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Credo che esistano diversi modi di affrontare il problema dell'immigrazione: si potrebbe partire dai dati sul fenomeno, si potrebbe fare filosofia sull'uguaglianza tra uomini e donne, a prescindere dalla loro nazionalità e dalla loro condizione economica.
Tanto per cominciare, però, bisognerebbe eliminare i pregiudizi che spesso abbiamo nei confronti dell'altro, del diverso, che troppe volte ci impediscono di metterci in comunicazione con lui.
Proprio quest'anno e, in particolare, in questo periodo in cui si è sentito parlare spesso di episodi collegati allo scottante  tema immigrazione, ho avuto modo di confrontarmi con persone straniere che vivono, chi da più chi da meno tempo, qua in Italia.

Questo è l'editoriale pubblicato su Incrocinews, il giornale on line della Curia di Milano, a proposito dei fatti di via Padova. Quanto accaduto nei giorni scorsi in via Padova è un episodio grave e bisognoso di approfondimento. L’aggressione e la morte di un giovane, il conflitto etnico tra bande rivali, le reazioni violente che ne sono seguite, denunciano una situazione da leggere nella sua complessità con lucidità di giudizio e senza...

A ottobre del 2002, nella campagna bresciana, un quartetto di maschi, tre adolescenti e un adulto, italiani doc, sequestrò e uccise a coltellate una quattordicenne, dopo aver cercato di violentarla.
Pescando a caso nella cronaca più recente, si trova che ad agosto del 2009, a Foggia, un diciannovenne italiano uccise a colpi di coltello un diciassettenne italiano.

Quel che fa impressione, di questo paese alla deriva in ogni senso, non e' solo il razzismo ormai senza freni, ne' soltanto il compimento di un processo che chi scrive aveva puntualmente previsto: cioe' la saldatura fra razzismo istituzionale e razzismo popolare (o "di massa", se preferite).

Il titolo dice tutto, giusto? Pertanto cominciamo dall'invisibile. Si tratta di una categoria che il genere femminile conosce approfonditamente. Fathia Fikri, 43 anni, è stata invisibile per tutta la sua vita. Innanzitutto era un'immigrata dal Marocco, e si sa che in Italia meno gli immigrati si fanno vedere e meglio è (Rosarno docet). Poi, colmo dei colmi, Fathia non è andata al "Grande Fratello", non è stata coinvolta in scontri pseudo cultural-etnici con la Santanché di turno, non è stata ripresa da telecamere durante una retata antiprostituzione o lo sgombero di una baraccopoli.

SASSARI. Nel suo ripetersi la storia rimescola ruoli e ragioni, paesaggi umani e derive dei sentimenti, paure profonde e torrenti di violenza. E il tempo lava le ferite e sa così far dimenticare il morso doloroso di ricordi nei quali invece si trovano preziose tracce per capire come si declinano la civiltà, il rispetto, la tolleranza e il reciproco riconoscersi. I fatti di Rosarno, con il loro carico di ferocia razzista, sembrano oggi una ferita nuova, una rottura improvvisa e stordente rispetto alla diffusa - e falsa - convinzione che negli "italiani brava gente" sia connaturata la cultura dell'accoglienza e della comprensione "cristiana" della disperazione degli altri. E invece no, non è così.