• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Verso la marcia della pace Perugia-Assisi "per la pace e la fratellanza dei popoli". Contributi di Ferdinando Imposimato, Silvano Tartarini, Piercarlo Racca Giuseppe Rossodivita

In vista del cinquantesimo della marcia della pace Perugia - Assisi, che si terrà il prossimo 25 settembre, condividiamo alcune delle interviste che il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo ha pubblicato sui notiziari quotidiani.

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale è stato il significato della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

  • Ferdinando Imposimato: Creare una cultura della pace e della tolleranza contro la cultura della guerra "preventiva" e dell'imperialismo americano che ci ha portato solo disastri, morti e distruzione di beni e dell'ambiente. La guerra in Iraq è stata decisa prima dell'11 settembre 2011 ed è stata costruita una orribile messinscena per dimostrare, con l'aiuto di media asserviti, che la guerra era necessaria per la lotta al terrorismo. Lo stesso è accaduto per la guerra all'Afghanistan, che non è una "guerra giusta".

  • Silvano Tartarini: Forse di essere stato un riferimento per la pace, con il quale non si era sempre d'accordo, ma che comunque c'era. Poichè la democrazia è partecipazione e il fatto, purtroppo, di poter esserci solo per trovarsi insieme agli altri, ma non certo per decidere alcunche', ci ha spesso tenuti lontano da questa manifestazione.

  • Piercarlo Racca: Sicuramente stabilire un appuntamento dove il "popolo della pace", sempre ignorato dai politici, potesse far sentire la propria voce. Capitini nella sua iniziativa del 24 settembre 1961 voleva dare voce a quel vasto sentimento popolare che si oppone alle guerre e che non trovava voce nelle istituzioni e nei partiti politici. Purtroppo "quel vasto sentimento popolare che si oppone alle guerre" ancora oggi non riesce a imporsi e restiamo "ostaggi" di politiche guerrafondaie. Mantenere questo appuntamento è quindi importante.

  • Giuseppe Rossodivita: I radicali hanno partecipato per molti anni alla Perugia-Assisi, in particolare negli anni '60 e '70. Abbiamo molte foto storiche nell'archivio che documentano di come i radicali consideravano prioritaria la lotta nonviolenta anche partecipando a questo importantissimo evento. La lotta per l'obiezione di coscienza, contro una certa visione del militarismo, e per far luce sulle spese militari, sono state campagne politiche di grande priorità in quegli anni. Molti Radicali, promotori essi stessi della Lega degli Obiettori di Coscienza, con Roberto Cicciomesssere in testa, andarono in carcere quando essere obiettori era considerato un grave reato e non una semplice alternativa al servizio militare come poi, grazie a quelle campagne, fu riconosciuto a decine di migliaia di giovani. Abbiamo sempre combattuto in questo modo le nostre lotte fino a quando poi l'obbligo al servizio militare è stato tolto.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

  • Ferdinando Imposimato: Il bisogno di porre fine a guerre insensate che sono all'origine della gravissima crisi mondiale che ci affligge. La diffusione della culura del dialogo e della solidarietà internazionale verso i paesi più bisognosi e più disperati.

  • Silvano Tartarini: Spero il ricordo di Capitini, della prima marcia, perché altre cose di rilievo non le ho trovate. E sì che avrebbero dovuto esserci. Ma non ci sono. Si sarebbe dovuto citare almeno la necessità di uscire dal militare e di costruire strumenti alternativi come le ambasciate di pace e i corpi civili di pace. Senza citare questi strumenti non vedo come si possa promuovere una riflessione seria su una attualità oggi così in sofferenza e sulle prospettive dell'impegno per la pace in Italia e nel mondo.

  • Piercarlo Racca: Quest'anno ricorre il cinquantenario della prima marcia, avremmo voluto che ci fosse nell'appello di convocazione della marcia il richiamo forte dell'opposizione integrale alla guerra; ma evidentemente questo richiamo dà fastidio a molti. Abbiamo politici che hanno inventato la "guerra umanitaria", presidenti che ignorano l'art. 11 della nostra Costituzione, mentitori che chiamano "interventi di pace" le nostre guerre in Afghanistan e Libia. La marcia, o meglio i partecipanti, con i loro slogan e cartelli faranno chiarezza: questo è l'impegno di chi si richiama alla nonviolenza e questa sarà la caratteristica di questa marcia, o almeno speriamo.

  • Giuseppe Rossodivita: Noi radicali non siamo certo indifferenti ad una iniziativa nonviolenta di questa portata e con un carico simbolico enorme che vede coinvolte diverse decine di migliaia di persone e centinaia di associazioni e movimenti anche politici. Ci resta soltanto il dubbio riguardo ad un certo tipo di pacifismo che a nostro avviso non si concilia con la lotta nonviolenta gandhiana che caratterizza da sempre l'impegno dei radicali. Su questo avremmo molte cose da spiegare e da dire sul metodo della lotta nonviolenta che non necessariamente vuol dire "pacifismo". Tanto per fare un esempio, noi riteniamo che a volte il coraggio e l'azione militare meritino sostegno e una giusta valorizzazione politica per garantire la tutela dei diritti civili e umani violati in alcune parti del mondo. Altrimenti l'alternativa, di fronte a tragiche vicende umane, è l'indifferenza o l'ignavia.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Qual'è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

  • Ferdinando Imposimato: La nonviolenza in Italia stenta ad affermarsi perché costretta a misurarsi con l'esaltazione quotidiana della cultura della morte e della violenza, nei film e nelle trasmissioni tv. La culura della nonviolenza deve essere insegnata ricordando gli insegnamenti di Tucidide, secondo cui la guerra, oltre ad essere moralmente spregevole, spesso ha un esito diverso da quello previsto dai suoi assertori: La Libia ne è un esempio lampante.

  • Silvano Tartarini: Oggi la nonviolenza non è più una parola così ignota, e se non un'ampia cultura nonviolenta, una possibilità di una forte diffusione di una cultura nonviolenta si sta facendo strada. Purtroppo i vari gruppi e gruppetti nonviolenti non hanno tutti le stesse idee e non operano che in bassa sinergia. Ci sarebbe bisogno di più organizzazione per diffondere il modo positivo di essere della nonviolenza. Manca questa coscienza o se c'è non c'è come forte necessita'. Vorrei dire che, oggi, non basta amare, ma che l'amore deve essere anche convinto di quel che vuole. Ma è solo un modo di dire. Si può dire in tanti altri modi. L'essenza del problema è che dobbiamo uscire dal militare e per farlo non possiamo aspettare tempi biblici, ma dobbiamo fare sinergia e incamminarci assieme su un progetto nonviolento condiviso.

  • Piercarlo Racca: La vittoria nei referendum ci fa ben sperare. Momenti di lotte nonviolente in questi ultimi anni ce ne sono stati molti, i più conosciuti sono certamente quelli contro la base militare di Vicenza e la lotta contro la Tav in Val di Susa: e quest'ultima lotta oggi è estremamente viva e resistente. Purtroppo queste lotte e altre: Cameri/F35, Genova/G8, mafie/Sud, aeroporti, precari, insegnanti, ricercatori... sono tutte lotte nonviolente che pagano l'asservimento della politica agli interessi della grande finanza e del mercato mondiale controllato dalle multinazionali.

  • Giuseppe Rossodivita: Purtroppo oggi i media non danno il giusto risalto alle azioni di denuncia che con il metodo della lotta nonviolenta vengono promosse. Spesso viene dato spazio a vicende di cronaca nera e quasi mai ad azioni come quella, ad esempio, del coinvolgimento di oltre 10.000 detenuti nello sciopero della fame in sostegno alla lotta nonviolenta di Marco Pannella e Rita Bernardini per una giustizia più giusta. Già il fatto che migliaia di detenuti anzichè usare la violenza usino il metodo della lotta nonviolenta è un fatto che meriterebbe approfondimenti importanti che sono invece ignorati. La nonviolenza è l'unico metodo di lotta che può prefigurare un mondo migliore se è vero, come è vero, che gli strumenti prefigurano gli stessi fini che con l'azione e la lotta politica ci si propone di raggiungere.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e gli altri mobimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

  • Ferdinando Imposimato: Insegnare i principi della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti umani nelle scuole, nelle università e nella società civile, sempre, senza dare l'impressione di essere "solo" pacifisti: la pace deve essere sempre associata alla giustizia e alla verita', oltre che alla solidarietà come prescrive l'art. 2 della Carta costituzionale.

  • Silvano Tartarini: Credo un grosso ruolo, se solo il Movimento Nonviolento e gli altri gruppi nonviolenti lo volessero e ne avessero la convinzione e la forza. In primo luogo bisognerebbe prendere atto che i nostri livelli organizzativi sono ancora assolutamente inadeguati a costruire serie risposte di pace. E questo è il problema dei problemi. Non porselo vuol dire "saltare" la pace. Poi e prima c'è il progetto da condividere. Non è necessario che ci sia tutto e tutto perfetto, basta che ci sia l'essenziale per incamminarci verso l'uscita dal militare. Se si vuole questo non solo non è difficile da individuare, ma direi che è già scritto nelle cose.

  • Piercarlo Racca: Pur con tutti i limiti che il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini porta in se', limiti dovuti alla sua piccola dimensione, il Movimento Nonviolento deve svolgere un ruolo di catalizzatore e, in determinate circostanze, radunare l'arcipelago innumerevole delle piccole associazioni e dei piccoli movimenti che si richiamano alla nonviolenza. L'appuntamento della marcia è l'occasione per riportare l'essenza della Perugia-Assisi all'impegno prioritario dell'opposizione integrale alla guerra.

  • Giuseppe Rossodivita: Occorrerebbe una maggiore attenzione ai problemi che causano violenza, ingiustizia e ruberie di ogni genere, spesso purtroppo prodotti dalla nostra classe politica, incapace di riforme politiche di cui c'è un grande bisogno. Questi movimenti dovrebbero riuscire a guardare oltre ad un certo tipo di pacifismo e grazie a quello che la lotta nonviolenta può incardinare, promuovere azioni volte al superamento dello status quo sul piano dei privilegi e di molte ingiustizie, anche riguardo i diritti civili e umani. Il Movimento Nonviolento da sempre ha una grande sensibilità al tema della lotta nonviolenta ma occorre forse un salto di tipo politico-culturale che lo veda impegnato anche su fronti sociali, per lo più difficili e spesso ignorati.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

  • Ferdinando Imposimato: I fatti di Londra dimostrano che le ingiustizie e le diseguaglianze portano verso la rivolta. E che la violenza non si batte con la forza e con la repressione, ma con la giustizia sociale.

  • Silvano Tartarini: In Italia il "soprassalto referendario" certo, anche se unito ancora oggi a troppi segnali negativi, dall'economia al sociale, a troppa ignoranza che si lega con l'indifferenza; poi la primavera araba, mi pare che meriti una giusta attenzione; potrebbe contribuire molto ad allentare più avanti una realtà di violenza e quindi avvicinare la nonviolenza.

  • Piercarlo Racca: In Italia il successo dei referendum vinti con una grossa partecipazione, nel mondo guardiamo a cosa succede nel Nord Africa.

  • Giuseppe Rossodivita: In questi ultimi mesi grazie all'azione politica nonviolenta dello sciopero totale della fame e della sete di Marco Pannella e molti altri radicali, il metodo della lotta politica nonviolenta ha dimostrato che è possibile dare speranza e voce a coloro che non ne hanno. Con questa lotta si è riusciti a porre all'attenzione della classe politica la grave situazione delle condizioni dei detenuti e la gravissima situazione della giustizia in Italia. Persino il Presidente della Repubblica è intervenuto, nei giorni scorsi, in modo chiaro e deciso sul tema dei diritti dei detenuti. Spesso Marco Pannella rischia la vita per la vita, contro la morte e il buio certi, per dare corpo, con il Satyagraha (che vuol dire Verita'), all'insegnamento di Gandhi. Purtroppo la nostra classe politica, e più in generale i media, non riescono a cogliere gli aspetti "rivoluzionari" della lotta nonviolenta che si contrappone in modo dirompente rispetto al sistema partitocratico che affligge il nostro paese.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

  • Ferdinando Imposimato: Sull'informazione sull'ingiustizia delle guerre in corso e sulla necessità di battersi per la fine della guerra.

  • Silvano Tartarini: Su un solo dato e l'ho già detto: lavorare per costruire un più alto livello organizzativo di autonomia politica al servizio della pace e della nonviolenza. Noi Berretti bianchi stiamo da tempo riflettendo e lavorando su questo. Ma per ottenere questo, bisogna essere disposti a rinunciare anche a qualcosa di quello che ci sembra nostro. Se vogliamo crescere bisogna anche saper rinunciare alle scarpe che cominciano ad andarci strette.

  • Piercarlo Racca: Oltre alle lotte in corso (Val di Susa e altre), bisogna impegnarsi per una drastica riduzione delle spese militari, riprendere le iniziative contro la produzione di armamenti, far valere il dettato dell'art. 11 della Costituzione con il ritiro da tutte le missioni militari all'estero, rimettere in discussione la Nato.

  • Giuseppe Rossodivita: Al Consiglio Regionale del Lazio, con le nostre denunce e proposte, ci stiamo battendo per promuovere una maggiore attenzione politica ai temi dei diritti civili e umani totalmente esclusi dall'azione politica di chi ci governa. Abbiamo promosso iniziative anche legislative per promuovere un'Anagrafe pubblica degli eletti e rendere più trasparente ogni singola azione politica, siamo però inascoltati e c'è molta indifferenza alle nostre proposte.


La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Che cos'è la nonviolenza e come accostarsi ad essa?", cosa le risponderebbe?

  • Ferdinando Imposimato: Direi che la nonviolenza è il rifiuto della forza bruta, della prepotenza e della prevaricazione; essa è necessaria per risolvere i problemi. direi che la violenza è stata sempre all'origine di maggiori ingiustizie, come è avvenuto per il terrorismo. E che solo la nonviolenza, premessa della concordia, può salvarci dal baratro in cui stiamo precipitando.

  • Silvano Tartarini: Per don Sirio la nonviolenza era lotta come amore, si può anche dire che la nonviolenza è una verità innamorata, una dignità che cammina con noi, quando c'e'. Perché non sempre c'e'. Perché bisogna amarsi molto per amare gli altri e per sentirsi parte di tutti e di tutto. Dovremmo coltivarla come si fa con l'insalata e tenercela cara perché quando arrivano le tempeste della vita è essenziale avere una dignità a cui attaccarsi. Per continuare a vivere in serenita', ovviamente.

  • Piercarlo Racca: Risponderei che "la nonviolenza è il varco della storia". Consiglierei di leggere "L'obbedienza non è più una virtu'" di don Milani. Inviterei a vedere il film "Non uccidere" di Claude Autant-Lara.

  • Giuseppe Rossodivita: Nonviolenza per me è verita', onestà e trasparenza. Se queste tre parole diventassero priorità politica per tutti avremmo anche una classe politica diversa e più vicina ai cittadini. Purtroppo oggi non è cosi'. Il mio consiglio è quello di aderire e partecipare alle iniziative dei radicali, magari iscrivendosi. Sarebbe il miglior accostamento alla nonviolenza.


Note biografiche degli intervistati:

Ferdinando Imposimato: Avvocato penalista, magistrato, senatore ed attualmente Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Si è impegnato nella lotta alla mafia e camorra, nella lotta contro il terrorismo: è stato il giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro (1978), l'attentato a papa Giovanni Paolo II (1981), l'omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Vittorio Bachelet, e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione. Si occupa anche della difesa dei diritti umani.

Silvano Tartarini: È stato in passato segretario della Lega per Il Disarmo Unilaterale e ha fatto parte per alcuni anni del Coordinamento politico della Campagna Osm-dpn. Nel 1990 lanciò l'iniziativa dei Volontari di pace in Medioriente unitamente ad Alfonso Navarra della segreteria della Ldu e a Francesca Piatti dei Verdi di Milano. A questa iniziativa si unirono subito, tra gli altri, Alberto l'Abate - che ne fu poi l'animatore - e Francesco Tullio. Ha partecipato a varie iniziative in Iraq e nella Repubblica Federale Yugoslava, dove fu poi aperta una ambasciata di pace. Nel 1998 ha preso l'iniziativa che ha portato alla costruzione dei Berretti Bianchi, di cui è attualmente segretario. Ha redatto un primo testo sui compiti delle "ambasciate di pace" nel 1992 e ha partecipato alla stesura di un resoconto sull'esperienza dei "Volontari di pace in Medioriente"

Piercarlo Racca: È uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressochè tutte le esperienze più vive e più nitide di impegno di pace; è per unanime riconoscimento una delle voci più autorevoli della nonviolenza in cammino.

Giuseppe Rossodivita: È consigliere regionale, capogruppo della Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei al Consiglio Regionale del Lazio. È l'avvocato di fiducia di Marco Pannella e di Emma Bonino, e da 15 anni anima e si occupa delle più importanti iniziative legali dei soggetti radicali ed è stato, tra l'altro, l'avvocato difensore del medico che staccò la spina nel "caso Welby". Laureato all'Università di Roma "La Sapienza", con il massimo dei voti e la lode, è avvocato penalista, abilitato al patrocinio davanti la Corte di Cassazione. È segretario del Comitato Radicale per la Giustizia "Piero Calamandrei".