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Lettera alla famiglia umana

Cari amici e care amiche,

ho solo voglia di piangere, il mio cuore è arrabbiato, sono stupito e sconcertato, ma non è di rabbia che vi voglio parlare. Adesso mi calmo! Come sempre quando comincio a scrivere il mio animo trova un po’ di pace e adesso si, posso dirvi quello che penso.

Ho un enorme bisogno di scrivere, di essere trasportato dal momento, ma senza essere inghiottito da fantasticherie. Voglio anzi raccogliere tutta la mia concentrazione, la mia lucidità; lasciare perdere i rancori e gli odi per dirvi questo:

“Ho sentito alla televisione, proprio stasera (servizio pubblico di Michele Santoro) persone che urlavano contro i politici ed i banchieri, contro il sistema; persone disperate che dicono di non avere futuro, di non sapere cosa fare; che si lamentano di lavori saltuari e troppo umili per gli studi fatti, uomini e donne, giovani ed anziani che chiedono competitività, lavori a tempo indeterminato, salari e contratti migliori, persone che disperate dicono di impiccarsi, che non sanno cosa fare senza la luce in casa, che non esiste più la classe media.

Tutte queste persone che criticano il sistema e le sue logiche, con proteste del genere, con le loro lacrime e la loro disperazione, stanno paradossalmente urlando e ammettendo che sono DIPENDENTI dal sistema che criticano e lo rivogliono. Sono paradossalmente i più fervidi difensori del sistema capitalistico, ahimè.

Queste persone stanno urlando che rivogliono subito il capitalismo, le classi medie e la loro ricchezza.

Giuro solennemente che tutte queste persone mi stanno a cuore e che le capisco, ma stanno male direzionando le loro emozioni, i loro desideri, la loro forza.

Davanti a noi abbiamo chiaro come la luce del sole che il sistema del capitale, ovvero dell’accumulo, della competitività e dell’abbondanza e delle classi (ricche, medie e povere) è entrato in una crisi profonda. È entrato in crisi perché per sua natura il capitalismo si fonda sull’egoismo e su una avidità che nessuno dovrebbe desiderare per sé stesso. Questi due elementi non sono valori ma disvalori e, sono entrati in crisi perché incuranti e irresponsabili. Se fosse stato un sistema d’Amore e di amicizia non sarebbe mai potuto entrare in crisi, non si sarebbe mai indebolito, perché un sistema d’Amore pensa agli altri, li cura, li protegge. Non li lascia a loro stessi.

Le persone che ho sentito lamentarsi a ragione, non dovrebbero volere maggior competitività, ma maggior cooperazione e solidarietà, perché competitività è potere sull’Altro, mentre collaborazione è potere con l’Altro. Non dovrebbero volere un mercato del lavoro equo, perché il mio lavoro non è una merce come le altre, perché un “mercato del lavoro equo” è un ossimoro insopportabile, una contraddizione in termini insopportabile.

Insomma, queste mie sorelle e questi miei fratelli stanno urlando inavvertitamente che rivogliono un capitalismo legalizzato, sano senza preoccuparsi se questo sistema sociale, se questo modo di vivere affama Altri o meno. Se questa è una mia mal interpretazione chiedo sin d’ora profondamente scusa, ma chiedo per favore che ci si esprima con più chiarezza allora”.


Voglio dunque lanciare un messaggio: quello che dobbiamo fare è rifiutare questa logica in cui siamo nati, per intero e, unirci in gruppi autonomi che amo molto definire “gruppi nonviolenti di resistenza”. Gruppi di calzolai, medici, falegnami, elettricisti, erboristi, professori, avvocati, meccanici, imprenditori, politici, fabbri, muratori, contadini, sarti, notai, ricercatori, giornalisti e altri per sostenerci a vicenda. Realtà analoghe già esistono nel nord Europa. Piccole società autogestite e pacifiche. Questa logica di amicizia è una grande e potente alternativa a dimostrazione del fatto che noi NON SIAMO ASSOLUTAMENTE DIPENDENTI da nessun potere politico o economico. Un alternativa concreta e che mette in forte discussione le logiche del profitto per il profitto, le logiche dell’accumulo (che sono alla base della logica delle classi).

Se qualcuno non crede che esistano già poco male. Allora complimenti possiamo essere i primi.

Possiamo cominciare da domani se volessimo. Cosa abbiamo da perdere a questo punto se non le nostre catene? Per dirla con Marx.

Henry David Thoreau rimaneva sconcertato dal fatto assurdo e lampante che calzolai, muratori, falegnami, sarti, eccetera andassero vestiti di stracci e con le scarpe rotte e si coricassero in capanne pericolanti, dopo aver passato la giornata a riparare scarpe e vestiti e case di persone ricche e che da sole non avrebbero potuto. Immagino il messaggio sia chiaro.

Riuniamoci!

Riuniamoci e formiamo delle piccole comunità dove non si usano soldi perché ognuno lavora non per arricchirsi, ma per vivere sereno e far vivere sereni gli altri; dove non dobbiamo prendere energia se non dalle fonti che fabbrichiamo; dove esistono imprese autogestite dagli operai stessi, a tutti i livelli e, nelle cui fabbriche si produce ciò di cui veramente abbiamo bisogno e non ciò che ci dicono di produrre; dove anche le scuole sono autogestite; dove insomma siamo noi ad essere sovrani del nostro mondo.

La sovranità appartiene al popolo? E allora coraggio siamo sovrani!

Ognuno di voi che lavora in un settore, si accordi con altri lavoratori per organizzare i piani di lavoro nella sua piccola realtà e costruisca lui stesso ciò di cui ha bisogno, bypassando intermediari inutili.

Il mio futuro non dipende da un manipolo di avidi, ma dalla mia volontà e dalla mia creatività.

Questa non è utopia! Non vi chiedo di ricreare una società di sana pianta, ma di prendere possesso e controllo di quello che sempre è stato e sempre sarà del popolo, ovvero delle fonti di energia rinnovabile; della nostra economia, quella di piazza che conoscete bene (ma ovviamente non solo quella); delle nostre case; delle nostre scuole, dei nostri mezzi di informazione; eccetera.

Avete visto in Grecia che cosa hanno fatto? Giornalisti e tecnici hanno occupato gli uffici della tv mandando in onda quello che decidevano loro. E così dovrebbero fare gli italiani che occupano le fabbriche. Allora si che la sovranità apparterrebbe al popolo per davvero.


Ho una richiesta da farvi, per favore!

Fate girare questa mail a persone che potrebbero essere interessate e disposte a condividere il proprio sapere, come avete capito di qualsiasi estrazione, ad organizzarsi qui a Bologna o altrove (sarei disposto ad andare ovunque), per un esperimento di convivenza comunitaria autonoma.

Io sono Toscano, versiliese, giù da me ho già cominciato a parlare con un assessore del comune vicino al mio paese e potrebbe esserci un posto. Potremmo cominciare da lì magari.

Non so bene da dove cominciare onestamente, spero che questo non scoraggi nessuno, ma sono disposto e aperto a qualunque proposta. Intendo in senso strategico, non che non so fare niente, ma non ho mai messo su nessuna comunità, ecco.

La mia speranza è che questa mail viaggi molto e possa essere letta da qualcuno che mi capisce e che è disposto a darmi qualche consiglio.


Presto organizzerò a Bologna, la città in cui adesso abito, un incontro pubblico dove parlerò di quello che significa nonviolenza e di quanto questa sia strettamente legata alla sobrietà, alla partecipazione comunitaria e politica, eccetera.

Potremmo cominciare anche da qui volendo.


Alessandro Cesarali

Fonte: Alessandro Cesarali