• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Fede e cultura per Bergoglio. Conflitto e pace

Questo testo di Bergoglio, papa Francesco, ripreso oggi, interessa non solo chiesa e cultura laica, come mostra Asor Rosa nel suo articolo "Il vangelo del conflitto". A me sembra interessante per la cultura della pace, nella linea tolstojana-gandhiana, che è la più seria e profonda e realistica, non moralistico-esortativa, ma culturale-politica .

In questa peace research, il tema laico del conflitto è centrale. Il conflitto va assunto, tutt'altro che eluso o coperto. Azione di pace giusta, nonviolenta (non è pace se non è nonviolenta nei mezzi, nel fine voluto, nel risultato ottenuto), è smascherare il conflitto occulto, che non può avere giustizia, verità e pace. La vittima del conflitto violento e occulto resta vittima. C'è silenzio, ma non c'è pace. Azione di pace è la trasformazione nonviolenta del conflitto aperto, liberato dagli elementi di violenza con cui appare.
Il termine misericordia oggi corrente non è altro che l'amore positivo e attivo a favore delle varie forme di vita, dei suoi bisogni, della sua ripresa, e della stessa terra viva che noi abitiamo. La pace è atto di riconoscimento, rispetto, tutela della realtà, perciò è cura d'amore, occhio e sentimento positivo, di stima, di bene diretto dall'io responsabile a tutta la realtà. Perciò è impegno immediato a non distruggere, non ferire né offendere, a comprendere le ragioni altrui, a cercare la composizione di diritti, interessi, gusti e bisogni. E' un lavoro di intelligenza, di analisi e strategia. Tutte le arti messe in campo dal potere degli uni sugli altri, l'umanità può volgerle all'azione educativa-culturale-politica-storica per lo sviluppo umano degli uni con gli altri e per gli altri, in una linea evolutiva umanizzante che possiamo con umile concreterzza favorire e rpomuovere.  Ciò che la spiritualità, l'etica, chiama amore è quella benevolenza, comprensione, perdono, aiuto e stima che compongono una antropologia realistica ma positiva, pensata e praticata per la costruzione della pace, dalle relazioni prossime fino a quelle cosmopolitiche.
Voglio solo dire che quel rapporto costruttivo e dialettico che Bergoglio propspettava nel 1985 e che rilancia oggi da papa, tra, da un lato, fede evangelica che è prassi di amore e giustizia, e, dall'altro lato, cultura laica di una società plurale e correttamente conflittuale,  è, espresso in termini analoghi, proprio il lavoro che i movimenti pensanti e operanti per la pace nonviolenta gandhiana, o pace giusta, intendono fare col costruire la cultura e la prassi della trasformazione nonviolenta dei conflitti.
Le due culture ristrette, o soltanto al religioso o soltanto al laico, raramente (e non nelle loro espressioni più note e di successo) colgono e coltivano questo rapporto fecondo per tutti tra l'amore prevalentemente donativo (l'agape evangelica; la compassione buddhista) e il confronto-conflitto politico genuinamente democratico. Il quale, per potere essere davvero libero e aperto, ha bisogno di essere basato, non su scontri di cieche forze centripete, ma sulla giustizia distributiva, sui diritti umani e sulla dignità umana inviolabile. Personalmente, io tengo a testimoniare che, nei decenni del mio impegno e partecipazione, ho vissuto uno stimolante contatto e appartenenza ad entrambe queste culture, laica e religiosa, e sperimento, dalla mia formazione alla mia vecchiaia, che si fecondano l'una l'altra, senza assimilazione. C'è chi alimenta la guerra tra civiltà e culture. C'è chi sperimenta che è possibile, a livello locale e planetario, la  collaborazione dialettica tra le umane visioni e azioni, dirette a custodire e sviluppare la realtà. Questa è la pace.
E. P.