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Un caffè, una conversazione, e alcune questioni complesse

A tu per tu con una donna che ha deciso di fermarsi, con pazienza, a prendere un caffe’ con i suoi “Haters” – di Hannah Richter, 14 dic. 2020

Viviamo in un mondo che ospita un grande insieme di differenti gruppi di persone. Noi stessi ci consideriamo “parte di un gruppo” ed “estranei ad un certo altro gruppo”, distinguiamo spesso un “noi” da un “loro”. Siamo portati a generalizzare in continuazione, e spesso a parlare di “quegli altri là” come si trattasse di nemici, a prescindere. Frequentemente ci dimentichiamo di quanto simili a “noi” “quegli altri là” possono essere; tendiamo cioè a sorvolare su tutto un insieme di cose che potremmo avere in comune, molte esperienze simili che possiamo avere tutti attraversato, e anche pregiudizi che potremmo avere in comune, gli uni nutriti nei confronti degli altri.

Chi scrive si è dato appuntamento ad una teleconferenza via Skype con Özlem Cekic, una ex-parlamentare della Danimarca. Ci siamo presi questa occasione per parlare della sua originale strategia personale impiegata per ridurre fenomeni di iperpolarizzazione di cui sopra. Non si tratta, in questo caso, di iniziative d’indirizzo politico, né di organizzare grandi convegni con una grande partecipazione di pubblico. Si tratta al contrario di intrattenere una conservazione a due nel contesto conviviale di una tazza di the presa insieme.

Potete veder l’intervista originale attraverso il link riportato a fine articolo.

Özlem è nata in Turchia, emigrò in Olanda in giovane età, ed è di provenienza etnica Curda. Per via del tipico modello di educazione che ricevette crescendo, riesce a riconoscere molto bene in prima persona le condizioni tipiche dalle quali nascono pregiudizi, sia che essi riguardino i Turchi in relazione ai Curdi, i Musulmani in relazione agli Ebrei, o altre comunità ancora. Ci descrive alcune esperienze personali vissute quando era bambina, nelle quali fu testimone di diversi episodi di generalizzazione con la quale ci si riferiva ad un certo gruppo di “altri”. In seguito a tali episodi, si convinse di non poter diventare amica di persone Turche, o di non poter avere un dialogo con una bambina Ebrea per via della propria diversa religione, che è Musulmana. Quel che Özlem ha però constatato con l’esperienza, era che quegli “altri” di turno non solo erano persone gentili, ma partecipavano anche a tradizioni simili alla propria. La stessa Özlem ha affermato, nelle sue testuali parole, che “la mia amicizia con quella bambina Ebrea mi ha <<vaccinato>> contro molti pregiudizi che sarebbero potuti nascere in me stessa.”

Fu proprio questa lezione ricevuta in tenera età ad aver aperto ad Özlem, più avanti nella sua vita, alcune intuizioni e constatazioni determinanti. Özlem è stata una delle prime donne provenienti da una comunità etnica minoritaria ad essere eletta nel Parlamento Danese. Appena assunto questo incarico pubblico, cominciò ad essere inondata da una grande quantità di email alimentate da odio, come quella di alcuni che si chiedevano cosa mai ci facesse in Parlamento una “terrorista come lei”, o che commentavano espressamente sul suo presunto aspetto estetico ripugnante.

Dopo aver ricevuto per mesi e mesi molestie di questo tipo via email da uno dei suoi detrattori, prese in seria considerazione un consiglio espresso da un suo collega, che le suggeriva di far qualcosa per arginare queste emails mandatele dai suoi “haters”. Decise così di invitare costoro ad un incontro personale. Per quanto inizialmente fosse in apprensione, temendo che qualcuno potesse anche ucciderla, Özlem rimase comunque convinta dell’importanza di incontrare queste persone e dialogare con loro, onde persuaderle ad abbandonare ogni atteggiamento più estremo che avrebbe potuto sfociare in violenza conclamata. Nel prepararsi ad affrontare questi incontri, Özlem era mossa da una certa persuasione personale di essere quella “buona”, e che fossero i suoi acerrimi oppositori ad essere i “cattivi”; quando poi le fu chiesto se fosse riuscita a “redimere” quell’oppositore incallito e particolarmente accanito, a fargli abbandonare il suo razzismo nei confronti suoi e verso i Musulmani in generale, Özlem disse qualcosa di inaspettato: “Tutti mi fanno questa stessa domanda, anche se il quesito più significativo è piuttosto: quel tipo mi ha fatto cambiare opinione su di lui stesso?”

Ecco come, a tal proposito, siamo tutti portati a creare categorie di “appartenenti” e di “estranei” a gruppi particolari.

Il primo “incontro al caffè” ha reso evidente alla ex parlamentare quanto la faziosità che porta a polarizzazioni non venga dall’esterno (società, educazione, cultura) ma sia spesso alimentata da noi stessi come singole persone. Per avere un buon dialogo con una persona bisogna essere intenzionati all’ascolto reciproco e disposti a cambiare il proprio punto di vista. Ben presto, durante quel primo incontro, Özlem si rese conto di quanto si stesse lasciando trasformare da esso, al punto che non volle lasciare finire l’interlocuzione in quel primo appuntamento. Per tale motivo, decise di dare ulteriore respiro a quella sua idea avviando un ciclo di incontri dal nome “Il caffè dei dialoghi”.

La stessa Özlem rimase piacevolmente sorpresa da quanto fu in grado di imparare in un tale contesto. “Il fatto che l’interlocutore sia un uomo, una donna, uno statunitense, un danese, Musulmano o Cristiano non è un fattore influente. Tutte queste persone hanno generalmente un aspetto in comune, cioè la credenza che siano <<gli altri>> ad avere un problema e che quindi devono fare qualcosa per rimediarvi. In ogni caso – ricorda la Özlem - non si può (sempre) aspettare che sia l’altro a fare il primo passo: Possiamo essere noi a iniziare la conversazione, avendo fiducia che anche l’altro possa prendere in seguito questa iniziativa. Se vuoi fare qualcosa di concreto per evitare gli arroccamenti in posizioni polarizzate, occorre che tu faciliti degli incontri e delle conversazioni; è proprio nelle spiegazioni reciproche che qualcosa di miracoloso generalmente avviene.”

“La cosa più importante e comprendere le differenze.

Nel bene o nel male, incontreremo sempre delle situazioni di polarizzazione. Ma sappiamo che saremmo sempre una parte della loro causa e, quindi, possiamo agire per risolverla. Il creare gruppi nasce sempre da ognuno di noi.” La Özlem prosegue spiegando che nelle società democratiche “la presenza di molte visioni differenti non è un problema, purchè si voglia comprenderne le differenze. Dobbiamo a tal fine imparare a vivere in mezzo a queste differenze e a tollerarle. Più siamo in grado di tollerare le differenze, maggiore sarà la nostra libertà. Una volta compreso che ognuno di noi è parte del problema, possiamo iniziare a far qualcosa di concreto per superarlo cambiando innanzitutto qualcosa in noi stessi. Conversando con gli altri e ascoltandoli, possiamo imparare a comprenderli costruendo ponti di connessione con loro.”

La Özlem ha quindi concluso il suo racconto affermando che “se desidero veramente cambiare il mondo devo iniziare a cambiare qualcosa di me stessa. Se sono veramente contrario alla guerra, devo attivamente fare qualcosa per costruire le condizioni per la pace. Non è (discutendo) con gli amici che si fa la pace; la si fa andando incontro ai propri nemici; e non puoi fare pace con loro senza una conversazione.”

Link al sito web contenente l’articolo originale:

https://www.daretobegrey.com/50colours/portraits/coffee-conversation-and-some-complex-problems

Link all’intervista originale dell’autrice con la ex parlamentare: https://www.youtube.com/watch?v=UZlOuuP9o8I

Traduzione: Andrea De Casa