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Per una rivoluzione nonviolenta

Molto spesso, nelle piu' diverse parti del mondo, non si sa che lo sviluppo e' possibile, non si sa esattamente come e' possibile: e le situazioni all'estremo o permangono statiche, come in molte delle zone chiamate sottosviluppate - o, se migliorano in qualche modo, non sono autopropulsive -; o hanno una dinamica coi paraocchi, come avviene perlopiu' nelle zone a intensa industrializzazione, concependo quasi come fatale un particolare tipo di sviluppo. In un caso o nell'altro manca perlopiu' alle popolazioni interessate la conoscenza esatta dei loro problemi e la visione delle possibili alternative. Le popolazioni soffrono i loro problemi e, in quanto questi rimangono irrisolti, crescono condizioni insane, grumose, talvolta mostruose: e ci si dibatte, spesso ciecamente, o d'istinto a tentoni, talvolta ci si scatena frenetici quando la sensazione del male e' tanto acuta da generare panico, incapaci di trovare con la necessaria serena concentrazione gli spiragli delle soluzioni. Tutto questo ci e' piu' chiaro quando vediamo una vespa o un uccello sbattersi disperatamente contro la rigidita' dei vetri pur quando la possibilita' di uscirne dovrebbe essere evidente: molto meno chiaro quando noi ci sentiamo prigionieri e come incapaci di riconquistare il nostro libero movimento, il giusto ritmo del nostro respiro.
Pensare che il mancato cambiamento sociale sia sempre e solo imputabile alla incapacita' di sviluppo delle persone, categorie, classi, popolazioni piu' sofferenti, e' ovviamente falso: le stesse persone, o categorie, classi, popolazioni, quando siano eliminati i fondamentali impedimenti che li costringono come dal di sopra, hanno piu' facili possibilita' di sviluppo. Pensare d'altronde che il mancato cambiamento sia sempre e solo imputabile a persone conservatrici, o categorie, classi, popolazioni, ed ai piu' o meno complicati intrighi messi da loro in atto, e' altrettanto falso: e diminuisce il necessario senso di responsabilita', tende a eliminare la necessaria analisi di quegli impedimenti allo sviluppo che pur possono essere presenti in chi e' oppresso. In molte situazioni infatti la grande maggioranza delle persone e' malcontenta, ma non riesce a trasformare il proprio malcontento in una nuova forza propulsiva, capace di vincere gli impedimenti esterni al proprio sviluppo.
Se per cambiamento sociale intendiamo quella modifica delle condizioni umane per cui ciascuno, individuo o gruppo, abbia maggiore possibilita' di realizzare la propria personalita' - dunque maggiori possibilita' economiche, ambientali, giuridiche, culturali, morali - e' comunque ovvio che molto spesso l'impedimento fondamentale e' costituito da una resistenza al cambiamento operata, consapevolmente o ciecamente, dagli interessati - individui o gruppi - a che il cambiamento non avvenga: resistenza che molto spesso si esercita attraverso strumenti e metodi violenti.
Operare per un cambiamento sociale pacifico significa impegnarsi soprattutto affinche' i piu' direttamente interessati al cambiamento riescano a organizzarsi per diagnosticare quali esattamente siano, caso per caso, gli impedimenti allo sviluppo, e stabilire i propri obiettivi, globali e intermedi; per inventare quelle strategie e quei metodi che possano permettere di impostare esattamente i necessari conflitti e la loro soluzione; per riuscire a uscire dal pragmatismo qualunquista attraverso un'azione costruttiva ben finalizzata. Non ignorando che viviamo in un'epoca di transizione in cui l'umanita' sempre piu' facilmente puo' ottenere, attraverso la tecnica, gli strumenti della propria distruzione o del proprio sviluppo.
Quando si dice giustizia, si intende solitamente riferirsi a due significati diversi: corrispondere alle piu' profonde necessita', al piu' profondo interesse di ciascuno, persona o gruppo, con senso di responsabilita'; o il complesso delle leggi e degli strumenti che dovrebbero rappresentare il minimo proposto dai diversi governi. Si tende a istituzionalizzare le piu' profonde intuizioni morali: il secondo significato rincorre, sia pure talvolta contraddittoriamente, il primo. La giustizia come la pace, non viene mai sufficientemente realizzata. La disperazione uccide: niente uccide quanto la disperazione.
La nuova intuizione morale identifica ingiustizia e violenza: l'impedire, direttamente o indirettamente, lo sviluppo delle persone, dei gruppi, delle collettivita'. In quanto il mondo per gran parte e' inaccettabile, la nuova morale, necessaria agli uomini se vogliono sopravvivere, identifica la giustizia col cambiamento sociale e, dove l'ingiustizia e' piu' grave, con la rivoluzione nonviolenta: cioe' con un cambiamento che al contempo sia strutturale, profondo, rapido, educativo per ciascuno, per cui ciascuno possa assumersi responsabilita' e effettivo potere. Identifica la giustizia con una nuova pianificazione operata creativamente da ciascuno, individuo e gruppo, che sia l'effettivo superamento degli attuali tentativi di "razionalizzazione del sistema". Identica la giustizia con il fare esplodere, dove necessario, le inaccettabili contraddizioni.
Da Non sentite l'odore del fumo?, Bari, Laterza, 1971, pp. 93-96.
Da pagina 106 Il sistema clientelare-mafioso


Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo