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Una riflessione sulla sicurezza a partire dalla Bibbia (Maffei Anna)

Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza, n. 737 del 20 febbraio 2009
Il bisogno di sicurezza è posto al centro di  tutto in questo nostro tempo.
È un ritornello che ci stordisce e che  risuona spaventando fin nel profondo le coscienze anche dei/delle più  giovani fra noi.
Siamo incerti su tutto, il lavoro specialmente - non  c'è sicurezza sul lavoro e non c'è sicurezza del lavoro. Siamo  incerti sul futuro del pianeta, siamo precari nei nostri affetti, non  ci sentiamo sicuri a camminare per strada nelle nostre periferie, il  nostro futuro economico è incerto e incerto è il futuro dei nostri  risparmi, per chi ancora ce li ha.
In risposta a questo bisogno di  sentirsi al sicuro si propongono a livello governativo delle norme che  vengono riassunte nell'espressione "pacchetto sicurezza", ma in queste  norme sono presentate soluzioni che non creano sicurezza ma inimicizia,  divisioni, diffidenze, conflitto sociale e quindi maggiore insicurezza.
Vorrei proporre per una volta un approccio diverso a questo tema, che  parta dalla fede e dalla Bibbia.
C'è un versetto biblico che risuona  nella mia testa molto spesso, una frase che ho cercato di insegnare al  mio nipotino per il momento in cui va a letto: "In pace mi coricherò,  in pace dormirò, perché tu solo Signore mi fai abitare al sicuro"  (Salmo 4, 8). Questa è la sicurezza di cui parla la Bibbia: fiducia in  Dio anche quando dormiamo, cioè quando siamo completamente senza  difese. È anche l'esperienza di Giacobbe fuggiasco da un fratello che  minacciava di ucciderlo quando, solo, con una pietra per guanciale,  dormiva e sognava di una presenza rassicurante. Al suo risveglio esclamava: "Dio era in questo posto e io non lo sapevo!".
Fede è  fiducia in Dio che si fa presente e ci protegge in situazioni senza luce.
La fiducia, e il tipo di sicurezza che ne deriva, non è  naturale, è rivelazione, va appresa vivendola. E va appresa proprio  nell'incontro con l'Altro per eccellenza, con lo Sconosciuto che  imprevedibilmente ci incontra.
In che modo può questa intuizione  biblica venirci incontro mentre parliamo delle nostre concrete  insicurezze e delle nostre paure? Il Dio biblico non ci incontra  soltanto nella visione luminosa in una notte buia ma ci incontra  nell'altro, il fratello prima ostile. Dio aveva detto a Giocobbe: "Io  sono con te e ti proteggerò dovunque andrai". E poi dopo molti anni  Giacobbe dice al fratello Esaù che lo accoglie superando inimicizia e  desiderio di vendetta: "Io ho visto il tuo volto come uno vede il volto  di Dio".
Il volto s-conosciuto di Dio è ri-conosciuto nel volto del  nemico ritrovato come fratello.
Non c'è sicurezza e non c'è futuro se  ci si chiude a questo incontro.
Paradossalmente il "pacchetto  sicurezza" contrabbanda come sicurezza l'istituzionalizzazione della  paura del diverso, rende più difficile l'incontro fra italiani e  stranieri, nega la fraternità e l'uguaglianza di diritti, sacralizza  il concetto di nazionalità, mina alle radici la fiducia reciproca  indispensabile alla convivenza pacifica cercando di trasformare perfino  i medici da coloro che si prendono cura a possibili delatori di identità "clandestine".
Nessuna persona è clandestina perché la  terra non è proprietà esclusiva e definitiva di un popolo, di nessun  popolo, la terra è eredità promessa ai miti e i miti sono coloro che  accolgono l'altro così com'è, con il suo bisogno di amore, di  protezione, con la sua fame di vita e di dignità.
Nell'ambito della  Conferenza mondiale dei battisti per la pace che si è tenuta a Roma e  si è conclusa il 14 febbraio scorso abbiamo esplorato e analizzato  molti fra i cinquanta conflitti armati che infuriano oggi nel mondo.  Abbiamo anche considerato le scie di sangue che percorrono paesi che si  credono pacificati, abbiamo ascoltato testimonianze drammatiche di persone provenienti da popoli umiliati da governi autoritari e  corrotti, abbiamo udito le grida soffocate dei popoli falcidiati dalla  guerra per il pane che manca, dalla pandemia dell'aids, dalla malaria,  dal colera per l'acqua inquinata.
Oh, se si riuscisse a vivere e a  combattere per un'idea, un obiettivo di sicurezza che abbracciasse  tutti questi popoli, tutti i bambini, tutte le donne, quelle violentate  nelle nostre case e nelle nostre strade e quelle stuprate ed esibite  come trofei di guerra o come conquiste nei bordelli delle terre  esotiche visitate da ricchi turisti! La sicurezza si costruisce con la  giustizia e non con la pseudogiustizia privata, nazionale ed armata.  Nè le ronde, nè gli eserciti per le strade ci faranno sentire più  sicuri. Le mani intrecciate, le storie ascoltate, i diritti  riconosciuti, la presa in carico delle responsabilità storiche che portiamo tutti insieme, il ri-conoscerci nella fraternità e nell'uguaglianza qualunque sia la terra dove siamo nati, questo  potrebbe farci scoprire che Dio era proprio qui in mezzo al buio della  nostra cecità e noi non ce ne eravamo accorti.