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Saverio Aversa intervista Judith Malina

Tratto da "Nonviolenza. Femminile plurale", n. 66 del 1 giugno 2006
[Dal quotidiano "Liberazione" del 27 maggio 2006]

Saverio Aversa vive a Roma dove lavora come educatore in un centro per disabili, attivista del movimento glbt e per i diritti umani, giornalista culturale, si occupa di culture delle differenze.
Judith Malina, straordinaria artista, intellettuale, attivista nonviolenta e libertaria, con Julian Beck - scomparso nel 1985 - anima del Living Theatre, che insieme avevano fondato nel 1947. Opere su Judith Malina: Cristina Valenti (a cura di), Conversazioni con Judith Malina, Eleuthera, Milano 1995] La città di Chieti e il teatro Marruccino hanno ospitato nei giorni scorsi Judith Malina e Hanon Reznikov, direttori dello storico Living Teatre di New York, un gruppo teatrale anarchico e pacifista che ha lasciato un segno profondo nella cultura occidentale del secolo scorso. Il Living è stato protagonista di grandi battaglie politiche e sociali come quella contro l'intervento americano in Vietnam. "Love and politics" è la serata di poesia e di testi teatrali proposta ai teatini, uno spettacolo simbolo dell'impegno del gruppo, intensa espressione di una particolare estetica visionaria. Amore e politica, temi svolti attraverso brani di opere del repertorio del Living come Utopia e Metodo zero. Malina e Reznikov hanno anche tenuto un laboratorio di cinque giorni sulle tecniche e sulle pratiche di creazione teatrale che ha consentito ai partecipanti di costruire un breve spettacolo intitolato Una giornata nella vita della città: un esperimento di vita quotidiana applicato ai vari luoghi urbani. I partecipanti, oltre al lavoro sul corpo, sulla gestualità, sulla voce e l'improvvisazione, hanno studiato la storia dei 59 anni del Living attraverso la visione di alcuni documentari. Tutto inizia nel 1947 a New York quando Julian Beck e Judith Malina, marito e moglie, entrambi ebrei tedeschi scappati negli Stati Uniti durante il nazismo, frequentano gli stage teatrali del loro connazionale Erwin Piscator, regista e teorico della ricerca di un'arte legata ai bisogni vitali. Qualche mese dopo Beck e Malina fondano il Living Theatre che già con i primi spettacoli suscita reazioni scandalizzate. Il Living si oppone radicalmente a Broadway e a tutto ciò che rappresenta, apre nuove possibilità alla rappresentazione teatrale e fornisce argomenti e ispirazione ai teatranti anticonformisti di tutto il mondo. Julian Beck, morto nel 1985, è stato attore, regista e scenografo. Iniziò come pittore legato all'espressionismo astratto e infatti firmò le scene di quasi tutti gli spettacoli del Living, dirigendone buona parte e facendo anche l'attore.
È stato interprete cinematografico di film come l'Edipo Re di Pasolini e Cotton Club di Coppola. Dopo la sua scomparsa Reznikov affianca Malina nella vita e nella direzione del gruppo. Abbiamo incontrato la coppia proprio in un camerino del Teatro Marruccino. Judith Malina ha risposto ad alcune domande con qualche intervento di Hanon Reznikov. - Saverio Aversa: Quali sono gli obiettivi principali del laboratorio di Chieti?
- Judith Malina: Sicuramente la creazione collettiva alla quale si giunge con degli esercizi che noi insegnamo ai partecipanti che però discutono fra di loro sul soggetto da mettere in scena. Vogliamo che costruiscano lo spettacolo che è per loro importante. Naturalmente noi abbiamo i nostri punti di vista ma non imponiamo la nostra ideologia: vogliamo che loro si impossessino del potere, dell'autodeterminazione e quindi della capacità di essere decisivi. Noi mettiamo le nostre esperienze teatrali al servizio delle loro idee. Li aiutiamo materialmente a scrivere il testo e a pensare alle scene attraverso le tecniche dei surrealisti francesi.

- Saverio Aversa: Ha un valore aggiunto questo vostro impegno in una piccola città?
- Judith Malina: Da almeno trent'anni portiamo il nostro teatro in Italia e sosteniamo il decentramento culturale perché conosciamo il vostro paese molto bene, in tutti i suoi aspetti. Soprattutto i giovani sono molto interessati e coinvolti dal nostro modo di fare teatro e sono stimolati dalla possibilità creativa istantanea, spontanea e di gruppo. Nello specifico di questo workshop sono stati scelti sei temi: follia-normalità, diversità-collettività, potere-capitalismo, comunicazione, le paure, l'integrazione spirituale.

- Saverio Aversa: I giovani quindi sono una grande risorsa per un futuro migliore?
- Judith Malina: Ne siamo convinti. Dopo la "rivoluzione" del 1968 il privato ha prevalso sul pubblico, si è perso un certo ottimismo poiché le cose non sono andate come speravamo, la sinistra è rimasta schiacciata da una grande delusione. I giovani oggi hanno di nuovo la volontà di cambiare la società come allora. Li abbiamo visti anche al G8 di Genova dove abbiamo realizzato, insieme a molti di loro, una serie di performance di teatro di strada. I ragazzi del duemila possono essere ancora più radicali e rivoluzionari di quelli di quaranta anni fa.

- Saverio Aversa: Le recenti proteste degli studenti e dei giovani lavoratori francesi ne sono una dimostrazione?
- Judith Malina: Sono straordinari, forse perché sono i discendenti dei protagonisti della rivoluzione del 1789. Sono riusciti a far cambiare una legge del governo. E intanto altri governanti giocano con le armi come fossero bambini inconsapevoli, fanno le guerre più sanguinarie.

- Saverio Aversa: L'arte, il teatro, sono in grado di far scomparire le guerre?
- Judith Malina: Attraverso un discorso educativo si può raggiungere questo scopo. L'unico metodo è entrare nell'animo delle persone e cambiarne i comportamenti. Soprattutto questo può essere utile, meno incisiva si è dimostrata la politica. Due settimane fa a New York abbiamo debuttato con uno spettacolo contro la guerra. Siamo sempre stati antimilitaristi e a Times Square, davanti ad un ufficio di reclutamento di soldati da mandare in Iraq, in risposta ad uno spot pubblicitario dell'esercito trasmesso da un grande schermo interagiamo con un'azione teatrale che si intitola "No, sir!".