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La nonviolenza oggi in Italia: Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Leila d'Angelo

Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Leila d'Angelo, insegnante di matematica, ha fatto parte del "Centro Gandhi" di Pisa dal 2002 al 2006 e da un anno fa parte del "Gruppo Jagerstatter per la nonviolenza" di Pisa, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.


- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Leila d’Angelo: Nel 1997 ho partecipato ad un Campo di educazione alla pace organizzato a S. Anna di Stazzema dal "Gruppo Jagerstatter per la nonviolenza" di Pisa. Lì sono state particolarmente illuminanti le lezioni di Nanni Salio.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?

- Leila d’Angelo: Sono entrata in contatto con gli amici della nonviolenza pisani, la città dove vivo, attraverso Rocco Altieri, che mi ha fatto capire molto della nonviolenza e di quanto sia difficile superare l'educazione alla violenza ricevuta da bambini.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Leila d’Angelo: Pat Patfoort, Difendersi senza aggredire, Ega, Torino 2006; M. B. Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri), Esserci, Reggio Emilia 2003; Walter Wink, Rigenerare i poteri, Emi, Bologna 2003 (cominciando dal terzo capitolo, come suggerì Alex Zanotelli); Mohandas K. Gandhi, Una guerra senza violenza, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?

- Leila d’Angelo: In Italia sarebbe importante un movimento più deciso contro le cosiddette "missioni di pace" e a favore di una politica estera cooperativa. Nel mondo, la lotta di Aung San Suu Kyi, in Birmania.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Leila d’Angelo: Per un modello economico che favorisca l'eguaglianza dei popoli e contrasti la concentrazione della ricchezza in pochissime mani.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Leila d’Angelo: Suggerirei di cercare quali sono i gruppi che operano nella sua città; tra le organizzazioni che operano a livello nazionale segnalerei Emergency, Amnesty International, Un ponte per...

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Leila d’Angelo: Potrebbe essere definita come un insieme di concetti e pratiche per la risoluzione dei conflitti che rispetti il principio del non uccidere e il principio della reversibilità, cioè della scelta di azioni dalle quali si può tornare indietro nel caso di errore o ripensamento.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno per la pace e l’ambiente, e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?

- Leila d’Angelo: Credo che qualunque lotta possa sperare in un successo duraturo solo se condotta con i metodi della nonviolenza.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?

- Leila d’Angelo: Vedo rapporti tra violenza e psicoterapie, per esempio quando i genitori dei miei allievi mi dicono che il ragazzo/a è seguito dallo psicologo, come se il problema fosse dentro di lui e non nel suo ambiente.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?

- Leila d’Angelo: Quando i media danno notizia di una manifestazione a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone, quello che si vede nei filmati sono solo i venti scemi che si sono abbandonati ad atti violenti: perché la violenza è più spettacolare della nonviolenza. Ecco, forse bisognerebbe che i giornalisti imparassero a saper vedere e a raccontare la nonviolenza.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione teorica e pratica?

- Leila d’Angelo: La nonviolenza invita a cercare soluzioni creative, adatte alle particolari circostanze in cui di volta in volta ci si trova, a sforzarsi di riconoscere quando la mente è ingabbiata da pregiudizi, a coltivare il dubbio. Queste sono, a mio parere, le caratteristiche che deve avere la ricerca scientifica.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Leila d’Angelo: Come un metodo che mette in pratica tre principi: 1) Più menti sono più intelligenti di una sola mente; 2) Se sono persuaso che la decisione che abbiamo preso è la migliore possibile, lavorerò meglio per realizzarla recuperando il tempo impiegato per decidere; 3) Posso fare un sacrificio personale se per gli altri è importante e se so che loro saranno disposti a farlo quando sarà importante per me.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?

- Leila d’Angelo: Nei conflitti a livello personale, riformulare le ragioni dell'altra parte. Spesso ho l'impressione che il conflitto degeneri solo perché si interpreta il desiderio dell'altro di realizzare un proprio bisogno come un attacco a noi stessi.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?

- Leila d’Angelo: Ci si forma alla nonviolenza soprattutto attraverso l'esempio.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?

- Leila d’Angelo: Attraverso lo studio di casi e la messa in pratica non appena ci si ritrova in un conflitto.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Leila d’Angelo: Mi sembra che le attuali pubblicazioni raggiungano un pubblico assai ristretto. Sarebbe assai interessante poter avere una rubrica fissa in un periodico a grande tiratura.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Leila d’Angelo: Formare e sensibilizzare i docenti, soprattutto per creare un clima nonviolento nei rapporti professionali, in classe, con le famiglie.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza; è così? E perché accade? E come potrebbero migliorare la qualità, la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Leila d’Angelo: Vedo bene che c'è questo problema, non ho idea della ragione. O forse la ragione è che è difficile praticare davvero la nonviolenza, essendo stati educati alla violenza.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se sì, come? E dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?

- Leila d’Angelo: Un convegno annuale? Una banca dati? Una rivista telematica settimanale e non pluriquotidiana?

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?

- Leila d’Angelo: Il sindacato è nato per organizzare i lavoratori in azioni di lotta nonviolenta. Sarebbe importante che nei sindacati si parlasse di nonviolenza e si facesse formazione all'azione nonviolenta in modo sistematico: la possibilità di azione dei sindacati ne uscirebbe rafforzata.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua esperienza essa si è data?

- Leila d’Angelo: L'amicizia offre la possibilità di verificare quali progressi si sono fatti sulla strada della nonviolenza (ed io sicuramente ne ho fatti pochi). Nella mia concreta esperienza, sembra che l'impegno nella nonviolenza sia disgiunto da una migliore qualità dell'amicizia.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive, e delle persone con cui si vive: quale relazione?

- Leila d’Angelo: Mi ha colpito leggere che Capitini diceva di aver imparato a prendersi cura attenta anche degli oggetti. Ecco, un atteggiamento nonviolento è un atteggiamento di cura e coinvolgimento personale in tutte le relazioni.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Leila d’Angelo: In Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004, c'è un paragrafo intitolato "L'uomo nonviolento di fronte alla morte". Tra l'altro, Muller dice: "Al contrario di chi colpisce, l'uomo che sceglie la nonviolenza ha coscienza che, rifiutando di uccidere, si assume il rischio di essere ucciso. Non è detto che questo rischio sia necessariamente più grande per il nonviolento che per il violento. La vera differenza non sta in questo. Ciò che cambia veramente è che il nonviolento affronta direttamente il rischio di morire senza ricorrere a sotterfugi. Anche lui sente la paura della morte ma, scegliendo la nonviolenza, egli ha scelto di farle fronte senza barare. È per questo che, in definitiva, solo colui che accetta di morire può assumere il rischio di essere ucciso senza minacciare di uccidere...".

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale è lo stato della nonviolenza oggi in Italia?

- Leila d’Angelo: Mi sembra che sia poco conosciuta.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?

- Leila d’Angelo: Credo che si tenda a confondere la nonviolenza con la disponibilità a sopportare l'ingiustizia. Al di là di un ristretto circolo, c'è una grande disinformazione sulle proposte operative della nonviolenza per la risoluzione dei conflitti. Tra chi si occupa di politica la disinformazione è palpabile ed evidente.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative intraprendere perché vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?

- Leila d’Angelo: Trovare spazio nei media, per esempio una rubrica fissa su un quotidiano nazionale. Inserire voci in Wikipedia. Formare gli insegnanti.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?

- Leila d’Angelo: Fare attenzione alle parole che si usano, sorvegliarne l'uso che se ne fa può essere utile per contrastare i pregiudizi e i luoghi comuni.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?

- Leila d’Angelo: Lo stile di vita diffuso nei paesi occidentali ha conseguenze distruttive sul pianeta Terra. Cambiare il proprio stile di vita significa ridurre la violenza.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?

- Leila d’Angelo: Come insegnava Gandhi, cambiare se stessi per poter cambiare il mondo.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Leila d’Angelo: Leila Lisa d'Angelo è nata a Rionero in Vulture nel 1959. Vive a Pisa, dal 1978, dove si è laureata in matematica. Insegna matematica nelle scuole secondarie superiori. Ha fatto parte del "Centro Gandhi" di Pisa dal 2002 al 2006. Da un anno fa parte del "Gruppo Jagerstatter per la nonviolenza" di Pisa. Riguardo alla nonviolenza ha scritto: Un modello matematico per le corse alle armi: le equazioni di Richardson, "L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate", vol. 25B, n. 5, ottobre 2002 (pubblicato anche sul sito dell’Università Bocconi di Milano: http://matematica-old.unibocconi.it/richardson/home.htm); Uno strumento per la ricerca sulla pace: le raccolte di dati sui conflitti, “Quaderni Satyagraha”, n. 4, dicembre 2003, edita da Plus e Centro Gandhi.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Leila d’Angelo: Vorrei lanciare un'idea: sostituire la parata militare del 2 giugno con una parata di tutte le componenti della società: artigiani, operai, professionisti, docenti, studenti, artisti, volontari, etc., e anche militari. Le parate militari sono il retaggio di un passato in cui il sovrano doveva circondare l'esercito, agli occhi del popolo, di un'aura di gloria e trionfo per convincere i contadini a trasformarsi in soldati a difesa degli interessi del sovrano. Oggi in italia il sovrano è lo stesso popolo che per di più ripudia la guerra come strumento di offesa. Mi sembra che manchino i presupposti legali e logici per giustificare la spesa di una parata militare. Sarebbe invece importante se, una volta all'anno, il popolo facesse l'inventario di tutto quello che si fa e si produce nel paese, beni materiali e beni immateriali.

 

Fonte: Centro Ricerca per la Pace di Viterbo