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Da Gaza (Vittorio Arrigoni)

La nottata è trascorsa insonne, non poteva essere diversamente.Boati e sirene su tutta la città. Ogni bomba quanti morti sono?sono stanco di ascoltare le esplosionidi contarli, i morti,ma non posso farne a meno.
Siamo a 290 decessi,ma i feriti, per lo più gravissimi, con arti mutilati o maciullati,fanno impennare il bilancio verso l'alto ogni ora. Ho bisogno di tranquillanti.Non riesco a levarmi dalla mente i volti sorridenti di quei ragazzi che, appena sbarcato, la settimana scorsa con la Dignity del Free Gaza Movement, ho abbracciato uno per uno.
Giacciono ora due metri  sotto terra. E attorno a me, nella mia mente, sono come fantasmi che    non  hanno avuto il tempo di un qualunque commiato con le loro madri,i    loro  padri, le loro moglie, le fidanzate.  Come Tofiq,studente    palestinese che  abbiamo tratto in libertà dalla più grande prigione a cielo aperto del  mondo, Gaza,e portato su una delle nostre barche (Free Gaza    Movement) a  Cipro. Tofiq non ha fatto in tempo a salutare suo zio prima di    partire, ha  detto a me, allora,di portare a lui da parte sua i suoi più cari    saluti.
Non ho fatto in tempo neanche io. Tofiq Jaber, zio del mio amico Tofiq,  capo della polizia di Gaza, è morto sotto i bombardamenti di ieri.  Le  linee telefoniche sono intasate,non riesco a contattare tutti i    miei amici  sparsi sulla Striscia.  Ieri molti telefoni sono squillati a Gaza,    minacce  di morte.  Sono andato a trovare un amico, saputa la notizia, abbiamo  strappato il telefono fisso dal muro.  Minacce di notte che di    giorni si  tramutano in orrende realtà.  Una bomba è caduta nel giardino di Fida,  nostra coordinatrice Ism,c'è mancato un pelo. Ma è da parecchie ore    che le  bombe hanno iniziato a cadere a casaccio,avendo demolito ormai solo    nella  giornata di ieri tutti i siti che Israele giudicava "sensibili".     Nessuno  sa quando questo nuovo olocausto vedrà termine,nessuno osa    immaginarlo.
Scrivo con una connessione traballante dinnanzi all'ospedale di Shifa.
Due ore fa, proprio di fianco all'ospedale, hanno tirato giù una    moschea.
Solo mezz'ora fa, duecentometri più avanti, una ha bombardato il  parlamento e il carcere.  Decine i detenuti sotto le macerie.
Non so che succede fuori da questo inferno, ma mi auguro fortemente    che le  masse si mobilitino, così come ad Atene hanno fatto per la morte di un  ragazzino ucciso da un fascista travestito da poliziotto.
Qui siamo quasi a 300 morti, molte le donne e i bambini.
È il momento una volta per tutte di mettere Israele in un angolo, e  condannarlo per i suoi atroci crimini contro l'umanità.   Alzate la    vostra  voce di indignazione, come noi urliamo di dolore e disperazione.
Guernica è uscita dalla tela e si è trafigurata in realtà in questo inferno.