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L'acqua è incolore (G. Iacobaci)



Non volevo entrare nella polemica, non amo le polemiche; ma devo dire che trovo naturale che presto o tardi vengano fuori questi malumori e trovo sia naturale parlarne.
Dobbiamo renderci conto che siamo immersi fino al collo in queste divisioni, tutti noi, ogni giorno; e intanto la politica di destra come di sinistra - al di là di innegabili paradossi e vergognose incongruenze, da una parte e dall'altra: non c'è parte politica che non sia venuta meno al suo mandato, per costrizione o convenienza - è realmente del tutto impreparata a questo cosiddetto "neoliberismo" (liberismo de che, poi? è tutto sbagliato e da ridefinire, anche linguisticamente: qui stiamo parlando di un oligopolio di multinazionali, una cosa senza precedenti storici, altro che liberismo, altro che destra o sinistra) che poi è all'origine del problema delle privatizzazioni, del problema dell'acqua, come delle ricollocazioni delle aziende da una parte all'altra del globo, e del controllo dell'informazione, responsabile a sua volta di contagiarci quel nichilismo che ci ammorba, responsabile del qualunquismo e degli estremismi ciechi, e di quella confusione che parte proprio dai termini adottati per definire le questioni.
Ma questo dell'acqua, e quello della limitazione dei diritti in genere, è un problema che travalica i concetti rassicuranti di appartenenza, di schieramento, di destra e di sinistra, di estremo o moderato.

Mi duole dirlo a chi vede il mondo in termini esclusivamente duali, ma qui dobbiamo a mio avviso riflettere e andare oltre: superare queste divisioni, questo straniamento e proporre la nostra battaglia per quello che è, una battaglia per il riappropriamento della democrazia, che è un concetto caro tanto alla destra quanto alla sinistra (sto parlando della destra e della sinistra che credono nello Stato e si candidano alle elezioni, non di fascisti e comunisti).
Ma le divisioni, questo straniamento, la giusta paura di allargare troppo le cose come la sacrosanta necessità di una visione totalizzante, il bisogno di collocare esattamente l'appartenenza di queste battaglie, non sono altro che lo specchio di una difficoltà di tutti noi a definire il problema in termini adeguati.
Ieri guardavo su TF5 una trasmissione molto interessante in cui il fondatore della rivista Marianne (una rivista non di sinistra e dalle posizioni a volte populiste ma spesso molto interessante nel suo essere "altra" e scomoda) riferiva che in vista delle prossime elezioni francesi il 71% dei cittadini non vorrebbe votare né a destra né a sinistra; non per qualunquismo, ma perché le coalizioni non riescono più a cogliere e affrontare i reali problemi della gente, la disoccupazione, i malesseri sociali, i numerosi problemi legati allo strapotere del sistema economico e allo schiacciamento del concetto di "cittadino", sostituito disinvoltamente con quello di "consumatore" persino nei discorsi elettorali. Come da noi. C'è una volontà comune, superiore, o è solo lo specchio dei tempi, se in tutto il mondo si replicano questi meccanismi? Chissà. Quel che è certo è che dobbiamo stare attenti alle parole, a queste parole. A questi concetti.
Cittadino, consumatore... bene, merce... non sono sinonimi, tutt'altro. E ridefinire queste cose non è, mi dispiace dirlo, una battaglia cui possiamo permetterci il lusso di dare un colore. Badate, lo dico da persona fieramente e nettamente di sinistra.
Quello che vorrei invitarvi umilmente a fare è da un lato comprendere i punti di vista diversi e le insoddisfazioni, la rabbia, cose motivate prima di tutto da questa terribile confusione che regna, già nei termini della questione; ma mi piacerebbe altresì invitare gli altri, gli incazzati, i delusi, a distaccarsi un attimo dalle appartenenze, degli schemi spesso necessari ma a volte pericolosamente restrittivi, e a capire che questo è un problema che deve coinvolgere tutti; vorrei anche dire a chi desidera allargare l'azione a tutte le privatizzazioni, alle battaglie no-global, che è comprensibile e giusto, ma che in questa sede è necessario concentrarsi sul problema attuale, quello di combattere per riappropriarci dell'acqua; ma vorrei anche dire a chi vuol parlare solo di acqua che dobbiamo tenere sempre bene in mente che questo problema di cui parliamo oggi è uno dei sintomi di una pressione globale che troverà altri modi per schiacciarci e che va frenata in tutte le sue forme e attraverso l'uso e la rivalutazione del concetto, troppo spesso schiacciato e svilito, della democrazia.
Democrazia. Tutto qui, quello per cui stiamo combattendo.
La cosa che stanno provando a rubarci perché la credevamo scontata e perché siamo stati distratti per troppo tempo: il diritto a essere cittadini e a decidere di noi stessi. Così la vedo io.
Le differenze e le distanze sul resto possono essere discusse, si può ridiscutere tutto ed è giusto ogni tanto fermarsi a riflettere, anche accalorarsi con veemenza, ma l'importante è ritrovarci uniti su queste cose fondamentali. Averle chiare in testa, e spiegarle e rispiegarle in ogni modo possibile a chi le ha dimenticate o non le ha ancora capite, da una parte e dall'altra degli schieramenti.
Anziché isolare e stigmatizzare i politici che in questi tempi di profonda instabilità (e conseguente annacquamento dei propositi, delle battaglie, degli schieramenti, delle energie) si annullano e azzerano ogni proposito e ogni ideale, bisogna spiegar loro, spiegare a tutti, ai politici di entrambi i poli e soprattutto agli elettori che li votano e li voteranno, che questa (e tutto quel che le sta intorno) è una questione umana, che va al di là degli schieramenti; la battaglia per la riappropriazione della democrazia, e dei diritti elementari come l'acqua, è una battaglia così necessaria e importante, su un piano “umano”, che non dovrebbe dividere, ma riunire persino cattolici integralisti e atei relativisti, quelli che lottano per il valore della solidarietà come quelli che fanno della patria e delle gerarchie il loro credo... è una questione umana, e dovremmo portarla avanti in quanto tale anziché dividerci e replicare anche qui le sciocche divisioni parlamentari e extraparlamentari, divisioni che a noi umani non servono a nulla. Dovremmo anzi combattere per riunire tutti in questa battaglia, evitare che diventi solo la battaglia di una piccola o grande parte politica, perché è una battaglia di tutti, cui tutti hanno diritto e che nessuno deve far propria solamente per la propria parte; dovremmo lottare per spiegare le nostre ragioni e farle capire a tutti, senza sosta, senza arrenderci, senza esitare... perché sono ragioni così semplici e lineari -umane- che non occorre altro che esporle, ripeterle, ribadirle in ogni sede possibile.

G. Iacobaci