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Aboliamo le armi nucleari (2)

Le armi sono sempre state usate in tutte le guerre da ciascun paese per uccidere o danneggiare l’avversario ma i progressi tecnici hanno offerto armi sempre più potenti; dopo lunghi accordi l’uso di alcune, le armi chimiche, come i gas asfissianti, e quelle biologiche (batteri e tossine che possono avvelenare le acque e le persone) è stato vietato e le scorte esistenti sono state distrutte, almeno quasi tutte.

Restano le armi nucleari che si sono affacciate al mondo con la scoperta della fissione e della fusione dei nuclei atomici, che sono state impiegate per la prima volta in guerra con l’effetto di radere al suolo le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, e che sono state fatte esplodere per anni, a fini sperimentali, in 2000 tests atomici, nell’aria e nel sottosuolo, con l’effetto di contaminare con la radioattività vaste zone del pianeta.

Dopo varie trattative molte delle 60.000 bombe atomiche e termonucleari esistenti nel mondo nel 1985 sono state eliminate ma ne esistono ancora circa 15.000, molte installate su navi e sottomarini che navigano negli oceani del mondo, molte montate su missili che possono partire nel giro di pochi minuti e che possono portarle a migliaia di chilometri di distanza.

I nove paesi che possiedono armi nucleari, alcuni grandissimi come Stati Uniti e Russia, altri piccoli come Israele e la Corea del Nord, sostengono che sono necessarie per scoraggiare un possibile nemico il quale deve sapere che, se lancerà una bomba nucleare, ne riceverà molte di più e sarà distrutto.

Deterrenza, la chiamano, ma il Papa Francesco, in un recente discorso, ha detto “Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca, e potenzialmente di tutta l’umanità, sono contraddittori con lo spirito stesso delle Nazioni Unite. La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere”.

“Totale annientamento” perché uno scambio, anche limitato, di bombe nucleari fra qualsiasi paese è destinato a rilasciare nell’atmosfera gas ed elementi radioattivi che altererebbero la vita su vaste estensioni di paesi anche lontani o lontanissimi, che con il conflitto non hanno niente a che fare.

Il discorso del Papa era indirizzato ad una conferenza delle Nazioni Unite “finalizzata a negoziare uno strumento legalmente vincolante per proibire le armi nucleari, che conduca verso la loro totale eliminazione”.

Tali trattative sono state imposte da una risoluzione dell’assemblea generale delle stesse Nazioni Unite approvata, il 23 dicembre scorso, a larga maggioranza, anche se col voto contrario dei nove paesi nucleari e dei loro alleati, fra cui la stessa Italia.

Le trattative, iniziate in marzo, continueranno in giugno e mi auguro che il nostro governo, anche alla luce delle ferme parole del capo della Chiesa Cattolica a cui tanti italiani appartengono, decida di dare un contributo decisivo al cammino verso l’eliminazione totale delle armi nucleari.

Le trattative purtroppo richiederanno tempo, soprattutto per convincere i paesi dotati di bombe nucleari e i loro alleati che il disarmo è l’unica cosa in grado di assicurare una qualche distensione fra i paesi; anche se non sarà la pace, auspicata da tanti, almeno verrebbe allontanato il pericolo che un evento bellico provochi, è ancora il Papa che parla, “le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio”.

Purtroppo bisogna fare presto perché nell’aria si sentono rumori di crescenti tensioni internazionali e di progetti di ampliamento e perfezionamento degli arsenali nucleari esistenti. Dovuti anche al fatto che le attività di preparazione e manutenzione delle armi nucleari e dei missili per il loro trasporto, fanno arricchire molte potenti imprese industriali e i relativi interessi finanziari.

Affari e denaro per il nucleare a scopo militare rappresentano, è ancora il Papa che lo dice, uno “spreco di risorse che potrebbero invece essere utilizzate per priorità più significative, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, così come la lotta alla povertà”.

Ma se proprio non si vuole ascoltare le voci della saggezza, l’abolizione delle armi nucleari sia ispirata almeno dalla consapevolezza che, finché esse esistono, l’avvio di una guerra nucleare può avvenire per il capriccio di un governante irresponsabile, per un errore di informazione, per un atto terroristico, per un difetto nei delicatissimi sistemi elettronici che governano il lancio di missili. Un film del 1964, “A prova di errore”, di Sidney Lumet, immagina la distruzione contemporanea di Mosca e Washington a causa di uno scambio di missili nucleari provocato dal difetto di un circuito elettrico e contro la volontà dei presidenti dei due stati.

Speriamo, chiediamo ad alta voce, che i governanti del mondo e anche quelli italiani riconoscano l’importanza dell’abolizione delle armi nucleari, il cui uso sarebbe la più devastante forma di violenza contro il prossimo, quello vicino alle esplosioni, quello lontano nello spazio e anche il prossimo del futuro, esposto a contaminazioni radioattive che durano decenni e secoli.