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La morte del compagno Magri

Il Compagno Magri si è suicidato. Compagno Lucio sarai vendicato.
Non sembri irriguardosa tale affermazione, vuol essere infatti solo un omaggio ai tempi che la mia generazione ha vissuto.
Il suicidio assistito impone in effetti riflessioni generali.

La prima che esso rappresenta quasi un privilegio di ceto. Non tutti infatti possono permetterselo. Significa così anche in maniera evidente che non si è compagni allo stesso modo almeno per questo aspetto, ma forse anche per tutto il resto. Da tempo non credo più all’equiparazione attraverso gli ideali, le prospettive, i propositi e mantenendo l’ambizione di definirmi compagno lo faccio ormai più solo sulla distinzione del livello tabellare. Io sono compagno di quelli che guadagnano da 1000 a 1500 euro al mese, monoreddito e con famiglia a carico. Unico e certo dato di fatto che livella e da qualifiche. Tutto il resto sono discorsi. Capisco e temo che con tali posizioni ci sia il pericolo di una deriva qualunquista, ma da essa credo di potermi salvare con la riserva appunto ideale (o forse meglio culturale) che pur con orgoglio conservo.

Essere compagni significava un tempo, e credo ancor oggi, non fare casi particolari, ma dallo specifico trarne gli insegnamenti generali. Ecco allora il caso di Magri a me fa venire alla mente quante persone si suicidano in maniera diciamo volgare, gettandosi da un ponte, da un caseggiato, avvelenandosi in un sottoscala, tirandosi una fucilata. Poi vengono alla mente le derive personali, altri tipi di suicidio prolungato, di chi si droga, di chi beve, di chi si lascia andare…

Dietro a tutto questo dramma sociale sta in molti casi la depressione, che è nome scientifico e medico dato al concetto di alienazione, e che è male tipico della società occidentale industrializzata, per la quale si dice, ed il dato è davvero allarmante, che un cittadino su due (compagno o no che sia) abbia in tasca  degli ansiolitici.

Ecco allora la riflessione da compagno. C’è una crisi economico-finanziaria terribile, che scuote fin nelle fondamenta il sistema, approfittiamone! Cioè interroghiamoci su tali fondamenta, non ricostruiamoci su, non fidiamoci, mettiamole in discussione. La crisi può essere un’occasione. Non si pensi solo alla depressione economica, ma ad una depressione ben più profonda e radicale che solleva ben altri problemi sul senso della vita, e che purtroppo per molti (ancora una volta compagni e non) conduce addirittura alla morte.

Massimo Michelucci - Massa