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Non sono ancora riuscito a dire il dolore che suscita in me la vicenda dello strazio e dell'uccisione del giovane Giulio Regeni.

Ogni volta che penso a quell'orrore (di cui i mezzi d'informazione danno notizia con toni che mi sembrano falsi, algidi ed empi), mi sento schiacciare dal peso di tanto male, di tanta violenza che quell'innocente ha schiantato.

“Siamo uomini e donne, appartenenti o no a gruppi politici ed organizzazioni pacifiste – spiega il loro comunicato - nel settembre 2001, quando ci fu l’attentato alle torri gemelle, e gli USA attaccarono l’Afghanistan con il pretesto della caccia a Bin Laden, cercammo un modo per esprimere il nostro sgomento e la nostra indignazione. Decidemmo di adottare l’”ora in silenzio”, una modalità di manifestazione già attuata diverse volte nella storia: per esempio dalle suffragiste statunitensi e dalle donne in nero di Gerusalemme”.

I. Forme di lotta

Con la significativa eccezione delle enclaves di alto prestigio e potere, non esistono nella resistenza compiti o settori dove non compaiano donne. È così nello scontro armato, nel lavoro di informazione, approvvigionamento e collegamento, nella stampa e propaganda, nel trasporto di armi e munizioni, nell'organizzazione sanitaria e ospedaliera, nel Soccorso rosso, la struttura delegata a sostenere i militanti in difficoltà e le loro famiglie. Dello schieramento resistenziale fanno parte anche le militanti dei Gruppi di difesa della donna e per l'assistenza ai combattenti della libertà, l'organizzazione femminile di massa fondata nell'autunno '43 da alcune esponenti dei partiti del Cln.

La storia degli ebrei danesi è una storia sui generis, e il comportamento della popolazione e del governo danese non trova riscontro in nessun altro paese d'Europa, occupato o alleato dell'Asse o neutrale e indipendente che fosse. Su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte le università ove vi sia una facoltà di scienze politiche, per dare un'idea della potenza enorme della nonviolenza e della resistenza passiva, anche se l'avversario è violento e dispone di mezzi infinitamente superiori. Certo, anche altri paesi d'Europa difettavano di "comprensione per la questione ebraica", e anzi si può dire che la maggioranza dei paesi europei fossero contrari alle soluzioni "radicali" e "finali". Come la Danimarca, anche la Svezia, l'Italia e la Bulgaria si rivelarono quasi immuni dall'antisemitismo, ma delle tre di queste nazioni che si trovavano sotto il tallone tedesco soltanto la danese osò esprimere apertamente ciò che pensava.

Siamo lieti di comunicare i finalisti del Premio della Nonviolenza 2015.

Fino al 24 settembre sarà possibile votarli sul sito del Premio e sulla pagina Facebook per scegliere la FOTO, il PROGETTO e la SCUOLA vincitori.

Invitiamo a coinvolgere nella votazione contatti e amici, perché un'ampia partecipazione possa dare più forza e significato alla scelta dei vincitori.