• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Non sono ancora riuscito a dire il dolore che suscita in me la vicenda dello strazio e dell'uccisione del giovane Giulio Regeni.

Ogni volta che penso a quell'orrore (di cui i mezzi d'informazione danno notizia con toni che mi sembrano falsi, algidi ed empi), mi sento schiacciare dal peso di tanto male, di tanta violenza che quell'innocente ha schiantato.

“Siamo uomini e donne, appartenenti o no a gruppi politici ed organizzazioni pacifiste – spiega il loro comunicato - nel settembre 2001, quando ci fu l’attentato alle torri gemelle, e gli USA attaccarono l’Afghanistan con il pretesto della caccia a Bin Laden, cercammo un modo per esprimere il nostro sgomento e la nostra indignazione. Decidemmo di adottare l’”ora in silenzio”, una modalità di manifestazione già attuata diverse volte nella storia: per esempio dalle suffragiste statunitensi e dalle donne in nero di Gerusalemme”.

I. Forme di lotta

Con la significativa eccezione delle enclaves di alto prestigio e potere, non esistono nella resistenza compiti o settori dove non compaiano donne. È così nello scontro armato, nel lavoro di informazione, approvvigionamento e collegamento, nella stampa e propaganda, nel trasporto di armi e munizioni, nell'organizzazione sanitaria e ospedaliera, nel Soccorso rosso, la struttura delegata a sostenere i militanti in difficoltà e le loro famiglie. Dello schieramento resistenziale fanno parte anche le militanti dei Gruppi di difesa della donna e per l'assistenza ai combattenti della libertà, l'organizzazione femminile di massa fondata nell'autunno '43 da alcune esponenti dei partiti del Cln.