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Un volto aperto e fiducioso, una sorta di ingenuità del bambino che ancora è presente in lui. Così si presenta questo ragazzo costretto a vivere per strada da poco tempo, ma che sta cercando di uscirne prima possibile, mi dice: “Per strada si sta male, ci sono brutte compagnie, e poi ora arriva l’inverno……”

Luigi di Molfetta ha 49 anni , è un tipo segaligno, scuro di pelle, con gli occhi neri . Mi racconta la sua storia , perché ha bisogno di sfogarsi, dice che la vita gli ha riservato molte vicissitudini, che sono iniziate tutte quando la mamma è morta. . E’ scoraggiato e dice che ha bisogno di parlare , perché quando pensa a come la vita gli ha girato male , va in crisi profonda e ha comportamenti autolesionisti.

Un piccolo stradello devia da una viuzza di collegamento e s’infila stretto tra due gruppi di case morendo in uno spiazzo ridotto per metà pavimentato di fresco per l’altra metà ancora sterrato. A destra, per chi arriva dalla via c’è un muro di cemento adattato con della vernice ad una porta di calcio, sul davanti, la rete di un cantiere edile, a sinistra un terratetto affiancato ad altre casette similari.

Questa settimana alla Casa di Accoglienza, stranamente, ci sono ben quattro italiani ed un ragazzo che viene dal Marocco, ma che è diversi anni che risiede a Massa.

Il fatto poi che dei quattro italiani ben tre siano residenti a Massa e a Carrara, ci dice veramente che la crisi sta stritolando le persone più deboli.

Flash di una chiacchierata davanti alla televisione dopo cena.

Antonio cammina sulla linea d'ombra.

Di là c'è la luce, di qua c'è il buio.

Di là l'aria è tiepida e il materasso comodo.

Di qua il vento è gelido e il pavimento rompe la schiena di notte.

Antonio ha puntato la sua vita nella mano sbagliata e non ha avuto ancora una mano di riserva... Non ancora... ma Antonio non ha smesso di cercare.

L. è una specie di gigante buono ed è il primo ospite che ho incontrato la sera del mio debutto tra i volontari dell'associazione A.V.A.A.

L'acronimo starebbe per Associazione Volontari per l'Ascolto e l'Accoglienza ma per noi è più semplicemente la casa dato che l'attività in cui siamo impegnati è appunto quella di gestire una piccola struttura che ospita cittadini che, per varie ragioni, si trovano senza un tetto sotto cui riposare.

Non è semplice fare un bilancio di un anno di attività della Casa di Accoglienza, sopratutto perché stiamo parlando di sofferenze, di disagi, di marginalità, di fatiche... che non possono trovare soluzione nella nostra accoglienza temporanea1.

Raccontare la Casa di Accoglienza con dei numeri è “drammaticamente” riduttivo, a meno che non si faccia lo sforzo di pensare che ciascuna di quella cifra è la rappresentazione di volti, di vite, di sofferenze, di drammi reali e quotidiani.