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Possibile che un politico e giornalista coraggioso come Giuseppe Donati non abbia più eredi tra i cattolici? 

di Mario Pancera

Nel 1923, ad Argenta, nel Ferrarese, i fascisti uccisero il parroco don Giovanni Minzoni che, poco tempo prima, in una lettera a un amico, aveva scritto: «Quando un partito, quando un governo, quando uomini in grande o piccolo stile, denigrano, violentano, perseguitano un’idea, un programma, un’istituzione, quale quella del Partito popolare italiano e dei circoli cattolici, per me non vi è che una sola soluzione: passare il Rubicone, e quello che succederà sarà sempre meglio che la vita stupida e servile che ci si vuole imporre». Infatti, fu massacrato.

Pubblichiamo l'intervista che Scalfari ha fatto a Enrico Berlinguer, pubblicata su "La Repubblica" del 28 luglio 1981, perché riteniamo che risulti ancora, pur in un contesto diverso, anche se ancor più degradato, drammaticamente attuale, sia per quanto concerne l'analisi sulla crisi dei partiti ("I partiti non fanno più politica. I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia"), sia per quanto concerne le proposte di rinnovamento.

«Ha pianto perché donna». Forse è questa, in assoluto, la frase più sgradevole sulle lacrime della ministra del Welfare, Elsa Fornero. Come se le lacrime fossero appannaggio femminile, come se fossero sinonimo di fragilità, come se una ministra non possa concedersi un’emozione, senza mettere in discussione un ruolo, una serietà e una credibilità istituzionale.

Che cos'è l'umanesimo? Un grande punto interrogativo da affrontare con la massima serietà? È nella tradizione europea, greco-giudaico-cristiana, che si è prodotto questo evento che non cessa di promettere, di deludere e di rifondarsi. Quando Gesù si descrive (Giovanni 8,24) negli stessi termini di Elohim che si rivolge a Mosè (Esodo 3,14), dicendo: «Io sono», egli definisce l'uomo — anticipando così l'umanesimo — come una «singolarità indistruttibile» (secondo l'espressione di Benedetto XVI).

Due  Chiese di fronte al berlusfascismo. Mazzolari e l’uomo: una questione morale
di Mario Pancera

Gli storici ci diranno un giorno come si è comportata in questi anni la Chiesa con il berlusfascismo. Che cosa fa, oggi, non è chiaro. Ufficialmente tergiversa: a volte lo appoggia perché tocca temi sensibili come quelli della famiglia e della scuola (e i provvediment i governativi sembrano a suo favore), altre volte tace (come quando vara leggi che incoraggiano il gioco d’azzardo o pesano prima di tutto sui poveri). La Chiesa non ufficiale, invece, appare divisa: ci sono vescovi, sacerdoti, politici, eminenti laici cattolici che parlano, scrivono, partecipano a un dibattito generale anti berlusfascista. Questi non discutono soltanto della figura morale e politica del premier e del suo partito, ma soprattutto guardano al degrado della società, al suo immiserirsi materiale, intellettuale e spirituale. Tendono al risveglio delle coscienze.

"Visibilità", "notorietà", "divismo", "spettacolarizzazione". Più il tempo passa, più il linguaggio della politica si impoverisce e si svuota di senso. Non conta più quello che si dice, ma quanto e dove si parla e si appare. All'epoca dei mass-media, la visibilità è sovrana. Non solo nell'universo dello spettacolo, ma anche e soprattutto nel mondo politico. Come se per acquisire credibilità, si dovesse essere presenti ovunque, saturare il dibattito pubblico, pronunciare sempre le stesse formule. Come se bastasse ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte, come diceva Joseph Goebbels, perché la menzogna si trasformi magicamente in verità.