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Tratto dal n. 1213 della “La nonviolenza è in cammino”, del 21 febbraio 2006, riportiamo il saggio di Anna Bravo, originariamente pubblicato come voce "Resistenza civile", in Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 voll., Einaudi, Torino 2000-2001. Anna Bravo (per contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali.


Tratto da “La nonviolenza è in cammino”, n.1214 di martedì 21 febbraio 2006, pubblichiamo saggio di Anna Bravo, originariamente pubblicato sul quotidiano "La Repubblica" del 26 aprile 2005. Anna Bravo (per contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali.

Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere». Sta tutto qui, in questa frase della scrittrice Christa Wolf, il senso profondo della ricerca e della proposta nonviolenta come alternativa alla guerra.

Sul piatto tragico della storia c’è la questione della “difesa”, l’urgenza di salvare quante più vite possibili insieme alla necessità di fermare l’esercito invasore. Gli aggrediti non possono fare altro che usare gli strumenti che hanno a disposizione (armati o non armati), ma noi dobbiamo perseguire le vie efficaci del “cessate il fuoco”, sapendo che i mezzi che si usano prefigurano il fine che si raggiungerà. È Gandhi a parlare chiaro: «Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto». La necessità, anzi il dovere della difesa di un popolo aggredito è fuori discussione. Ma come attuare una difesa efficace e che salvi la vita oltre che i valori di libertà, democrazia, e le infrastrutture stesse di un paese, è la risposta che cerchiamo.

A tu per tu con una donna che ha deciso di fermarsi, con pazienza, a prendere un caffe’ con i suoi “Haters” – di Hannah Richter, 14 dic. 2020

Viviamo in un mondo che ospita un grande insieme di differenti gruppi di persone. Noi stessi ci consideriamo “parte di un gruppo” ed “estranei ad un certo altro gruppo”, distinguiamo spesso un “noi” da un “loro”. Siamo portati a generalizzare in continuazione, e spesso a parlare di “quegli altri là” come si trattasse di nemici, a prescindere. Frequentemente ci dimentichiamo di quanto simili a “noi” “quegli altri là” possono essere; tendiamo cioè a sorvolare su tutto un insieme di cose che potremmo avere in comune, molte esperienze simili che possiamo avere tutti attraversato, e anche pregiudizi che potremmo avere in comune, gli uni nutriti nei confronti degli altri.