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La riabilitazione tardiva di “Esperienze pastorali” di don Lorenzo Milani

La sua Chiesa, quella cattolica e quella diocesana, amata, servita e obbedita, si è riconciliata o continua ad aver paura di don Lorenzo Milani? Ma quando mai? Non è mai stato ‘condannato’. Lo apprendiamo dall’arcivescovo di Firenze card. Betori, il quale, a distanza di 56 anni dalla tragedia di “Esperienze pastorali”, l’unico libro dei tre che hanno sconvolto Chiesa e Stato (seguiranno “L’obbedienza non è più una virtù” e “Lettera a una professoressa”) scritto totalmente di suo pugno, ha inviato un dossier a Papa Francesco che lo ha girato per competenza alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale ha risposto, appunto, che don Lorenzo non è mai stato ‘condannato’.

Il suo scritto era stato semplicemente giudicato ‘inopportuno’ e, nel giro di otto mesi, ritirato dalle librerie con divieto di pubblicazioni future. Niente più che due “comunicazioni” del Sant’Uffizio, a distanza di oltre mezzo secolo, hanno aperto e chiuso una delle pagine più dolorose della storia della Chiesa di quest’ultimo secolo. E noi tutti, ingenui e sprovveduti, che avevamo capito che di preti ‘inopportuni’ la Chiesa non ne volesse tra i piedi! Li relegava tra i monti, senza strade, senza telefonini, con ben pochi amici disposti a giocarsi un pezzo di talare per lui.

Bentornato, don Lorenzo! Almeno in libreria. Anche se il danno è stato grande e irreversibile. Proprio perché i tempi sono cambiati: non più quelli di un Pio XII al suo tramonto e neppure quelli di un Concilio che nella sua parte più difficile, che fu anche la tua - quella del ritorno della Chiesa ai poveri e dei poveri alla Chiesa - è stato largamente e scandalosamente disatteso. Ne sono passati di papi, anche santi, anche profeti. Due, proprio in questi giorni, saliranno gli altari, dopo aver salito il paradiso. Ma di te non si erano ricordati. Fortuna e Spirito Santo hanno voluto che sul seggiolone del pescatore di Betsaida giungesse a sedersi uno venuto dall’altro mondo, che parla come mangia e crede come gli ha insegnato la nonna, senza latinorum né arzigogoli ipocriti.

Ecco, appunto, l’ipocrisia. Come dire che don Lorenzo non ha bisogno di ‘riabilitazione’ perché non è mai stato ‘condannato’. Un provvedimento ‘prudenziale’. Sono i serpenti che hanno bisogno della prudenza. Alle colombe basta la semplicità. Così, a termini di vangelo. Non sono i teologi e gli azzeccagarbugli che hanno bisogno di sapere, anzi vedere e toccare con mano, da che parte sta la Chiesa; sono i poveri e non quelli di spirito, ma i poveri di tutto. Condanne e riabilitazioni che si confondono tra annunci e smentite, come queste sull’asse Roma-Firenze, fanno solo un gran male, creano sofferenza, disagio, danni. E per grazia di Dio c’è stato chi ha rischiato l’inferno e non ha obbedito, conservando il testo nella biblioteca di casa.

Tra poco ci sarà un altro banco di prova, di nuovo con più di mezzo secolo in ritardo, protagonista ancora quel ‘rompi’ di Barbiana. Già ce ne sono le avvisaglie. Citiamo solo un titolo: “Cappellani senza stellette, l’ordinariato militare si spacca”. Non è stato risolto allora. Volesse Dio lo fosse oggi: che nessuno possa uscire dal seminario senza lo studio sistematico di quei tre libretti sui quali sono stati stesi cinquant’anni non di un velo pietoso, ma di una pesantissima coltre sotto cui si è ammonticchiata polvere e, più ancora, pantano, privilegi, roba che tappa la bocca e la coscienza.

Forza, papa Francesco, forza don Lorenzo! La Chiesa ha bisogno di specchiarsi in voi per sapere quello che deve e quello che non deve fare, dire, insegnare e vivere. Quella Chiesa che era nata per i poveri (i stempi messianici si riconoscono dall’annuncio ai poveri della buona novella) e con loro e per loro aveva camminato nei primi secoli, si è poi a loro affiancata in un cammino che è generoso chiamare parallelo per poi finire spesso a camminare lontano da loro, anche se con non poche e non piccole eccezioni. Ancora, grazie a Dio, eccezioni.

 

Fonte: Il Corriere Apuano, n. 17 del 26 aprile 2014