palestinese: sarà sempre un ricordo sensoriale, corporeo, perché non trovo le parole adatte a riproporre quell'intensità aromatica che mi ha avvolta immediatamente.
Mi ricorda il profumo che si sente nei pressi delle panetterie, uguale e diverso in tutto il mondo, ma anche quello dei campi di grano, quello del sole, e in qualche modo anche l'aroma del mare. Tutto questo mescolato e respirato assieme entrando in cooperativa, due stanze dove lavorano 14 donne, quasi tutte oltre la cinquantina, con la pelle segnata dal sole e dagli anni. Quattro di esse sono sedute a terra, nella prima stanza dove regnano caldo umido e il rumore della ventola appesa al soffitto: hanno sulle ginocchia i setacci con dentro i grani di cous cous, che, con le mani protette da guanti di lattice, rimestano con movimenti forti ma gentili. Indossano mascherine sulla bocca e cuffie sul capo per non far entrare i capelli nei setacci. Mi sorridono con gli occhi, mentre prendo posto su una sedia accanto a loro e di fronte a Helen Abu Al Hayja, la presidentessa di questa cooperativa, l'unica donna giovane che tuttavia non parla inglese e così, il racconto del loro lavoro passa attraverso la mediazione linguistica di un interprete, anche se diretti sono gli sguardi, i gesti, gli odori di queste lavoratrici.
La cooperativa è nata da poco, nel luglio 2007, in sostituzione di quella di Gaza, che non possono più lavorare a causa della guerra condotta da Israele contro la popolazione della Striscia che, dalla metà del giugno 2007 è assediata e affamata dalla chiusura totale dei passaggi di frontiera, anche quelli tra Gaza e l'Egitto: nessun tipo di merce può entrare, salvo rare eccezioni per medicine o alimentari di base. Queste misure, che sono in palese violazione del diritto internazionale, stanno provocando una catastrofe umanitaria senza precedenti, i cui effetti si ripercuotono fortemente anche nel settore agricolo. Molte famiglie in Gaza dipendono dal lavoro derivante dalla catena di produzione alimentare e una delle esperienze lavorative di successo è stata proprio la cooperativa di donne per la produzione del cous cous, che era riuscita a soddisfare ai bisogni di oltre 200 famiglie; l'attuale situazione tuttavia ha fatto perdere loro la principale fonte di introiti. La cooperativa esportava 100 tonnellate di cous cous, dirette ad altre associazioni del commercio equo e solidale in Europa, e anche a CTM, in Italia. È per questo criminale assedio che il cous cous palestinese è pressoché scomparso dalle botteghe del commercio equo e solidale. Tutti i palestinesi sperano che questo assedio finisca al più presto; anche le lavoratrici di Gerico: Helen si augura che quando finirà l'assedio entrambe le cooperative potranno proseguire e così sarà, assicurano i responsabili del commercio equo del PARC, la grande organizzazione palestinese che con il suo sostegno permette a migliaia di contadine e contadini di avere una vita dignitosa. Ed è questo l'aspetto più importante, più prezioso, e anche più politico dell'azione del commercio equo e solidale: la dignità del lavoro. Me lo dice chiaramente Helen, quando afferma: "Prima di avere questo lavoro ero disoccupata, stavo tutto il giorno a casa, non avevo entrate per me. Poi ho iniziato a lavorare per il commercio equo e ad avere entrate, così ora posso contribuire ai costi della vita della mia famiglia. Anche la mia situazione psicologica è diversa, è molto migliore di prima, e la mia autostima è ben più alta". Stima di sé e sentimento di fare qualcosa di importante permettono di affrontare con il sorriso sulle labbra la giornata lavorativa, che per queste donne è decisamente impegnativa, poiché oltre al lavoro in cooperativa devono affrontare quello domestico, della cura dei figli e della casa: Helen si alza alle 5 o 5.30 della mattina, prepara la figlia per l'asilo, la colazione per il marito, attorno alle 7 va in cooperativa, dove vi resta fino alle 4 del pomeriggio. Poi torna a casa, cucina per sé e il marito, va a prendere la figlia dalla madre, la mette a letto e infine cerca di studiare un poco per gli esami dell'università. Il tutto appesantito da un altro figlio in grembo! Eppure questa vita è migliore di quella di molte altre donne che non hanno lavoro, e anche della sua vita precedente: "Da quando ho questo lavoro tutto è cambiato nella mia famiglia e nel modo in cui sono considerata" mi dice con orgoglio Helen, "e sono moto contenta per questo. Ora io sono una donna che produce, e la mia famiglia mi sostiene, mi ha perfino suggerito di diventare parte del comitato popolare del campo profughi in cui viviamo, ma per ora non ho accettato perché non ho tempo, ho l'università e tra poco partorirò il secondo figlio. Ma è una buona idea e sono contenta che la mia famiglia abbia fiducia in me. Lo farò quando avrò più tempo" conclude con un sorriso. E con lo stesso sorriso mi guida nell'altra stanza, dove 5 pentole fanno cuocere al vapore il cous cous per 50 minuti, e poi il tutto viene messo in una grande macchina essiccatrice, da dove è poi tolto per essere lasciato all'aria 24 ore, al terzo piano, sul tetto, sotto una serra con tavoli a due e tre piani con sopra i biondi grani che alla fine saranno messi in grandi sacchi bianchi e spedito alla ditta di confenzionamento Al Reef, al villaggio di Al Ram, nei pressi di Ramallah.
Da qui i pacchi di cous cous partono per l'esportazione, sfidando i consueti ostacoli creati dall'esercito israeliano, dalle lungaggini burocratiche alle ispezioni dirette alla merce: non di rado i militari aprono le confezioni, manipolano il prodotto, fanno ritardare le consegne, creando così molti problemi che nei nostri paesi importatori si traducono in scarsità o addirittura assenza del prodotto dal commercio. Ma una volta arrivato, gustiamoci questo cous cous, palestinese, equo e solidale: ogni boccone è un gesto politico, oltre che un vero e proprio piacere da assaporare e da... annusare."

Gerico, martedì 13 maggio 2008