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Lidia Menapace: Contenuti!

Riflessione di Lidia Menapace sulla marcia della pace dell'11 settembre

Mi è sembrato che la marcia Perugia-Assisi quest'anno sia un po’ fiacca: ma forse dipende dal fatto che non potendo io prendervi parte per impegni familiari, me ne sono poco occupata. In verità ho colto attraverso messaggi vari un sentimento di dissenso e distacco, che si è un po’ inserito anche in me, quando ho visto comparire in televisione il messaggio di propaganda e letto le raccomandazioni indirizzate ai partecipanti, tra le quali spicca forte la norma che per essere presenti bisogna approvare la piattaforma eccetera. Fosse stato chiesto a D'Alema quando si presentò alla marcia dopo la Nato e il Kossovo, comunque meglio tardi che mai. Eppure una marcia tutta concentrata sulla lotta alla povertà (necessarissima, un vero scandalo mondiale) che esprime un simbolico straziante ma anonimo, nel quale tutto si vede, ma non una guerra, sembra un po’ reticente. Sembra strano pure che non si parli di guerra e terrorismo, di ritiro immediato delle truppe dall'Iraq, di Gaza. Il brutto sospetto che la povertà sia usata per distrarre dalla guerra, viene in mente a chi è persona maligna come sono io. Del resto non ho dimenticato che a proposito di D'Alema a un portavoce della Tavola della pace venne attribuita quella che rimase a lunghissimo la migliore battuta in circolazione: “Perché mai non avremmo dovuto invitarlo? siamo d'accordo su tutto, tranne che sulla guerra". Appunto. Altri segnali mi sono arrivati come la notizia della convocazione di altre manifestazioni. Alcune mi sembrano un po’ settarie dato che se la prendono con l'Onu dei popoli (iniziativa non nuova), quella dei giovani che parte ora, e forse può anche dare spazio a chi non si ritrova nelle adunate come a Colonia; naturalmente nessuno propone l'Onu delle donne, anzi non ci si domanda nemmeno come mai non si sia fatta la quinta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne sul pianeta (cadeva nel 2005). Altre molto giuste come quella di Grosseto contro l'allargamento di Camp Darby. Credo si debba affrontare la questione e non girarci in giro: la marcia quest'anno si trova a un crocicchio molto importante: terrorismo e guerra continuano, si fomentano e intrecciano, e debbono essere condannati parimenti essendo ambedue crimini contro l'umanità,. I pericoli di guerra continuano, le vicende della spedizione in Iraq sono sempre più oscure, lo storno dell'otto per mille a finanziare la stessa è davvero una sberla in faccia a tutti e tutte quelle che hanno lasciato allo stato l'otto per mille perché fosse usato a fini umanitari. Insomma, anche per il fatto che si sta formando con fatica e senza entusiasmo una possibile coalizione che riesca a cacciare Berlusconi e ad avviare un primo passo per uscire dal berlusconismo, sarebbe necessario il massimo di chiarezza e determinazione, identità e relazioni comprensive. Non mi sembra che ci siamo per ora e non è nemmeno detto che Berlusconi alla fine non lo facciano cadere i suoi, non ricomponendo la Dc, ma costruendo la Retinazione, proposta da Ruini, un aggiornamento dello storico patto Gentiloni, che sarebbe un vero sostegno al disegno neotemporalista che mi pare di vedere già nel nuovo pontificato. Di fronte a una proposta già bene articolata e studiata nei suoi passaggi, non penso ci si possa accontentare di pannicelli caldi o di piccole furberie. Sono stata coinvolta a Bolzano in una vicenda che mi pare molto importante e che potrebbe servire per la marcia di quest'anno. Alcuni missionari bolzanini, che stanno in Brasile da venti o trent'anni e hanno mantenuto relazioni con la nostra provincia, segnalano che là è stato avviato un referendum (si terrà il 23 ottobre prossimo) che chiede di vietare il commercio delle armi leggere. Le armi leggere, dette per uso sportivo o civile (!) sono fonte di tremenda violenza quotidiana, sorreggono una cultura della sopraffazione e della guerra, coinvolgono - come attori e vittime - e avvelenano soprattutto giovani e giovanissimi. Insomma bisogna fermarne il commercio e noi in Italia non possiamo davvero disinteressarci di tutto ciò, dato che l'Italia è il secondo produttore al mondo di armi leggere. Fermare o ridurre questo orrendo commercio servirebbe anche a mettere il centrosinistra a confronto con un modello economico che non sia - come ormai è il nostro - poggiato prevalentemente se non esclusivamente sulla progettazione fabbricazione e vendita di armi leggere (e anche di sistemi d'arma), una bella vergogna. Propongo perciò che si metta nella piattaforma della marcia l'appoggio più forte al referendum, che è stato proposto da un deputato che fu difensore dei diritti civili durante la dittatura militare, è appoggiato da tutte le forze politiche e sindacali di sinistra, ha avuto ufficialmente l'appoggio di tutte le chiese che invitano ad andare a votare e a votare sì all'abrogazione del commercio delle armi leggere. Per una volta che si può appoggiare una decisione giustissima e condivisa da molti e molte e fare un gesto molto importante, credo valga la pena di non tirarsi indietro.