• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Inutili e dannose (Giorgio Nebbia)

Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 8 agosto 2006

Era il 6 e il 9 d’agosto, come di questi giorni, nel 1945 quando le due prime bombe atomiche americane, della potenza distruttiva equivalente a quella di alcune diecine di migliaia di tonnellate di tritolo, distrussero le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki costringendo il Giappone alla resa e ponendo fine alla seconda guerra mondiale. Con questo atto di guerra gli Stati Uniti avvertirono il mondo che era possibile costruire armi di distruzione di massa come nessuno aveva mai conosciuto prima. Alcuni sperarono che tali armi, capaci di distruggere la vita di interi continenti, avrebbero reso la guerra una cosa superata, vecchia, inutile. Purtroppo, invece, era solo l’inizio; i rapporti fra le potenze occidentali e l’Unione sovietica, che erano state unite per sconfiggere il comune nemico nazista; si deteriorarono presto; se gli Stati Uniti, l’impero del mondo occidentale, avevano la superbomba, anche il grande impero sovietico voleva possederla per scoraggiare l’America da qualsiasi tentazione di aggressione. Sessant’anni fa sono state, così, gettate le basi della “filosofia” della “deterrenza” secondo la quale era “un dovere”, per un paese, possedere armi nucleari sempre più potenti perché solo così nessuna altra grande potenza lo avrebbe aggredito sapendo che subito dopo, a sua volta, sarebbe stata esposta ad un bombardamento atomico. Le possibili conseguenze di uno scambio di bombe nucleari, che nel frattempo erano diventate migliaia, molte con una potenza distruttiva uguale a quella di milioni di tonnellate di tritolo, apparvero chiare osservando i risultati delle migliaia di esplosioni sperimentali e sono state descritte in vari libri e film sul “giorno dopo”, sull’”ultima spiaggia” e in tanti saggi e articoli scientifici: in seguito all’esplosione anche solo di alcune bombe nucleari da qualche parte della Terra, sull’intero pianeta sarebbe scesa la nube di un ”inverno nucleare” che sarebbe durato anni.

Nonostante gli avvertimenti, i due grandi imperi, quello americano e quello sovietico, oggi russo, hanno continuato e continuano a spendere enormi quantità di denaro per costruire e perfezionare diecine di migliaia di bombe nucleari; inutili, sia perché i governanti dei paesi una volta nemici, America e Russia, vanno oggi a braccetto, sia perché la filosofia della deterrenza appare sempre più priva di senso.

La storia ha dimostrato che, dal 1945 ad oggi, nelle diecine di conflitti in Asia e Africa, nelle azioni di gruppi terroristici spesso di volontari suicidi, la minaccia della bomba atomica non ha spaventato e non spaventa nessuno; non c’è nessun paese o stato che possa fermare le guerriglie e i terroristi solo perché qualche grande potenza minaccia un bombardamento nucleare. Insomma, le trentamila bombe nucleari esistenti nel mondo sono praticamente inutili.

E inoltre sono estremamente dannose e pericolose; le conseguenze del loro impiego militare si sono viste dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e sono state opportunamente ricordate anche pochi giorni fa in un bel programma della terza rete della RAI, ”La storia siamo noi”, purtroppo trasmesso alle sette di mattina, mentre sarebbe opportuno che lo stesso documentario fosse mostrato nelle scuole e nelle aule universitarie, e anche nelle parrocchie; una parte della radioattività immessa nell’aria dalle esplosioni sperimentali di bombe atomiche nell’atmosfera, condotte dal 1945 agli anni settanta del secolo scorso, sta ancora circolando nell’atmosfera terrestre e nelle acque dei mari con effetti ambientali che si faranno sentire a lungo.

Ma le bombe nucleari sono pericolose anche per coloro che le fabbricano e le maneggiano. Il plutonio della qualità adatta per bombe atomiche deve essere fabbricato in giganteschi reattori, deve poi essere separato da una grande quantità di scorie e residui che restano radioattivi per migliaia di anni e che nessuno sa ancora dove sistemare. Processi ancora più complicati sono richiesti per la produzione del trizio, l’”esplosivo” delle bombe a fusione termonucleare. E tutte queste operazioni devono essere condotte in stabilimenti segreti, sottoposti a controlli militari così come sono circondati dal segreto militare i luoghi in cui sono conservate le bombe nucleari.

A mio modesto parere, l’unica cosa da fare, se davvero si vogliono rallentare le tensioni internazionali, le guerriglie e il terrorismo, sarebbe dirottare una parte dell’enorme cifra investita nel settore delle armi nucleari --- uguale ogni anno nel mondo più o meno al prodotto interno lordo dell’Italia --- in opere per attenuare le ingiustizie e le inique differenze fra paesi ricchi e poveri, per dare, nei paesi poveri, case e acqua e gabinetti e ospedali e scuole: scuole, soprattutto, in cui qualcuno insegni ai ragazzi, fin dalla più tenera età, che musulmani e indu e cristiani e sciiti e sunniti e ebrei sono tutti uguali, esseri umani con la stessa voglia di amare le loro donne e i loro figli.

Sono concetti che i pontefici romani ripetono da decenni; l’obbligo del disarmo nucleare è addirittura stabilito dall’articolo sei del trattato di non proliferazione nucleare, firmato praticamente da tutti i paesi del mondo, ma la corsa alle armi atomiche inutili e dannose continua senza sosta. Nel ricordo dei ragazzi polverizzati dalla peste atomica a Hiroshima, 61 anni fa, auguro ai loro coetanei di oggi di vivere un giorno in un mondo in cui le bombe nucleari sono state seppellite per sempre.