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La mia vita non è stata particolarmente lunga, ho solo 37 anni, tuttavia sono già stata una figlia, una madre, una guida, una sopravvissuta di guerra e tre volte una rifugiata.
Come donna afgana, guardandomi indietro, posso dire che molto è cambiato per il mio paese, eppure, vedo anche che per le donne afgane più le cose cambiano più restano le stesse. Nuovi leader e nuovi governi vanno e vengono in Afghanistan, sventolando uno stendardo che di volta in volta taglia o espande i diritti delle donne.

Nel luglio 1989 nasce una bambina in un villaggio di Azad Jammu - Kashmir, regione pakistana. Crescendo, rivela di essere portata per gli studi e ottiene il diploma liceale senza difficoltà. Qui la sua storia avrebbe potuto cominciare a volare: cosa vuoi fare della tua vita, Aqila?, avrebbero dovuto chiederle. Ma non era il caso. Le tradizioni familiari sono più importanti, ed è tradizione per la sua famiglia arrangiare i matrimoni delle figlie. Così i parenti di Aqila si mettono in contatto con quelli del suo futuro marito, originari dello stesso villaggio ma ora residenti in Gran Bretagna e con cittadinanza britannica.

Kabul, Afghanistan. Le due ragazze afgane avevano tutte le ragioni di aspettarsi che la legge sarebbe stata dalla loro parte, quando un poliziotto ad un posto di blocco ha femato l'autobus su cui si trovavano. Travestite da ragazzi, le due fanciulle di 13 e 14 anni stavano scappando da due giorni lungo strade sconnesse e passi montani, per sfuggire ai loro illegali matrimoni forzati con due uomini molto piu' anziani, ed ora erano arrivate alla relativamente piu' liberale provincia di Herat.

Molte donne non pensano che le loro vite meritino di essere ricordate e onorate. Io vengo da una stirpe di donne che neppure conoscevano la loro forza e il loro valore, mentre tenevano insieme le loro famiglie disponendo di pochi centesimi al giorno. La mia nonna mi ha insegnato a fare un mucchio di cose usando ritagli di stoffa e oggetti consumati. Il mio poggiapiedi preferito lo ha fatto lei, con una vecchia fodera di divano e barattoli vuoti del caffè.

La maggior parte dei giovani nella mia comunità migrano negli Usa perché pensano che a Morelos non vi sia nulla, nè lavoro nè opportunità. In passato avevo avuto l'idea di farlo anch'io, nella speranza di guadagnare qualche soldo. La mia vita era dura, ottusa, insoddisfacente. Continuavo a pensare: "Chi verrà mai ad aiutarmi?". Poiché eravamo poveri, credevo che non ci saremmo mai mossi in avanti nella vita.

"Il burqa viene ingannevolmente spacciato per atto di fede o precetto religioso. Gli islamisti che insistono per la sua persistenza nella sfera pubblica hanno in mente un unico obiettivo, e cioe' esercitare controllo sulle vite delle donne e ridurre le loro possibilita' di dare contributi positivi e significativi alla societa' in cui vivono. Non credo sia una questione di 'scelta': la decisione di indossare il burqa in un contesto repressivo non e' una scelta. Una scelta e' vera solo se e' esercitata in presenza di alternative e se la donna ha davvero accesso a tali alternative.



Le donne sono al centro di tutti i progetti fondamentalisti. I corpi delle donne, la loro sessualità, i ruoli e le relazioni di genere sono i capisaldi del controllo sociale: una volta che lo si sia ottenuto in questi campi muoversi verso altri soggetti, gruppi, o istanze, è molto più facile.