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Gli unici confini sono quelli della pelle

Gli unici confini sono quelli del corpo, limiti invalicabili dell'epidermide, armatura sottile che, a volte, riesce anche a proteggerci. A volte no. Questa pelle che ci permette di propendere la mano nell'intenzione desiderante di indicare. Ed è proprio il desiderio, la speranza, che ha spinto 266 profughi a lasciare il loro paese e con esso le loro radici. Muniti solo delle foto dei loro cari si sono affidati al mare, lasciando dietro le spalle la triste realtà della guerra, della povertà, dell'annullamento dell'Io. Sono sopravvissuti solo in 155 a Lampedusa e tutto per la generosità di chi non si ricopre di medaglie, di chi non appare in televisione, ma solo si veste dell'umanità necessaria per vivere in questo mondo sempre più egoista e narcisista.

Lampedusa è la prima isola d'Italia, la base, le fondamenta e in essa si respira un'aria di solidarietà, l'abbraccio è sempre rivolto al mare per contenere chi cerca asilo, chi fugge dalle barbarie, chi vorrebbe solo l'opportunità di esserci. Si è creata, nel silenzio dei riflettori una rete umana di accoglienza al prossimo, che, prima di ogni altra cosa, è persona. Il più delle volte sono urla di speranza, occhi rivolti alla nostra penisola. "Nostra" nell'accezione che non vuole essere "possesso" ma "appartenenza" per nascita.

I lampedusani, nonostante la disperazione, sono riusciti ad assottigliare i loro confini fino a riconoscere in Sé l'Altro, in un ritmo emotivo che risuona solo nel cuore...e lì non esistono limiti. Esiste amore, fratellanza. Le barriere della paura lasciano spazio agli sguardi lacerati dalla fatica e dal terrore, grazie al sentimento che non vede più il corpo nudo e disperato, ma accoglie e riscalda con tutta l'energia rimasta.

Chiedono aiuto i lampedusani, aiuto umanitario, risorse per ospitare non per respingere nel mare. Non chiedono Nobel, ma solo che sia rispettato il diritto alla vita, che cessi l'odore di morte, vividamente presente nelle menti e nelle acque. Questi "pescatori di anime" mantengono vivo un desiderio, "mantenere"

nell'accezione di "tenere per mano", ma la frase completa, e il più delle volte dimenticata, è "tenere per mano una promessa", promettendo ogni giorno a se stessi di non voler assomigliare a chi caccia, a chi aggredisce con le parole e il più delle volte, ahimè, coi fatti l'Altro.

Non bisognerebbe mai dimenticarsi che abitiamo il mondo non un colore, sia esso della pelle o di una bandiera. C'è un simbolo che meriterebbe un riconoscimento maggiore, esso ha un aspetto che richiama l'universale perché ci abita fin dalla nascita, dimora in noi: è questa bellissima spirale del DNA umano e quella è veramente internazionale.