• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Il diritto all'odio e alla vendetta?

In una prospettiva storica mondiale sempre più complessa, e nell'imporsi di considerazioni folcloristiche e balzane, si impone un ritorno di razionalità e spiritualità.

Qualche mese fa è uscito il libro Il mondo al contrario scritto dal generale Vannacci. L'autore, insieme alla rivendicazione di diritti, secondo lui conculcati, dalla prassi attuale, mette in evidenza “il diritto all'odio”.

Al di là delle discutibili opinioni e della deriva di razzismo, omofobismo, estremo nazionalismo presenti nel libro, che ovviamente bisognerebbe leggere con attenzione per verificare, quello che maggiormente mi ha colpito è stata proprio l'affermazione che esisterebbe il diritto all'odio.

Certamente di odio ce n'è in abbondanza e non mi sembra proprio che sia necessaria una “patente” di diritto per esercitarlo. La storia dei popoli, ma più semplicemente la presenza di relazioni avvelenate nelle famiglie, nelle società, nella politica, nelle Chiese, ne sono una prova indiscutibile.

Forse però alla maggior parte di noi esso appare un grosso limite del cuore umano e, per noi credenti, un grave peccato da cui guardarsi e cercare di guarire.

Sale spontaneamente alla mente l'episodio di Caino e Abele nel IV libro della Genesi e il dialogo tra Dio e Caino all'insorgere nel cuore di quest'ultimo un sentimento di irritazione, forse misto di gelosia e invidia, che, non domato, lo porta ad uccidere il fratello.

Il Signore non si meraviglia di questi sentimenti, ma esorta a prendere coscienza e dominarli.

Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai. (Gn 4,6.7).

E anche dopo il tremendo assassinio la voce di Dio continua ad interpellare Caino, a fargli prendere consapevolezza di quanto compiuto, continuando ad interrogarlo sulla sorte del fratello. E questo termine fratello ricorre ben cinque volte nel dialogo breve quanto intenso.

Dove è Dio che ricorda e realizza questa categoria di “fraternità”, prendendosi cura di tutte e due i fratelli. Si prende cura di Abele di cui chiede conto a Caino assumendone il compito di “custode” che egli ha rifiutato.

Allora il Signore disse a Caino: “Dov'è Abele, tuo fratello?”. Egli rispose: “Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello”. Riprese: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. (Gn 4,9.10).

Ma diventa protettore di Caino nei confronti di quanti potrebbero accusarlo ed eliminarlo:

Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato”. (Gn 4,15).

Un itinerario di presa di coscienza, di guarigione, la possibilità di ricominciare contro la logica della rivalsa, di annientamento, di morte. Così in una vicenda di sangue e rivalità, il Signore tesse e insegna a tessere una vicenda di fraternità, di custodia reciproca da cui può nascere una nuova possibilità di vita; ne è segno la lunga discendenza di Caino e il suo divenire costruttore ci cità e capostipite di nuove generazioni.

Il riferimento al libro da cui sono partita si unisce a quanto profondamente sta turbando oggi la vicenda mondiale. Nei dibattiti e nelle ricostruzioni storiche che cerchiamo di seguire si affaccia un altro diritto, quello della vendetta. Una pretesa che avvelena le vicende dei popoli e che, invece di giustizia e ripristino di equilibri, causa morte e distruzione passando per il non riconoscimento, prima che dei confini e delle identità di Stati, dell'esistenza stessa dei popoli, della loro naturale ricerca di sopravvivenza e delle più elementari possibilità di vita. Così ricerca di giustizia e istinto di vendetta si confondono dando spazio a quanto di primitivo e incontrollato alberga nell'animo umano.

Odio e vendetta, apparentemente due armi di potere e sopraffazione, si manifestano come due tarli che rodono dal di dentro l'umanità e minano la sua dignità profonda che si basa sul riconoscimento reciproco e mira alla fraternità.

Ancora una volta, come per Caino, l'appello è alla consapevolezza e iniziare un percorso di guarigione e rinnovamento nella speranza di camminare verso la costruzione di una civiltà di pace e fraternità che, per noi credenti, è la partecipazione la banchetto che Dio prepara per tutti i popoli

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.

Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato”. (Is 25,6-8)

La prospettiva di questa meta, sempre oltre le nostre possibilità si fa stimolo e conforto di piccoli passi che si traducono in scelte di ogni giorno.

Pubblicato in “Incontro” n. 6/2023 – rivista della CIIS Conferenza Italiana Istituti Secolari