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Compassione e rispetto ecco i primi valori da insegnare ai figli

Sono esclusi dai giochi. Insultati e maltrattati dai compagni. Capri espiatori di una violenza talvolta invisibile, ma quotidiana che spesso finisce su Internet. Sono soli e bisognosi di aiuto. Come la giovane Alye, su YouTube. Che ha utilizzato una serie di cartoncini per urlare in silenzio, davanti alla telecamera, tutta la sua disperazione. "Brutta", "Grassa", "Mostro", "Prostituta". Perché non passava giorno senza che qualcuno la insultasse.

Il fenomeno del "bullismo", con la sua deriva multimediale, è ormai tristemente noto. Non solo in America, in Inghilterra e nei paesi scandinavi, dove una serie di misure preventive sono state già prese a partire dagli anni '80, ma anche in Italia, in Francia, e negli altri paesi europei. Come reagire? In Francia, il ministro della Pubblica istruzione, Luc Chatel, ha organizzato in maggio le prime Assises nationales sur le harcelement à l'ecole. Un rapporto dell'Unicef, pubblicato in aprile, aveva mostrato che un bambino su dieci, a scuola, è vittima di violenze verbali e fisiche. E che le vittime portano con sè, per sempre, le cicatrici di questi insulti e di questi atti di violenza subiti quando erano ancora troppo piccole per difendersi da sole.

Ormai sono veramente pochi coloro che continuano a pensare che le angherie e le prepotenze possano forgiare il carattere dei bambini, e che imparare a difendersi da soli faccia parte di quelle esperienze necessarie per poi affrontare meglio la vita. Ma basta consolare le vittime esortandole a "non mollare", a "non curarsi dei carnefici" e ad andare avanti per la loro strada? Non sarebbe meglio interrogarsi sul "perché" di questi gesti e su ciò che ci rivelano della società contemporanea?I bambini e gli adolescenti possono essere crudeli. Anche quando tutto comincia un pò per gioco. Quando il bulletto di turno vuol sentirsi più forte degli altri e cerca di attirare l'attenzione generale prendendo in giro un compagno o una compagna di scuola. Quando gli amici lo seguono per divertirsi anche loro. Quando i più fragili e i più vulnerabili cominciano ad aver paura e diventano vittime di un meccanismo perverso che, se non viene interrotto, non smette di autoalimentarsi. Ecco allora che dalle derisioni si passa alle umiliazioni, dalle minacce alle aggressioni... magari filmate col cellulare e poi trasferite su Internet, dove con un semplice "clic" si può poi guardare di nuovo tutto e ridere ancora. Tanto nessuno saprà mai chi ha fatto circolare questi video (che per anni restano su Google) o chi utilizza veramente Facebook per diffondere dubbi, falsità o calunnie. Anche se, col passare del tempo, sono sempre più numerosi quelli che non si divertono affatto. Bambini e adolescenti che si isolano, si vergognano, non dormono la notte, pensano di farla finita con la vita...

Molti adulti continuano a pensare che l'universo dell'infanzia è un mondo fatto di innocenza e di gioco. Che la compassione di fronte alle sofferenze è un sentimento naturale. E che anche quando qualcosa non funziona, col tempo tutto si rimetterà a posto. Peccato che, come ci spiega Freud nei Tre saggi sulla teoria sessuale, da bambini non si ha ancora la capacità di immedesimarsi negli altri e di compatire la loro sofferenza. Le famose "dighe psichiche", le tre barriere essenziali che strutturano ognuno di noi permettendoci di trovare un equilibrio di fronte alla violenza dei nostri istinti, non ci sono ancora. E spetta agli adulti insegnare ai più piccoli il significato del pudore, del disgusto e della compassione. Soprattutto la compassione... quella che dovrebbe spingere ognuno di noi ad essere sensibile di fronte alle ingiustizie, a ribellarsi davanti al dolore inutilmente inflitto, e a non fare mai agli altri quello che non vorremmo che ci fosse fatto... Come fare, però, ad insegnare la compassione in un mondo in cui la crudeltà viene banalizzata, in cui si impara a farla franca e a restare impuniti e in cui i ragazzi, lasciati soli davanti ad Internet e ai videogiochi, confondono sempre di più la realtà e la fiction? Nell'era di Facebook tutto si virtualizza. È difficile capire che i propri gesti possono avere delle conseguenze irreparabili. Che la sofferenza non si cancella come una frase scritta al computer. E che il rispetto e la civiltà sono valori molto fragili.

La barbarie, diceva Freud, è un "tratto indistruttibile" della natura umana, una tentazione sempre presente in ognuno di noi. Compassione ed empatia non sono innate. Se non si prende la pena di insegnarle ai nostri figli e ai nostri alunni, sensibilizzandoli alla sofferenza degli altri, spiegando loro la conseguenza di certi gesti, non si potrà fare niente contro il bullismo. Alcuni bambini sono semplicemente incapaci di rendersi conto di quello che fanno. Di capire che potrebbero trovarsi loro al posto delle vittime. E che queste vittime non si divertono e soffrono veramente. Perché non sono come gli avatar di un videogioco, ma bambini in carne ed ossa come loro. Il primo compito dei genitori e degli insegnanti non è d'altronde proprio di spiegare ai più piccoli come funziona la realtà?

 

Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo

Pubblicato su "la Repubblica" del 7 giugno 2011