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Aisha lapidata (Giuliana Sgrena)

Pubblicato su il quotidiano "Il manifesto" del 29 ottobre 2008, tratto da Notizie minime della nonviolenza, n. 625 del 31 ottobre 2008

Aisha Ibrahim Dhuhulow, una donna di 23 anni è stata lapidata a Chisimaio, nel sud della Somalia, a circa 500 chilometri da Mogadiscio. È l'ultimo atto delle Corti islamiche guidate da Hassan Turki e dai miliziani Shabab che hanno conquistato il controllo della città lo scorso 22 agosto, strappandola al governo provvisorio qui rappresentato dal clan dei Marehan appoggiato dalle forze etiopi. La donna è stata condannata per adulterio.
Questa la pena prevista dalla sharia, la legge coranica secondo l'interpretazione fondamentalista. La giovane con un velo verde e il viso coperto da un drappo nero è stata portata sul luogo dell'esecuzione, avvenuta lunedì sera in uno stadio, a bordo di un furgone. Poi, mani e piedi legati, è stata sepolta fino al collo e colpita a morte con le pietre da una cinquantina di uomini. Quando un parente ha cercato di intervenire i miliziani hanno sparato uccidendo un bambino. Migliaia gli spettatori di una atroce esecuzione avvenuta, secondo le Corti islamiche, dopo la confessione della ragazza. Tutto lascia supporre che la ragazza non avesse altra scelta e a nulla sono valse le proteste della famiglia che hanno invocato una corretta applicazione della sharia che richiederebbe la presenza di testimoni. "L'islam, ha affermato uno dei parenti, non permette che una donna sia messa a morte per adulterio se non sono presentati pubblicamente l'uomo con cui ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto".
L'esecuzione, avvenuta davanti a migliaia di testimoni costretti ad assistere alla morte atroce della ragazza, ricorda le esecuzioni dei taleban nello stadio di Kabul. La scuola è la stessa. La fine del regime dei taleban nel 2001 non ha rappresentato la fine del talebanismo che ha trovato numerosi seguaci non solo in Asia. Gli Shabab al potere a Chisimaio sono considerati legati ad al Qaeda, comunque sia la loro interpretazione dell'islam è tra le più oscurantiste: ogni svago è proibito perché considerato blasfemo. E quando si parla di svago in un paese travolto da vent'anni di guerra e povertà è difficile immaginare qualcosa di blasfemo.
Sono state vietate le riprese per la prima lapidazione di Chisimaio alla quale tuttavia hanno assistito giornalisti locali. Era dal 2006, da quando le Corti islamiche sono state allontanate da Mogadiscio, che non si assisteva a simili atrocità.
Gli Shabab, che figurano sulla lista dei gruppi terroristi stilata dagli Stati Uniti, hanno respinto anche l'accordo raggiunto dal governo somalo con i gruppi islamisti "moderati" con la mediazione delle Nazioni Unite che prevede un ritiro delle truppe etiopiche dal territorio di Mogadiscio entro il 5 novembre e da Beledweyne entro il 21 novembre. Questi territori passeranno sotto il controllo dell'Amisom (Unione delle truppe africane in Somalia). "Abbiamo respinto la conferenza e gli accordi. Ribadiamo che non li accetteremo. Continueremo la nostra battaglia contro i nemici di Allah", ha affermato Mukhtar Robow, un portavoce degli Shabab.
Tutto lascia prevedere che la situazione non migliorerà in Somalia, soprattutto a Chisimaio, in particolare per le donne. L'applicazione della sharia infatti vede soprattutto nelle donne il primo obiettivo da colpire.
Il modello degli Shabab non si discosta da quello dei taleban, del resto è la stessa matrice wahabita (dell'Arabia Saudita) a ispirarli. Anche dove le Corti islamiche non sono al potere è l'Arabia Saudita a gestire tutti i servizi che un governo ininfluente non riesce a garantire. La penetrazione saudita è iniziata fin dalla caduta di Siad Barre, nel 1991, con l'arrivo di organizzazioni "umanitarie", si è poi accentuata dopo la partenza delle truppe internazionali di Restore hope. Il numero delle moschee si è moltiplicato, così quello degli orfanotrofi, al posto delle scuole sono state costruite le madrasa (scuole coraniche, dove le bambine sono coperte da tuniche pesanti che le coprono dal capo ai piedi fin da piccole), i programmi scolastici sono quelli arabi e la lingua del corano ha sostituito quella somala. In Somalia non si studia più la lingua somala e nemmeno la storia della Somalia ma quella della penisola arabica. I tribunali sono stati sostituiti dalle Corti islamiche e accanto alle carceri sono sorti i centri di rieducazione o di implementazione della sharia, dove le famiglie possono rinchiudere figlie o figli ribelli, o semplicemente parenti scomodi.
In un paese in guerra, senza un governo che controlli la situazione, prevale la legge del più forte.