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Mare nostrum

Cinque navi, ciascuna con un equipaggio che varia da 80 a 250 uomini. Elicotteri a lungo raggio. Una decina di aerei. Radar e droni. L’hanno chiamata “Mare nostrum” e servirà per «il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare». Sarà (parola d’onore dei ministri dell’Interno Alfano e della Difesa Mauro) «una missione umanitaria e di soccorso»… attraverso la quale «l’Italia rafforza la protezione della frontiera» e «controlla i flussi migratori». Premettiamo di avere una certa diffidenza nei confronti delle cosiddette “missioni umanitarie”. E che la parola “pattugliamento” – adoperata dai ministri – ci porta alla memoria ricordi che mal si conciliano con il termine “umanitario”… A ciò si aggiunge che quella sottolineatura del ministro Alfano, «se interverrà una nave italiana non è detto che porti i migranti in un porto italiano», ci lascia perplesse. Di più: ci inquieta. Non ci rassicura il suo richiamo al diritto internazionale della navigazione. Vuol dire che se, guarda caso, i barconi verranno intercettati in acque ancora libiche verranno (per diritto, mica per scelta…) riportati indietro?

E, perplessità per perplessità, ci scusino i ministri, ma le fregate lanciamissili Maestrale, navi da oltre 3mila tonnellate, pesantemente armate, che verranno utilizzate nella «missione umanitaria e di soccorso» attraverso la quale «l’Italia rafforza la protezione della frontiera» e «controlla i flussi migratori» (finalità, ricordiamo, umanitarie…), a cosa servono? A sottolineare che, sia ben chiaro, questo Mare è nostrum?

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane del 17.05.2013