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Riflessioni sulla nonviolenza e la marcia della pace Perugia - Assisi 2011: colloquio con Ida Tesconi e Paolo Puntoni

In vista della Marcia della Pace Perugia - Assisi, l'AAdP ha posto a Ida Tesconi, presidente dell' Associaizone Mondo Solidale di Massa e Paolo Puntoni, collaboratore della rivista “Trentadue”, figure significative del movimento per la pace di Massa Carrara, alcune domande, per riflettere insieme sul significato e sulle prospettive dell'arcipelago nonviolento.

AAdP: Quale significato e ruolo riveste la marcia della pace Perugia -Assisi?

  • Ida Tesconi: Il cinquantesimo anniversario si colloca in questo scenario di crisi globale che i non violenti affrontano perlopiù in ordine sparso. La Marcia, che da sempre è il luogo del rilancio dell'azione non violenta, non può prescindere, qualunque siano i contenuti proposti, dalla consapevolezza di questa situazione di stallo. Se lo facesse, contribuirebbe al perdurare di questa insignificanza, ma ad Assisi, città dei miracoli, sperare è quasi un obbligo.

  • Paolo Puntoni: La marcia della pace di per sé è uno strumento nonviolento; naturalmente per essere uno strumento nonviolento in toto deve avere un obiettivo; quindi mentre all'inizio questo obiettivo c'era, adesso più che un'arma, un metodo nonviolento, sta diventando semplicemente una manifestazione che sicuramente non ha un obiettivo immediato, e anche alla lunga non so quali risonanze possa avere se non mettere in contatto le organizzazioni che la promuovono e quelle che vi partecipano o sensibilizzare coloro che non aderiscono a nessuna organizzazione, che comunque in genere sono persone che già gravitano intorno alle associazioni esistenti. Quindi la marcia della pace da una manifestazione rischia di diventare una festa: si parte si va e ci si diverte.

 

AAdP: Quale il ruolo della nonviolenza nella trasformazione della società?

  • Paolo Puntoni: La nonviolenza è una sorta di fede difficile cambiare idea su questo aspetto, anche perché è una fede sostenuta dalla ragione al contrario di quella che può animare chi crede in dio.

    La nonviolenza ora come ora è fuori moda nel senso che nel nostro vivere quotidiano in generale non serve praticarla. Poi quando accade qualcosa come la Tav o la guerra in Libia ci troviamo impreparati. Nel vaso della Val di Susa per fortuna le persone sono state abbastanza reattive, chi ha voglia di andare su you-tube troverà che sono stati usati metodi nonviolenti; questo non vuol dire che il nonviolento non si incazzi, si incazza e agisce senza far male alle persone.

    Nel nostro mondo quotidiano in cui siamo abituati al telefonino e a internet la nonviolenza è diventata una sorellastra, nel senso che impararla bisogna praticarla e si pratica col corpo, non con le parole; essenzialmente è una pratica si può dire marziale, se per marziale si intende affrontare l'avversario fisicamente (il nonviolento non lo chiama mai nemico). Il primo impatto si badi bene è sempre quello fisico, tanto più mano a mano che l'evento di contrasto si amplia, e non riguarda più una persona, quindi un corteo una comunità una intera nazione, si pensi al movimento di liberazione dell'India; si parte sempre da contatto fisico, contatto corporeo, non essenzialmente fisico ma corporeo, con lo sguardo o l'atteggiamento del corpo.

    Dentro la nonviolenza ci sta anche il ripensare al nostro sistema di vita; ma più ancora del nostro sistema di vita bisogna capire e affermare con forza che è proprio il nostro sistema economico che è sbagliato, che è malato, perché si basa su di un rapporto di dare e avere, mentre invece quello che da sempre l'uomo cerca è il benessere, welfare, che non dipende dalla monetizzazione di quello che abbiamo, ma dalla realizzazione di sé stessi, da un fattore mentale. Quello che invece ci viene offerto è il prolungamento dell'economia di mercato: droga, gioco, passioni degenerative, perché cerchiamo il benessere, cerchiamo di stare bene. La nonviolenza deve aiutarci a riscoprire e affrontare anche questo aspetto della vita.

 

AAdP: Qual'è la situazione dell'arcipelago nonviolento in Italia e nel nostro territorio?

  • Ida Tesconi: Lo scenario di oggi è ben descritto da Francuccio Gesualdi nel suo libro "L'altra via",uscito nel 2009 e presentato dall'allievo di don Milani nell'ottobre dello stesso anno alla Casa delle Culture a Massa. L'analisi è dura: se da una parte si riconosce la ricchezza di associazioni e movimenti presenti sul territorio nazionale, dall'altra si mette in risalto la disgregazione di questa galassia, dove:"....ognuno insegue il proprio progetto: commercio equo,diritto all'acqua,slow food,finanza etica, diritti degli immigrati. Progetti belli,importanti, ma pur sempre orticelli." Ogni tanto, ammette Francuccio, vinciamo qualche battaglia, ma si tratta di episodi isolati. Non ci sono momenti di incontro, tanto meno strategie operative comuni. " Siamo tutti intenti a fare la punta al nostro lapis, non lo posiamo mai sulla stessa tela per abbozzare un disegno comune che ci rappresenti un pò tutti.... Persa la capacità di fare movimento ci stiamo trasformando in gruppi professionalmente impeccabili, politicamente insignificanti. Moscerini, che a seconda dei calcoli di convenienza del potere, possono finire schiacciati sotto al suo tacco o risucchiati nel suo grande ventre". Si tratta di un giudizio severo ma difficilmente contestabile,oltretutto non mi sembra che l'appello all'unione di Gesualdi abbia sortito un effetto di rilievo. La conseguenza è che tutto il grande patrimonio di competenze, esperienze nuove e significative della galassia non violenta resta fuori dal discorso pubblico, paradossalmente anche per colpa nostra. Trovo abbastanza inutile lamentarsi sul continuo oscuramento dei nostri temi o sulla mancanza di una sponda politica, quando di fatto non si è capaci di costruire una qualche forma di rete che vada al di là di interessi settoriali e/o locali e abbia una certa durata nel tempo.

    Per quanto riguarda il nostro territorio un importante tentativo di creare relazioni è stato ed è senza dubbio il progetto "Tutta un'altra città", che ha la particolarità di essere nato dal Bilancio Partecipato del Comune di Massa e, dunque, è una rete di associazioni e movimenti che intreccia la sua azione con quella dell'amministrazione pubblica, condividendone l'attuale difficoltà di gestione dei conti. Credo che si possa affermare che si tratta di una di quelle brecce auspicate da Riccardo Troisi nel seminario "Agire un'altra politica" aprile 2008: "... creare delle crepe nel sistema istituzionale, nei meccanismi consolidati ed impermeabili del modello di sviluppo attuale, spazi di significato, fessure, lapsus, aperture impreviste, spazi di controllo involontariamente lasciati liberi, in cui inserirsi, da approfondire, in cui piantare dei cunei su cui far leva per allargare gli spazi a disposizione"

  • Paolo Puntoni: L'arcipelago nonviolento in Italia, intendo quello propriamente detto della Lega obiettori, Mir, Pax Christi, ecc.., probabilmente esiste ancora, ma sinceramente non ne ho notizia da anni, e in un mondo in cui sono le notizie che vengono a cercarti, questo mi preoccupa. Negli ultimi anni non solo si è ristretto il mondo, ma anche il nostro modo di pensare sta tornando ad occuparsi del locale (la famosa "filiera corta"), e credo che il testimone di un nuovo modo di vivere e di vedere le cose in modo nonviolento sia stato preso dal mondo dell'associazionismo e del volontariato, e più spesso di questo parlerò che non del "mondo nonviolento" che si intendeva qualche anno fa.

    Nell'ambito dell'associazionismo e del volontariato vedo non ancora sciolto il vecchio e grosso nodo cattolico-non cattolico; finché esisterà questa dicotomia facilmente le reti con anche una minima parte di associazioni cattoliche saranno da queste fagocitati sia nella visibilità verso l'opinione pubblica sia come forza di potere interno (legata soprattutto alle maggiori possibilità logistico-operative delle associazioni cattoliche rispetto alle altre) e questo è un rischio che sta correndo secondo me anche l'Accademia della Pace.

    Un esempio di come viene sentita la Marcia della Pace è far coincidere la festa Tuac con la Marcia della Pace. Non interessa alla Rete Tuac la Marcia della Pace? Non dimentichiamo che la Rete Tuac rappresenta bene o male l'associazionismo sociale del nostro territorio più o meno dentro ad un discorso che potremmo definire di attenzione al debole e più in generale al cittadino.

    Detto questo appare evidente che anche all'interno di reti come la Tuac, come l'Accademia della Pace o a suo tempo la Rete di Lilliput le anime delle varie associazioni non si sono mai fuse. Non so perché, se per protagonismo, per mancanza di tempo, per ottusità, nel senso che si vede solamente il proprio e non si vede quello che si può fare insieme all'altro; più che ottusità forse rigidità, perché c'è la mancanza di sostegno ad un progetto comune che giocoforza deve essere più grande dei singoli progetti;

    è un pò la situazione che sta vivendo l'Europa: ci sono alcune cose che sono in comune ma molte altre che si fatica e mettere insieme.

    Fuori dal mondo delle Reti ci sono poi altre associazioni, iniziative, avvenimenti o comunque persone che inesorabilmente rimangono isolate. Magari di un avvenimento valido si viene a conoscenza il giorno dopo, magari dal giornale, nonostante ci sia internet per facilitare questo genere di scambi non ci si riesce, oppure accade che le associazioni hanno un calendario troppo nutrito per poter seguire o collaborare con altre iniziative. Questo a cosa è dovuto, a iperlavoro o semplicemente al fatto che numericamente le associazioni sono abbastanza povere, e al loro interno sono sempre le stesse persone che lavorano, si occupano di tutto, e le altre fanno da supporto logistico quando necessario? O addirittura le stesse persone si trovano contemporaneamente in due o in tre diverse associazioni, e quindi lì si moltiplica questo handicap interassociazionistico; oppure sempre la mancanza di tempo e di persone induce le stesse associazioni a parlare più che ad agire, ad incontrarsi in riunioni, e quindi ad avere ancora meno tempo e meno risorse per affrontare un problema qualsiasi o l'amministrazione pubblica, che è il problema più grosso, per il discorso di una sede, finanziamenti, patrocinio di progetti, sostegno per quel che riguarda un convegno, una conferenza, un dibattito pubblico oppure una manifestazione; sono tutte cose che chi ci si è messo intorno sa quanto tempo portino via in fase organizzativa e burocratica.

 

AAdP: Quali sfide, iniziative e ruoli l'arcipelago dei movimenti nonviolenti può mettere in campo, non solo al livello macro, ma anche partendo dai nostri territori?

  • Ida Tesconi: L'analisi fatta contiene già una priorità che è il mettersi in rete; è un'esigenza che riaffiora in molti interventi ma che non riesce a prendere corpo. Considerata la debolezza organizzativa e la scarsità di risorse, questa incapacità dei "nonviolenti" a confrontarsi e darsi una strategia comune è la causa principale dell'attuale insignificanza politica. Dovremmo riflettere un pò di più sul fatto che in questo caso tutto dipende da noi e non da cause esterne. Se poi dovessi indicare qualche ambito privilegiato di una possibile strategia a livello locale e nazionale, non avrei dubbi nell'indicare i percorsi della partecipazione. L'esperienza del Bilancio partecipato del comune di Massa dimostra che si tratta di una strada percorribile, ma che necessita di una legge ancora più puntuale di quella della Toscana. Servono risorse e strumenti per mettere il cittadino in condizione di esercitare la sua sovranità. Serve, probabilmente, anche un'indicazione più vincolante per le amministrazioni su come attuare il processo partecipativo, per evitare che esso sia legato solo alla buona volontà di qualche benemerito amministratore.

    Il binomio altra politica ed altra economia costituisce poi un elemento imprescindibile nell'ambito del fare rete: un'altra economia, infatti, ha bisogno di un'altra politica e viceversa. Recentemente Tonino Perna è tornato sull'argomento:

    Ci stiamo avviando verso una Grande Recessione (altro che Decrescita Felice) che è legata alla nuova Divisione Internazionale del Lavoro, con un ruolo preminente del capitalismo asiatico (su base autoritaria).

    Per il prossimo decennio la gente in Europa sarà più impegnata a sopravvivere che a pensare ad altri popoli che soffrono molto più di noi.

    Ecco perché serve una dimensione POLITICA , che non significa partitica, che si traduca in campagne per il diritto a vivere ed a un lavoro degno qui come nel sud del mondo.

    È solo spiegando che il CES è uno dei pochi strumenti che abbiamo per rispondere all'impoverimento generalizzato delle popolazioni quanto delle risorse naturali.

    Spiegare che grazie al CES si può riequilibrare il mondo e difendere anche i nostri salari da una concorrenza al ribasso che ha scatenato la guerra tra i lavoratori di tutto il mondo.

    Perna poi prosegue ribadendo, in questo senso, il ruolo tutto italiano delle Botteghe del Mondo:

    Non credo che le botteghe vedranno ridotto il loro ruolo se sapranno restare/diventare punto di riferimento per i movimenti cittadini, luogo di socializzazione, di informazione, di convivialità.

    È solo se sapranno essere punto di riferimento territoriale che le botteghe non solo resteranno aperte, ma cresceranno rispetto alla "grande distribuzione".

    Infatti, molti segnali ci dicono che in tutta Europa si assiste ad un progressivo distacco/disincanto dei consumatori dai "super/iper mercati".

    Dobbiamo capire se si tratta solo di fenomeni congiunturali o strutturali, ma è indubbio che stiamo assistendo ad una rivalorizzazione dei piccoli negozi e del legame sociale che li alimenta.

    (Interessante è anche quanto scritto sulle BdM in Mezzi, fini e modelli di sviluppo:

    Dove va il Commercio Equo e Solidale? di Marco Costantino e Vittorio Leproux per AICCON (Working Paper n.89 - luglio 2011)

    Quanto dice Perna sul ruolo delle Botteghe del Mondo è già stato affermato nel PES 2009/11 di CTM Altromercato, dove si rileva come in Europa la scelta delle centrali di importazione dell'equo e solidale di privilegiare la Grande Distribuzione ha di fatto portato alla scomparsa delle BdM e, di conseguenza, alla fine di ogni positiva azione di lobbing presso la Comunità europea a favore dell'economia solidale. Le Botteghe, dunque, sono i nodi di una ragnatela non solo economica ma anche politica grazie alla quale si intrecciano locale e nazionale. Sono una risorsa da valorizzare all'interno di una possibile strategia dei movimenti nonviolenti. È quello che Mondo Solidale nei suoi 14 anni di vita ha cercato di fare nel nostro territorio a partire dal gruppo Iqbal Masiq, che è poi diventato un nodo di Rete Lilliput, per poi continuare l'esperienza di rete con l'Accademia Apuana della Pace e Tutta un'altra città. L'augurio finale è che, sia sul nostro territorio che a livello nazionale, dalla rete dei movimenti escano e abbiano un sempre maggior sostegno popolare proposte che siano la traduzione concreta dei principi della galassia non violenta.

  • Paolo Puntoni: Nella nonviolenza ci credo e mi piacerebbe praticarla e impararla io stesso anche se qualche gradino della ripida scala della nonviolenza l' ho salito; avere la possibilità partecipare o anche organizzare a iniziative, progetti sulla nonviolenza, seminari in cui non si stia lì seduti a parlare ma si pratichino e si sperimentino metodi nonviolenti. Nel nostro territorio credo che da questo punto di vista si è fatto ancora poco; è incredibile che a Massa esista una associazione come i Berretti Bianchi, sconosciuta ai più pur avendo la sede nella centralissima prefettura, eppure è una associazione che non fa esclusivamente salotto, nel senso che non fa esclusivamente riunioni o incontri, ma si è prodigata come forza di interposizione in Iraq.

    Mi sono reso conto che in tutto questo parlare ho usato spesso e volentieri la parola tempo; tempo che ce n'è sempre di meno ed è la risorsa che mette in campo il volontario, che per antonomasia si dedica a tale attività fuori dal tempo che utilizza per lavoro, famiglia, hobby.

    Troppo spesso si fa coincidere l'ambito del volontariato con l'hobby; secondo me il volontariato e l'hobby sono due cose diverse, almeno, per esempio, per come vivo l'esperienza del teatro; la passione può diventare stile di vita, l' hobby non credo.

    Il punto dolente è il numero dei volontari, ed è anche forse il momento di uscire dall'ambito del volontariato puro e semplice, ingenuo, per dedicarsi ad attività che devono essere riconosciute, che deve essere sostenute e finanziate, non dico stipendiate, però devono essere finanziate, perché sono attività sociali, che servono a rendere migliore la società senza sperperare denaro pubblico, perché alla fine dei conti chi ci guadagna comunque è sempre il cittadino; è un pò la stessa cosa che fa la chiesa, che prende l'8 per mille però dà un servizio, almeno questa sarebbe la logica; così lo stesso devono fare le associazioni. Per quel che riguarda poi i singoli progetti territoriali ancora più incisivamente bisogna chiedere che vengano finanziati, perché sono importanti. E'inutile fare le leggi contro la prostituzione e gli schiamazzi notturni e poi dopo non sostenere, diciamo così, altri tipi di diversivi per chi comunque ha voglia di divertirsi, quantomeno, oppure di fare altro che non vedere le partite in televisione. Si torna al discorso della mancanza di spazi ricreativi, che ci potrebbero anche essere, ma che di fatto il Comune sottrae alla comunità; parlo per esempio del Teatrino dei Servi che ora come ora è a pagamento, o di parte del magazzino Cat che diventerà un Museo dell'Anpi. Quindi eventualmente formare persone qualificate che abbiano il riconoscimento da parte del Comune per la gestione degli spazi: la custodia, il corso per l'antincendio, proseguendo con l'esempio del teatro; perché esistono dei volontari per il pronto soccorso, per la protezione civile e non per queste cose. Dove c'è un evento ci deve essere un supporto; dove non ci arriva il Comune non è che l'evento non si deve fare, il Comune deve permettere, tramite i giusti canali, con le giuste garanzie che l'evento si svolga, con meno spesa possibile per chi lo organizza e per il cittadino, se il suo fine è un fine sociale nessun compromesso al riguardo.

    Una buona idea potrebbe quella di aprire delle sottoscrizioni a progetto a partire da quelli che sono già inseriti nel bilancio partecipato in modo tale da far vedere al comune che interessano realmente e si senta in tal modo obbligato a finanziare quel che resta. La sottoscrizione potrebbe essere pura e semplice oppure sostenuta con cene, spettacoli e quant'altro. Il comune ovviamente dovrebbe in queste occasioni offrire il patrocinio, pagare la Siae e quant'altro. Anzi non dovrebbe, deve, non si può sempre andare a chiedere, bisogna imparare a pretendere. Ho avuto l'occasione di partecipare ad una cena organizzata dai Migrantes presso la Croce Rossa; senza nulla togliere alla Croce Rossa per il compito che svolge, per i soldi che lo stato gli dà, tramite credo il ministero della difesa, non capisco perché queste enormi risorse debbano essere gestite solo da enti governativi; in fin dei conti credo che la Croce Rossa non sia democratica, elettiva, dal momento che è militare (questa è una mia supposizione, non so come funziona di preciso). Sarebbe il momento di discutere in toto il bilancio del governo, fare delle discussioni ampie e approfondite sul bilancio del governo, soprattutto sulle spese militari, oltre che sui costi della politica.

    Un'altra cosa che potrebbe fare il Comune tramite le associazioni dal momento che per i giovani il divertimento principale, almeno quello che può sfuggire al controllo avviene la sera dopocena e uscendo sostengono delle spese che gravano sulle famiglie si parla come minimo di cinque euro a sera se si va in un locale e si vuol fare una bevuta, il Comune tramite le associazioni dovrebbe offrire ai giovani la possibilità di uscire e di spendere al massimo due euro. Mettere quindi a disposizione uno spazio, gestito dai giovani delle associazioni

 


Note biografiche degli intervistati:

Ida Tesconi: È stata portavoce dell'Accademia Apuana della Pace e attualmente è presidente dell'Associazione Mondo Solidale di Massa, che getsisce la bottega del commercio equo solidale. È un esponenente importante della rete di associazioni "Tutta Un'Alttra Città" di Massa.

Paolo Puntoni: Obiettore di coscienza, impegnato sulle tematiche ambientali e sulla nonviolenza.. Attualmente oltre al teatro collabora con la rivista "Trentadue".