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Ha svelato la corruzione in Autostrade: “Ora ho paura”. "Sono nel mirino del clan D’Alessandro: hanno giurato di spararmi in testa"

«Nessuno risponde, a nessuno interessa la mia situazione». È affranta la voce del testimone di giustizia Gennaro Ciliberto. Si sente isolato, senza alcun tipo di sostegno. Ha messo in discussione la sua vita per aver fatto una scelta netta e decisa. Ha denunciato la camorra nei lavori pubblici, i lavori fatti male, i crolli e le anomalie strutturali. In nove anni, il testimone, ha citato situazioni, ha prodotto prove sui lavori dati in appalto e in subappalto alle teste di legno, legate ad un clan camorristico di Catellammare di Stabia.

Oggi, 23 agosto 2017, sono novant'anni dall'uccisione giudiziara - anzi, pregiudiziaria - di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, emigrati negli Stati Uniti, anarchici, italiani. È uscita la terza edizione del libro di Vanzetti, Gridatelo dai tetti, curato da Alberto Gedda: sono le lettere e l'autobiografia scritte dal carcere. L'innocenza dei due è stata riconosciuta e dichiarata dal governatore del Massachussets mezzo secolo dopo.

Non c'è nessuna dichiarazione meno utile di questa, per cercare di capire la vicenda del funerale di Vittorio Casamonica. I fatti, da sè, non parlano; vanno contestualizzati, analizzati e interpretati, dal punto di vista dei rom, non di chi non lo è.