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L'altro lato della montagna. Su Martin Luther King (Darryl Lorenzo Wellington)

Darryl Lorenzo Wellington presenta "Going down jericho road: the memphis strike. king's last campaign" di Michael k. Honey

[Dalla rivista "Lo straniero", n. 85, luglio 2007 riprendiamo il seguente articolo (disponibile anche nel sito www.lostraniero.net) dal titolo "L'altro lato della montagna. Su Martin Luther King" originariamente apparso su "Dissent", primavera 2007 (traduzione di Elisabetta Lopalco)]

Pubblicato su “Voci e volti della nonviolenza”, n. 76 del 6 luglio 2007


Mentre scrivo queste righe il Martin Luther King Day del 2007 si è appena concluso.
Con il passare degli anni - il 2007 è il trentanovesimo anniversario della sua morte - l'appartenenza di King al pantheon dei grandi personaggi americani e l'unicità storica del movimento di protesta nonviolenta da lui capeggiato appaiono sempre più indiscutibili. Un festa nazionale è un onore che gli si deve. Tuttavia, il memoriale che si svolge ogni anno è sia il culmine del lascito di King sia un peso che grava su di esso.
Ho partecipato alle celebrazioni in onore di King a Charleston, Sud Carolina, e certamente rispecchiano quelle avvenute in tutti gli Stati Uniti. Ci sono state le solite parate - licei, college, sostenitori della Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) - e i soliti discorsi, sermoni e omelie. Ho anche preso parte a un banchetto di studenti universitari che avevano passato la giornata a onorare il concetto di altruismo impegnandosi in attività umanitarie. Per quel che vale l'attivismo di base, gli studenti si erano comportati da novellini, ma le loro intenzioni erano buone. Quello che mancava era la sensazione di tumulto e di lotta. Con questo intendo dire la possibilità di svolgere dimostrazioni di massa e campagne per la giustizia paragonabili a quelle avute per eliminare il concetto di cittadini di seconda classe e la segregazione. Nell'America di oggi non esiste nessun muro di ingiustizia tanto visibile e indifendibile come lo era la segregazione. Non ci sono nè proteste nè sollevazioni di massa simili a quelle che si ebbero negli anni Sessanta. C'è la guerra in Iraq; ma non c'è nessun obbligo di leva. Ci sono ghetti inumanamente privi di tutto come ai tempi di King e ingiustizie di massa come l'assenza di un'assistenza sanitaria universale; ma c'è poca consapevolezza di come si potrebbe rimediare a questi mali tramite raduni e marce di protesta. Ciò che manca a queste commemorazioni è il senso delle impellenze politiche che bussano alla porta. Così il risultato è un linguaggio privo di forza politica e di forza retorica.
Ogni anno ci viene ricordato che King era un "nonviolento", ma troppo poca attenzione è data alla nonviolenza sia come filosofia che come tattica politica. Questa sembra essere il privilegio beatifico di un santo che, tra le altre cose, aveva un "sogno". Il King Day è tanto piatto da rendere possibile che nessuno dei partecipanti apprenda (o ricordi) che poco prima della sua morte ci fu una frattura tra King e la Naacp, e che questa lo accusò nel 1967 di essersi opposto alla guerra in Vietnam. Nè è probabile che si sentano critiche rivolte a King provenire dall'interno della sua organizzazione, la Southern Christian Leadership Conference, che, secondo Ella Baker, appare troppo dipendente da King quasi fosse un carismatico prestanome.
Il banchetto di studenti al quale mi sono trovato a partecipare si è concluso con una lettura di testi di King. Gli studenti li hanno letti con le loro voci, senza lo sfavillio retorico di King, a volte bene, a volte con qualche incertezza. L'effetto è stato più che affascinante; è stato - finalmente - potente. Ci ha aiutato ascoltare le parole e, nelle parole, rintracciare la violenza e la disperazione del tempo in cui sono state pronunciate. Questo pubblico di giovani aveva finalmente iniziato a capire che nonostante il messaggio di King non fosse così complicato - ricerca dell'uguaglianza, protesta appassionata e amore cristiano - era il messaggio giusto per quel periodo, e fu in grado di scuotere il mondo. Tuttavia questa chiarezza genera una nuova confusione. Il dilemma è come onorare il messaggio di King adattandolo al mondo di oggi.

Ci aiuta a correggere la visione corrente che ci viene data del linguaggio e dell'eredità di King un libro come Going Down Jericho Road: The Memphis Strike. King's Last Campaign, di Michael K. Honey (W.W. Norton, 2007, che ci auguriamo venga presto tradotto in italiano, ndr). È una risposta al dilagare delle consuete immagini sentimentali di Rosa Parks e del boicottaggio dell'autobus di Montgomery o della marcia su Washington. Il libro di Honey si occupa della Campagna dei poveri, l'ultima intrapresa da King prima della sua morte. La Campagna dei poveri rimane tuttora controversa. King cercò di dar vita a un movimento di protesta di massa, nel bel mezzo delle agitazioni per il Vietnam, e il suo gesto fu criticato come un tentativo frenetico di umiliare il governo, costringendolo a porre fine alla guerra in Vietnam e a destinare le proprie risorse alla realizzazione di riforme economiche su larga scala.
Lo scrittore inizia con il fornire una breve spiegazione sulla sua relazione con il materiale trattato. Nel 1968 Honey era un giovane attivista. Egli ricorda: "Come molti militanti della nuova sinistra, nel 1968, pensavo che forse King non fosse abbastanza radicale. Poi iniziò la sua Campagna dei poveri, un tentativo disperato di convincere il governo a spostare le sue priorità dalla spesa militare all'abbattimento della povertà. King sperava di creare un movimento dei poveri, cominciando dal delta del Mississippi, cuore del cotone, della segregazione e della povertà. Andò anche a Memphis, la capitale economica del Tennessee, per appoggiare 1300 lavoratori della nettezza urbana in sciopero per i propri diritti". King portò la Campagna dei poveri a Memphis e mise la sua notorietà a sostegno dei dipendenti della nettezza urbana. È proprio qui che venne assassinato il 4 aprile 1968.
Michael Honey si trasferì a Memphis nel 1970 e trascorse i sei anni successivi a lavorare per la sezione locale dell'Aclu (American Civil Liberties Union). "Arrivai a Memphis due anni dopo la morte di King, ma quando iniziai le ricerche per il libro mi resi conto che comprendevo poco di quello che era accaduto in città durante le grandi sollevazioni del '68 e del '69". Honey divenne amico di molti degli organizzatori e degli attivisti che erano stati coinvolti nello sciopero; essi gli fornirono una prospettiva unica dalla quale guardare alla città tristemente nota nel resto del mondo come teatro della morte di King. Per Honey, Memphis era anche il luogo di uno sciopero disperato che aveva fortemente attirato l'attenzione di King, tanto da rimanere per sempre legato alla sua storia e al suo tragico destino.
Questo è certamente il libro più esauriente che sia mai stato scritto circa lo sciopero dei lavoratori della nettezza urbana di Memphis e la partecipazione di King a esso. Proprio come lo sciopero, il libro di Honey incomincia prima dell'arrivo di King. È importante per lo scrittore non far scomparire i nomi e i volti di chi vi partecipò dietro la fama di quest'ultimo. Honey ci ricorda che lo sciopero "andò avanti con le sue rivendicazioni e con i suoi leader, ma il caso volle che l'evento locale e la storia di King risultassero irrimediabilmente intrecciati".
Tuttavia questo è anche un libro su King. È un tentativo di rivalutazione della sua eredità, un omaggio non apologetico, che prova a sostituire l'immagine logora che oggi possediamo con una nuova e adeguata. Honey scrive: "La storia di Memphis ci fornisce uno spiraglio per comprendere le lotte degli anni Sessanta così come i grandi ostacoli che si sono frapposti tra il sogno di King e il raggiungimento di una società unita, pacifica, integrata e democratica. È una storia, inoltre, che si è quasi del tutto persa nella Storia. Anche se molte persone sanno che King morì a Memphis, molti non sanno cosa stesse facendo là; le persone non sanno che egli morì nel corso di una lotta per assicurare ai lavoratori il diritto di avere un sindacato".
La scintilla che accese la miccia che portò allo sciopero fu la morte senza senso di due lavoratori della nettezza urbana. "Alla fine di un miserabile, freddo giorno di lavoro gli sporchi, consunti vestiti di Echol Cole e Robert Walker puzzavano d'immondizia. La città non metteva a loro disposizione guanti, uniformi o un posto dove farsi una doccia. Lavoravano duro, alzavano i secchi dell'immondizia e se li caricavano sulle spalle o sulla testa o su dei carretti per scaricarne il contenuto in camion antiquati. Quel giorno Cole e Walker camminavano su un asse precario e maleodorante teso tra l'ariete idraulico usato per pressare l'immondizia e ridurla a un piccolo mucchio e la parete del cavernoso container del camion".
I camion degli impiegati della nettezza urbana erano - a dir poco - antiquati e quelli più inefficienti dal punto di vista meccanico si accendevano occasionalmente da soli. Questo è esattamente ciò che successe il giorno in cui Cole e Walker morirono; il sistema idraulico del camion si avviò da solo e il pistone si abbattè sui due uomini uccidendoli. Uno dei due morì sul colpo. L'altro tentò di mettersi in salvo, ma il pistone idraulico agganciò il suo cappotto e lo tirò giù. Un uomo che assistette a questo disperato tentativo di fuga ricorda: "era in piedi al bordo del camion e improvvisamente era come se quella grossa cosa lo avesse inghiottito".
Honey non ha una vena poetica, ma è attraverso i fatti che ci descrive come il lavoro si svolgesse in condizioni pericolose, disumane e segreganti. Dopo la morte dei due uomini - una morte così grottesca da sfidare qualsiasi film dell'orrore - "quasi 1300 uomini di colore del Dipartimento dei lavori pubblici di Memphis scioperarono senza preavviso". Lo sciopero iniziò come un atto di sfida emotivo. Ma per proseguire e raggiungere dei risultati aveva bisogno di organizzazione e sostegno. Il sindaco di Memphis, Henry Loeb, aveva già represso uno sciopero degli impiegati della nettezza urbana due anni prima costringendo tutti a tornare al lavoro senza nessuna concessione. Loeb era famoso per la sua opposizione ai diritti dei lavoratori e, in particolare, ai diritti dei lavoratori di colore. Affermava che non avevano nè il diritto di sciopero nè il diritto di organizzarsi in un sindacato. Loeb era inflessibile su questo argomento, nonostante che in Tennessee esistessero già dei sindacati all'interno di professioni governative dove i lavoratori bianchi erano dominanti.
T. O. Jones, un delegato sindacale locale, "pensò che fosse arrivato il momento di organizzarsi e farsi valere". Il suo sindacato, l'American Federation of State, County and Municipal Employees (Afscme), inviò dei mediatori a Memphis e sostenne finanziariamente gli scioperanti. Jones stilò anche la prima lista ufficiale delle rimostranze dei lavoratori della nettezza urbana. "Paghe inferiori ai 70 dollari a settimana, nessuna garanzia di ottenere una paga accettabile nei giorni di pioggia, macchinari vecchi e norme di sicurezza inadeguate, timore di essere licenziati perché iscritti a un sindacato, nessuna prospettiva di miglioramento". Alla fine anche l'Afl-Cio (la maggiore organizzazione sindacale, nata dall'unione dell'American Federation of Labour e del Congress of Industrial Organizations) sostenne lo sciopero di Memphis. Più di una volta Loeb offrì ai lavoratori un aumento di paga, ma gli scioperanti votarono che questa misura, da sola, non bastava se prima non fossero stati garantiti i diritti in modo permanente e ufficiale. Lo sciopero andò avanti per settimane prima dell'arrivo di King. Sia Loeb che i lavoratori avevano assunto posizioni intransigenti a causa del rifiuto del primo di riconoscere il sindacato.

Honey ha notato che Martin Luther King Jr., il leader per i diritti civili più conosciuto del paese, "non aveva mai limitato la sua politica ai diritti civili. Era chiaramente legato alla classe operaia e ai poveri per mezzo della sua famiglia, della sua chiesa e della sua comunità, e sin da giovane si era battuto per un piano di giustizia economica che andasse ben al di là dei diritti civili. Egli sviluppò anche una riflessione sul lavoro e intensificò legami con i sindacati, e queste due cose influenzarono la sua strategia del cambiamento".
Per tutti gli anni Sessanta King aveva esortato alla creazione di una coalizione tra il movimento dei diritti civili e quello operaio. Parlò spesso con i sindacati, propose alle organizzazioni del mondo del lavoro di organizzarsi in modo tale da sostenersi a vicenda nel raggiungimento degli obiettivi comuni. "Durante un discorso tenuto nel 1961 al congresso nazionale dell'Afl-Cio, intitolato 'Se i neri vincono, il lavoro vincè, King disse che i lavoratori e i neri erano uniti da un destino comune e che il movimento per i diritti civili era la prosecuzione dei movimenti sindacali degli anni Trenta". Tuttavia, proprio nel momento in cui il movimento per i diritti civili riscuoteva successi ottenendo l'accesso a luoghi pubblici come autobus, hotel e scuole, ma non riuscendo a ottenere pari opportunità nel mondo del lavoro, il progetto che King aveva di una coalizione che mettesse insieme il movimento per i diritti civili e quello dei lavoratori venne continuamente ostacolato. L'Afl-Cio forniva a King i fondi necessari alle attività per i diritti civili, nonostante che il suo presidente, George Meany, fosse riluttante nel prendere misure punitive nei confronti di certe sezioni del sud che sostenevano la supremazia dell'uomo bianco e proibivano apertamente l'accesso ai neri.
King era stato aggiornato sulla vicenda dello sciopero dal suo amico James Lawson, un sacerdote di Memphis convinto sostenitore della nonviolenza.
Lawson incoraggiò King a intervenire nonostante che il suo staff nutrisse qualche riserva. Andrew Young ricorda: "Avevamo pianificato che sarebbero state quindici le città da coordinare. Stavamo cercando di mettere insieme i bianchi poveri, gli ispanici, i neri del sud e quelli del nord... intendo dire che eravamo già pieni di lavoro fino al collo e non riuscivo a capire come ci si potesse imbarcare in qualcos'altro". King arrivò a Memphis - era già un mese che lo sciopero andava avanti - con l'intenzione di rimanervi solo un giorno, ma fu spinto dalla condizione dei lavoratori a fermarsi più a lungo.
Durante lo sciopero i lavoratori della nettezza urbana sollevarono dei cartelli con su scritto "Io sono un uomo", i militanti antirazzisti portarono manifesti contro il razzismo, i sostenitori del sindacato mostrarono cartelli filo-sindacali. Per molte persone di colore lo sciopero di Memphis riguardava anche la questione della razza; per molti lavoratori e sindacalisti riguardava il lavoro. King si unì alla manifestazione con il petto ricoperto dalle varie scritte. Condusse un corteo di protesta che riscosse meno successo di quello che si pensava - la marcia sfociò nella violenza e fu sospesa a metà strada - ma King progettò di intraprenderne un altro e di accompagnarlo con un'azione di protesta. Venne assassinato due settimane prima che la marcia successiva avesse luogo.
Spesso chiamato a rispondere alla domanda "Perché Memphis?", King rispose così in un discorso: "Sappiamo che bandire la segregazione razziale dai ristoranti non è abbastanza. Che cosa se ne fa un uomo di posti come questi se non guadagna abbastanza soldi per comprare un hamburger e una tazza di caffè?". Memphis metteva chiaramente in luce questo punto e fu così che gli interventi di King durante lo sciopero divennero intercambiabili con quelli in difesa dei diritti del lavoro. King tracciò anche un'analogia con la parabola del Buon Samaritano e del viandante aggredito sulla strada di Gerico; i lavoratori erano gli ultimi fra gli uomini, i feriti, gli spodestati, quelli abbandonati dalla democrazia americana ai margini della strada, e il movimento per i diritti civili, invece, era il Buon Samaritano.

Più drammatico che analitico, Going Down Jericho Road è uno splendido esempio di storia documentaria che, a mio avviso, non perde niente evitando di teorizzare sulle dinamiche di razza e di classe. Racconta una storia, ne traccia lo sfondo e vi include una varietà di punti di vista. Honey getta luce sulla relazione tra razza e classe offrendo un esempio narrativo piuttosto che un'esegesi. Sembra quasi che sia riuscito a intervistare ogni persona in qualche modo coinvolta con lo sciopero di Memphis. Essendo composto per la maggior parte da testimonianze orali, Going Down Jericho Road è piuttosto pesante, ma è necessario che sia così. In esso ci sono una marea di voci e il tentativo di guardare in modo nuovo a un uomo in particolare - King, il martire della lotta per i diritti civili ridotto a figura monotona - a cui Honey dà nuova vita tramite l'uso di fresche e poco note citazioni.
La Campagna dei poveri si arenò dopo l'assassinio di King, ma lo sciopero di Memphis fu in definitiva un successo. Dopo la morte di King, Loeb dovette affrontare una grande forza che, scrive Honey, "era rappresentata dalla coalizione che King aveva sempre cercato di costituire rendendo lo sciopero di Memphis un momento di connessione tra la lotta per la libertà nera, la giustizia economica e la creazione di un'alleanza tra il movimento dei diritti civili e quello dei lavoratori". La coalizione comprendeva leader dei sindacati non solo nazionali, dirigenti, autotrasportatori, lavoratori della sanità, venditori al dettaglio e commessi, contadini ed elettricisti, la American Screen Actors' Guild e gli insegnanti della National Education Association tutti uniti per opporsi al razzismo e al classismo. Loeb fu costretto, suo malgrado, ad accettare il diritto democratico dei lavoratori a formare un sezione locale dell'Afscme, un successo che aprì la strada alla generale sindacalizzazione dei dipendenti pubblici di Memphis. Senza dubbio Honey vuole mostrarci che anche oggi sono possibili vaste alleanze in grado di congiungere gli interessi di un ampio settore dei lavoratori americani con un'agenda che tenga conto delle questioni etniche e di genere.

Il ricordo di King sarà con noi per sempre; la festa nazionale ce ne dà la certezza. Da un lato egli sembra un vincitore nella politica americana delle immagini. Dall'altro l'importanza della sua eredità è stata sminuita nel momento in cui si è deciso di separare il programma dei diritti civili da quello per il miglioramento economico. La confusione circa il suo lascito è, di fatto, illusoria; per rompere la ragnatela basta ricordarsi della Campagna dei poveri. Abbiamo bisogno della rilettura che Honey ha fatto di King - il sindacalista e leader di un fronte unito. Abbiamo bisogno di questa immagine in occasione di ogni festa in suo onore, altrimenti King avrà solo ottenuto una vittoria di Pirro nella politica delle immagini.