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L'articolo 34 della nostra Costituzione dice che la scuola è aperta a tutti, sancendo un diritto per tutti di frequentarla senza distinzione tra chi la pensa in un modo o in altro. E la scuola ha il dovere di formare i ragazzi, in modo magari anche severo, ma democratico, in cui la partecipazione è un valore. Oggi rimbalza un po’ ovunque, la notizia di un insegnante che ha minacciato gli studenti che avrebbero partecipato alla manifestazione delle ‘sardine’ a Fiorenzuola, scrivendo che avrebbe reso loro la vita scolastica impossibile rendendo la sufficienza nelle due materie una chimera. Poi sono arrivate le scuse ai giornali, la posizione per una volta netta del Ministero di immediata sospensione dell’insegnante e la presa di distanza della dirigenza scolastica e di nuovo le sue scuse sui social e ai giornali dell’insegnante: tardive ed inutili.

Le disuguaglianze sono le ferite che marcano il nostro tempo, (unitamente alle guerre) sono le principali questioni politiche del presente.

Le disuguaglianze definiscono la possibilità di accesso ai servizi di salute e istruzione economiche, sociali, di genere, di appartenenza etnica. Li troviamo nei territori, nelle fabbriche, nella differenza di opportunità fra città e aree rurali, tra città e periferie marginali.

I due passaggi parlamentari in cui si è sancita la caduta di Salvini, minoranza nel Parlamento e nel Paese, e si è formato il nuovo governo di salute pubblica, sono stati contraddistinti da una straordinaria passionalità e inusitata violenza. I giovani dicono che mai avevano visto una cosa simile al Senato e alla Camera, i vecchi invece l'avevano vista nei primi anni della Repubblica quando De Gasperi e Truman, elargitore del piano Marshall per rimettere in piedi l'Italia, espulsero i comunisti dal governo e cominciò il grande scontro che aveva per posta una scelta di campo (tra Est e Ovest) e di sistema (tra capitalismo e comunismo).

La Camera ha approvato il secondo decreto sicurezza di Salvini dopo aver espresso su di esso un voto di fiducia al governo con 325 voti contro 248. Il decreto è incostituzionale non solo in quanto a singoli articoli della Costituzione e del diritto internazionale che lasciamo ai giuristi e al presidente della Repubblica di valutare ai fini di accertarne l'illegittimità, ma sopratutto è in antitesi con lo spirito globale della Costituzione, con la sua stessa ragion d'essere che com'è noto non è la ragion di Stato ma la ragione delle persone umane come cittadini, non come individui isolati ma come membri di comunità politiche. In questo senso esso è l'anti-Costituzione, e non basta per salvarsi l’anima uscire dall’aula quando lo si vota.

Col ritorno alla grande del Sindacato in piazza il 9 febbraio a Roma, con la manifestazione di Milano del 2 marzo, con la critica all’”Europa dei populismi” argomentata con rigore nel congresso romano di Magistratura democratica, con i cattivi umori elettorali rivelatisi in Abruzzo e Sardegna e da ultimo con l'oltre un milione di voti dato dai cittadini a Zingaretti per riscattare dal lungo sequestro il partito democratico, sembra segnata la fine, almeno in Italia, del populismo arrogante messo al potere dal populismo incosciente.

La banalità del male, il gusto di escludere, di infierire sull'altro perché "non dei nostri". La carogna nera guida alcune scelte che si stanno prendendo in questi giorni. La gioia del sopruso ottuso.
Un emendamento della Lega alla legge di bilancio esclude i cittadini extracomunitari dalle agevolazioni per le famiglie numerose (la carta della famiglia). E lo Stato non risparmierà niente.